I veri mostri non assomigliano a dei mostri. Profilo del pedofilo

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Teresa Colaiacovo - I veri mostri non assomigliano a dei mostri. Profilo del pedofilo

 ”I veri mostri non assomigliano a dei mostri**[1]**

“…Si era abituato al corpo di Fratello Luke, alla sua bocca, alle sue mani; non gli piacevano ma non sussultava più quando Luke cominciava a baciarlo, e quando il Fratello lo cingeva tra le braccia contraccambiava il gesto, obbediente.

Sapeva che nessun altro lo avrebbe trattato bene quanto Luke: anche quando faceva qualcosa di sbagliato il Fratello non gli urlava mai contro, e in tanti anni trascorsi insieme non lo aveva mai picchiato…”[2]

Spesso inorridiamo di fronte a storie di abusi sessuali infantili, familiari o extrafamiliari, proviamo repulsione e sdegno ma : “Chi è l’abusante che rende il bambino vittima e “colpevole” della vita che sta vivendo?”

Secondo Macdonald i perpetratori dell’abuso sessuale appartengono a due categorie principali:

  • Coloro che coinvolgono il bambino in attività sessuali mediante adescamento, raggiri, atteggiamenti seduttivi, etc.;
  • Coloro che si impongono con l’aggressione e la violenza.

I primi sono individui con un adeguato sviluppo psicosessuale, incapaci di entrare in relazione con partner di età appropriata, che trovano nel minore un partner meno competitivo, intellettivamente ed emotivamente, oppure sono individui che in condizioni stressanti o conflittuali, oppure sotto l’influsso di alcool o sostanze psicotrope presentano una regressione a livello di scelte sessuali.

Al secondo gruppo appartengono individui che associano comportamenti sessuali ad altri comportamenti antisociali, individui che al loro sadismo associano un bisogno convulsivo di piacere[3].

Il pedofilo viene descritto in letteratura come una persona che ha come oggetto preferenziale o esclusivo l’infanzia e come obiettivo la spinta al soddisfacimento di una “inclinazione erotica”, interessata in primo luogo all’età e poi al sesso del partner.[4]

Il DSM V (1996) utilizza questi criteri per definire la pedofilia:

  • Durante un periodo di almeno sei mesi, fantasie impulsi sessuali, comportamenti ricorrenti, e intensamente eccitanti sessualmente, comportano attività sessuali con uno o più bambini (generalmente di 13 anni o più piccoli);
  • Le fantasia, gli impulsi sessuali o i comportamenti causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa, o di altre importanti aree del funzionamento;
  • Il soggetto ha almeno 16 anni ed è almeno di 5 anni maggiore del bambino o dei bambini.

Dall’analisi della letteratura emerge come aspetto motivazionale primario alla base della condotta pedofila una scelta oggettuale narcisistica dell’autore di reato che vedrebbe il bambino come un’immagine a specchio di sé stesso.

Una delle spiegazioni della pedofilia è quella della ripetizione di atti subiti duranti l’infanzia, motivo per cui il bambino sottoposto ad abuso tenderebbe a riprodurre su altri bambini, una volta adulto, ciò che lui stesso ha subito.[5]

Secondo la lettura psicoanalitica il pedofilo opera scelte oggettuali di tipo narcisistico, poiché vedrebbe sé stesso nel bambino vittima e oggetto.

La fissazione per un’età precisa rappresenterebbe lo stato senza tempo in cui si trova la sua personalità, uno stato ancora indifferenziato che caratterizzerà il tipo di legame e di relazione oggettuale indifferenziati e idealizzati che egli tenderà a mettere in atto.

Nel pedofilo sembra evidente l’incapacità di sostenere una relazione amorosa adulta e la perversione sarebbe da intendersi come la forma erotica dell’odio.[6]

La paura di affrontare una donna adulta lo fa ripiegare verso un soggetto meno potente e quindi, meno ansiogeno, con il quale può evitare la penetrazione o, se l’affronta ciò avviene da una posizione di “forza”.[7]

In opere più recenti di impostazione psicoanalitica sulla pedofilia si distingue tra quello che definisce comportamento o fantasia pedofiliaca di natura occasionale ed il vero pervertito pedofilo ossessivo, che deve avere un’attività sessuale con un bambino per non soffrire di una “intollerabile ed angosciosa ansia”.

Il pedofilo occasionale, secondo alcuni studiosi è certamente la tipologia più diffusa, mentre è relativamente più raro il pervertito ossessivo.

 In tale ottica, quindi, si possono quindi distinguere due tipi di pedofili, secondo lo stadio di sviluppo cui si sono fissati i conflitti psicologici profondi.

Le basi su cui fonda questa teoria, sono comunque esclusivamente derivate da osservazioni cliniche e in ogni caso spiegano molto poco del perché viene scelta da alcuni individui la pedofilia come meccanismo di difesa piuttosto che qualsiasi altro possibile meccanismo difensivo.

Socarides afferma in tal senso che “il meccanismo più importante nella pedofilia omosessuale è l’incorporazione del bambino maschio al fine di rinforzare il senso di mascolinità, sconfiggere l’ansia della morte, rimanere giovani per sempre e poter ritornare al seno materno.”[8]**Secondo il modello psicoanalitico, il parafilico è quindi una persona che non è riuscita a completare il normale processo di sviluppo verso l’adattamento eterosessuale, “fissazione o regressione a forme di sessualità infantile che persistono nella vita adulta” [9].

In letteratura emerge come la pedofilia non sia caratterizzata da una componente di violenza, e per questa ragione, sia difficile individuare l’ostilità nell’atto sessuale in quanto tale; l’oggetto sessuale viene deumanizzato, diventando attraente ed eccitante non per quello che è, ma per ciò che rappresenta, cioè un oggetto su cui prendersi la rivincita rispetto al trauma subito nell’infanzia.[10]

In conclusione, le caratteristiche del vissuto del pedofilo spiegano i motivi per cui i comportamenti predominanti messi in atto appartengono ad una seduzione di tipo ludico, e non aggressivo, di fronte ai quali il bambino, almeno inizialmente, tende a cooperare, sia per naturale curiosità, sia per non disobbedire.[11]

La situazione affettiva sperimentata dal bambino potrà apparire inizialmente rassicurante, ma nel contempo avrà degli effetti destrutturanti per la sua personalità

Il pedofilo a modo suo “ama” il bambino, che ricerca abitualmente, e con il quale stabilisce un rapporto intenso, di tipo paterno, a discapito del percorso di sviluppo del minore a cui è legato.[12]

Le parole del libro ad inizio paragrafo sembrano mostrare proprio il legame che si instaura tra vittima e carnefice: il bambino ha bisogno di credere “nell’amore” dell’adulto e l’adulto ha bisogno di essere creduto dal bambino per vedersi ai suoi occhi “sano”. 

“…dopo gli abusi Fratello Luke gli disse che voleva rivelargli un segreto, qualcosa che lo avrebbe aiutato a trovare sollievo dalle sue frustrazioni, e il giorno dopo gli insegnò a tagliarsi dandogli una busta piena di rasoi, alcool, ovatta e cerotti…stava migrando da se stesso, per tornare ad una forma di purezza, e al tempo stesso si stava punendo per ciò che aveva fatto. Subito dopo si sentì pieno di energia, come se avesse corso per chilometri e poi avesse vomitato, e riuscì a tornare in camera…Quando lo faceva era come se riuscisse a svuotarsi del veleno, della rabbia e della sporcizia che aveva accumulato…Fratello Luke aveva ragione: tagliarsi era meglio…” [13]

Le ferite del corpo prendono varie forme nel minore, così come prendono varie forme le ferite dell’anima.

È risaputo che il tempo insieme alla cura cicatrizza le ferite, ma qual è il vero destino del ricordo della ferita? Qual è il vero destino di un’anima coperta da cicatrici?


[1] Margolin, P. (1998), Non dimenticare mai, Sperling e Kupfer.

[2] Yanagihara, H (2016), Una vita come tante, Sellerio Editore, p. 629.

[3] Mazzoni, G. (2000), La testimonianza nei casi di abuso sessuale su minori, Milano: Giuffrè, 92;

[4] Green a. (1994), “La violenza sessuale infantile: conseguenze immediate e a lungo termine e loro trattamento”. In Terapia familiare. N. 46 :

[5] Green a. (1994), “La violenza sessuale infantile: conseguenze immediate e a lungo termine e loro trattamento”. In Terapia familiare. N. 46 :

 

[6] Stoller R.J. (1978), Perversione, Feltrinelli, Milano;

[7] AA. VV., L'abuso sessuale sui minori, (a cura di Roccia C. e Foti), Ed. Unicopli, Milano, 1994.

 

[8] Socarides C.W. The Overt Homosexual, 1968

[9]Fenichel O.: Psychoanalysis as the Nucleus of a Future Dialectical-Materialistic Psychology (1934). In: American Imago, Vol. 24. (1967), pp. 290–311

[10] Bandura A. (1986), Social Foundation of Thought and Action: A Social Cognition Theory, Englewood Cliffs, Prentice Hall, New York;

[11] Ferracuti F. (1988). Trattato di criminologia, medicina criminologica e psichiatria forense. Vol. 8. Milano. Giuffrè:

[12] Callieri B.- Frighi L. (1999), La problematica delle condotte pedofile, EUR, Roma;

[13] Yanagihara H. (2018), Una vita come tante, SELLERIO EDITORE, p. 628.

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