Una coppia-non coppia. il bias dei costi sommersi

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Teresa Colaiacovo - Una coppia-non coppia. il bias dei costi sommersi

“…Il vostro tempo è limitato, perciò non sprecatelo vivendo la vita di qualcun’altro. Non rimanete intrappolati nei dogmi, che vi porteranno a vivere secondo il pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui zittisca la vostra voce interiore. E, ancora più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione: loro vi guideranno in qualche modo nel conoscere cosa veramente vorrete diventare. Tutto il resto è secondario…”**[1]**

Luana ed Enrico (rispettivamente 43 e 53 anni) convivono da 5 anni ed iniziano un percorso con me, su incoraggiamento di Luana, perché (riporto in corsivo le parole di lei): “Enrico con me non fa l’uomo, non mi sento desiderata…”

Ricostruisco con loro il rapporto, si sono incontrati dopo la pandemia ed hanno iniziato quasi subito a convivere, hanno preso casa insieme, entrambi con matrimoni finiti alle spalle e con figli rispettivi dalla precedenti nozze, quindi la convivenza è iniziata anche con la presenza della figlia di Luana di 13 anni.

Domando ad Enrico cosa pensa lui dell’affermazione della compagna e lui annoiato mi risponde: “ma non c’è niente che non vada, io ho altri pensieri e con lei si comunica solo come dice lei…”

Luana interviene irruenta e mi dice: “certo, sono io il problema… non è lui che ha provato a lasciarmi più di una volta, ma poi non l’ha fatto perché c’erano difficoltà economiche e probabilmente gli servivo per pagare l’affitto, ma credo che durante l’ultimo tentativo c’era qualcuna…”

Provo a chiedere ad Enrico di parlarmi dei tentativi di allontanamento e mi dice: “ma sa, mi sentivo spento, soffocato dalla noia e poi niente.. alla fine non me la sono sentito…”

Interviene Luana: “certo non se la sentirà mai anche per i soldi e per mia figlia, ma a me va bene… Enrico almeno qui ammetti dell’altra e dimmi di lei..”

Enrico sospira e dice arrabbiato: ” solo perché fare sesso con te è un po’ come timbrare il cartellino non vuol dire che faccio sesso con un’altra..”

Inizia tra loro un battibecco in cui Luana gli rinfaccia di essere impotente ed Enrico subisce in silenzio.

Osservo la coppia litigare, guardo i loro corpi muoversi, sento le parole di Luana e i sospiri di Enrico.. decido di non intervenire perché anche l’espressione del conflitto mi fa capire qualcosa in più della relazione tra i due…ad un certo punto, dopo innumerevoli accuse da parte di Luana, Enrico dice: “l’altra era bellissima, intellettualmente brillante ed anche sensuale, ma visto che io non ho potuto lasciarti, è scappata e non ho capito il perché..forse perché meritava altro e io non posso dargli molto..”

Queste parole aprono un nuovo scenario che vede Luana piangere.

Enrico dice:prima aggredisce ed ora fa la vittima per farmi sentire in colpa…”

Noto come dalla sessualità siamo passati ad un registro relazionale diverso, ma profondo.

La sessualità umana appartiene costitutivamente al mondo della comunicazione. Essa possiede infatti un essenziale carattere linguistico, in quanto è all’origine di ogni forma di relazione umana. L’essere-uomo e l’essere-donna sono due modi di essere-al-mondo, che tendono, di loro natura, alla reciprocità. L’umano è, fin dall’inizio, costituito da una unità, che si incarna in una differenza, la quale ha come obiettivo la realizzazione della comunione interumana. Dire che la sessualità è linguaggio significa dunque cogliere lo spessore ontologico che la connota e il dinamismo secondo il quale essa deve svilupparsi.

Nella coppia in questione, la comunicazione verbale e non verbale, faceva da specchio ad una dinamica relazionale in cui i dubbi di lui e le accuse di lei erano il perno di una coppia che non riusciva a sciogliersi né a rimanere coppia.

Tra le lacrime di Luana e i sospiri di Enrico decido di intervenire: “credo che questo per voi sia un momento molto intimo, in cui le parole di Enrico possono essere lette come un’apertura verso una fase probabilmente diversa…”

Luana mi dice:” io lo sapevo, ma non ci possiamo lasciare per i soldi e per mia figlia, possiamo andare avanti e cerco di perdonarlo…ma lui dovrebbe fare l’uomo anche con me…”

Enrico dice: “non lo so, non capisco ciò che voglio e quella ragazza non c’è nemmeno più… a questo punto tanto vale ri-provarci, insomma sono già vari anni…”

Le parole di Enrico mi fanno venire in mente un concetto economico che vale per tanti aspetti della vita: il bias dei costi sommersi.

La Sunk Cost Fallacy – o fallacia dei costi sommersi – si verifica quando ci si ostina a continuare una certa attività, anche quando ormai è chiaro che questa non è più proficua, perché si sono già investite molte risorse.Risorse intese come tempo, energia o denaro.Insomma tendiamo a pensare di non poterci fermare, altrimenti quanto investito fino a quel momento andrà perso.E al tempo stesso non siamo disposti ad accettare che quanto abbiamo già investito in realtà ormai è già andato, e pertanto è irrecuperabile.[2]

Spesso in una dinamica relazionale si utilizzano frasi: abbiamo fatto 30, facciamo 31., per paura di lasciar andare e sperimentarsi in altro, per paura di ammettere un “fallimento”: si rimane nel dolore, per paura del dolore.

Chiedo ad entrambi: “se non ci fosse il problema dei soldi cosa fareste…”

Luana mi dice: ” troverei un uomo che mi desidera”

Enrico: “non avrei fatto casino con quella ragazza e forse se lei mi volesse starei con lei…

Luana si gira velocemente verso Enrico e gli da uno schiaffo mentre piange a dirotto..”

Io vengo colta da un sentimento di impotenza, propongo ai due di fare qualche colloquio individuale, prima di un nuovo colloquio di coppia…

Enrico mi dice: “è meglio!!!”

Li saluto con una frase: “…È vero che non sei responsabile di quello che sei, ma sei responsabile di quello che fai di ciò che sei…”**[3]**


[1] Steve Jobs, Discorso all’Università di Stanford, 12 giugno 2005

[2] L’esempio indubbiamente più potente ed emblematico è l’esperimento sulle scarpe. Immagina un paio di scarpe del valore di 200 euro, che però provoca un dolore insopportabile in quanto troppo stretto. Che fai: decidi di tenerlo o di liberartene?Ebbene, è stato fatto un esperimento, e il risultato ha dimostrato che gli individui che hanno ricevuto le scarpe in dono se ne liberavano senza indugio, mentre quelli che le avevano pagate erano molto più restii a sbarazzarsene. Come vedi anche in questo caso si tratta di una scelta paradossale, che ha poco di logico. Infatti che importa se hai pagato o meno per le scarpe, se tanto non le indossi comunque? Tanto vale sbarazzarsene, o almeno regalarle a qualcuno.Solo che la verità è che, se le hai pagate, ti ruga un bel po’.In ambito finanziario, la fallacia dei costi sommersi può impedirci di ammettere di aver commesso un errore. Questo significa aggrapparci ad un determinato prodotto finanziario, anziché vendere per limitare le perdite.In realtà, sebbene sia un bias di cui si parla tipicamente in ambito finanziario, tocca anche molti altri aspetti della nostra vita.Ad esempio: vale anche per chi, pur essendo palesemente insoddisfatto del proprio lavoro, non riesce a lasciarlo.Vale quando si continua a mantenere aperta un’attività in perdita.Si verifica anche quando non si riesce a chiudere una relazione, nonostante le cose non funzionino, perché ci si aggrappa all’idea della fatica fatta e alle risorse investite per costruire quel rapporto.In questi casi, la fallacia dei costi sommersi diventa una vera e propria gabbia, che solo noi possiamo decidere di aprire.Come?Accettando che ciò che è stato speso – che si tratti di tempo, di energie o di denaro – ormai è andato, e non è più recuperabile. E che sarebbe opportuno guardare avanti, piuttosto che indietro.

 

[3] SARTRE J.P.

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