L'angoscia è ciò che non mente: il trauma dell'abuso sessuale (part.1)

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Teresa Colaiacovo - L'angoscia è ciò che non mente: il trauma dell'abuso sessuale (part.1)

Ricordi fisici che continuano a vibrare in qualche parte del corpo, il ricordo resta conficcato nel corpo ed è solo lì che è possibile risvegliarlo..”.**[1]**

Flavia (nome di fantasia) chiede un supporto psicologico-sessuologico perché da quando è stata vittima di abusi sessuali (11-12 anni) i suoi rapporti con l’Altro sono sempre stati disfunzionali e poco sereni.

Oggi ha 18 anni, quasi 19 e mi dice: “sono grande a sufficienza per capirmi..”

Mi parla della sua difficoltà ad esprimere il senso di vergogna provato da bambina e che ancora oggi sente.

Mi dice: “Dottoressa il sesso non mi piace perché gli uomini non mi piacciono…”

Le chiedo cosa non le piace della sessualità e cosa non le piace degli uomini, mi risponde: “quando faccio sesso provo dolore e gli uomini con cui ho avuto storie non lo capiscono…”

Le chiedo se ha fatto dei controlli e di mostrarmi gli accertamenti ginecologi del caso, tutto è nella norma, Flavia organicamente è sana.

Le chiedo di parlarmi delle sue storie e mi dice: “partono bene e finiscono peggio…”

Sorrido e le chiedo di essere più specifica; mi dice che di solito frequenta uomini interessanti o che appaiono tali e poi inizia a fare sesso e da lì si sente usata ed inizia a chiudersi e tutto va a rotoli.

Nei casi in cui il bambino subisca un abuso può arrivare a sottomettersi ai desideri dell’adulto identificandoli come suoi desideri, quindi, introiettandoli assieme al comportamento abusante dell’altro ed agendoli.

In questo modo l’evento traumatico sembra scomparire come realtà esterna e da extrapsichico diviene intrapsichico e inconscio, quindi sottoposto al processo primario.

Nell’indagare le esperienze traumatiche del bambino sia nell’ambito intrafamiliare che extrafamiliare è importante considerare le caratteristiche ed il temperamento del bambino come fattore di interazione e di rischio della vulnerabilità psicologica/psichiatrica.

Nell’impatto dell’abuso/maltrattamento nel bambino è importante, quindi, considerare le primissime esperienze interattive con il caregiver principale, per determinare il trauma iniziale e di conseguenze definire le modalità con cui il soggetto risponderà agli stimoli stressanti, quali stili di coping adotterà, come affronterà gli eventi traumatici successivi.

Qualora il caregiver non riesca a sintonizzarsi sugli stati psicofisici del bambino, a rispondere, quindi, in modo sincronico e fallendo nel regolarli, il bambino non potrà acquisire la funzione di autoregolazione.[2]

In questo quadro si inserisce la teoria dell’attaccamento in quanto può contribuire ad argomentare l’interazione tra la relazione bambino-caregiver, le esperienze di abuso maltrattamento e la vulnerabilità alla psicopatologia.[3]

Chiedo a Flavia se ha mai raccontato a qualcuno dell’abuso sessuale, mi risponde con un no secco.

Le chiedo come la fa sentire parlarne con me e mi dice: “sento vergogna e paura…”, le chiedo in quali parti del corpo sente queste sensazioni e mi dice: “sulle labbra, sulle mani e nei capelli…”

Le chiedo cosa rappresentano per lei queste parti del suo corpo e mi dice: “…dottoressa io odio queste parti, i capelli sono crespi, le mie unghia sono mangiate e la bocca mi trema quando sono in ansia…”

Le racconto delle mie unghia mangiate fino al covid, delle mie labbra che iniziavano a tremare prima di fare i vaccini… le racconto questo spaccato della mia vita per spiegarle come spesso la paura colpisca delle parti del nostro corpo che, in qualche modo e per qualche motivo, rappresentano la nostra fragilità… le chiedo, inoltre, cosa la bambina Flavia pensava di queste sue parti del corpo.

Flavia inizia a piangere e mi dice: “quell’animale mi tratteneva per i capelli, mi infilava la lingua in bocca e mi costringeva a masturbarlo…”

Le chiedo di descrivermi quell’animale e mi dice: “un lupo dagli occhi verdi enormi, pieno di peli e puzzava di vino e fumo ed anche di pipì..”

L’abuso sessuale, espressione di un atto di violenza e di prevaricazione psicologica, agisce come un fattore di sovvertimento nel processo di strutturazione dell’equilibrio psicoaffettivo dell’individuo.

Molti studi empirici sulla memoria del bambino vittima di maltrattamento sono basati su una metodologia retrospettiva al fine di indagare la memoria dell’esperienza traumatica nell’adulto.

In una ricerca del 1994 sono state intervistate 129 donne con una storia di abuso sessuale durante l’infanzia, il 38% non era in grado di riportare l’evento, il 12% riportava nessun abuso subito nell’infanzia.[4]

Vista l’eterogeneità degli studi è importante considerare che i risultati stessi possono dipendere anche dal modello della memoria al quale si riferiscono.

Nella ricerca precedente, per esempio, è stato riscontrato che i soggetti con relazioni di maggiore vicinanza con l’abusante erano più facilmente propensi a dimenticare l’esperienza di abuso.

Un altro studio, a tal proposito, ha riportato come la mancanza di supporto materno nei confronti della rivelazione dell’abuso e ridotte discussioni sull’evento siano predittive di un’alta percentuale di dimenticanza.[5]

Flavia sembra avere dei ricordi vividi degli episodi di violenza sessuale pregressa, elemento che mi fa pensare a come lei sia riusciti in qualche modo ad integrarli da sola.

Vedendola provata, le chiedo di raccontarmi qualcosa di divertente che accomuna le sue storie sentimentali da adulta.

Mi dice: “ ad un certo punto, dopo un mese o due, inizio a non sopportarli, non mi lubrifico più a livello vaginale, fingo l’orgasmo dopo un minuto dalla penetrazione, perché mi faccio male e loro sono gasatissimi e vorrebbero continuare… io, invece, mi invento un impegno, mi alzo di corsa dal letto e li lascio così… mi diverte vederli basiti..”

Inizia a ridere di gusto, il suo atteggiamento evitante e distanziante, probabilmente è una rivincita verso chi l’ha usata senza chiederle il permesso.

Le chiedo: “ cosa direbbe la Flavia bambina della Flavia adulta, quella di oggi?”

Ci pensa e mi dice: “ direbbe che alla fine non sono stata tanto male e che ora devi iniziare a godere anche con il corpo… poi mi direbbe che essere andata da una strizzacervelli con le unghia lunghe, nonostante le ha sempre mangiate, può essere un buon esempio, quindi ritornerò..”

Le dico che al prossimo incontro le porterò i miei smalti e magari sceglierà lei il colore che vuole metta e me lo metterà lei, mentre mi racconta un po’ di sé e della sua famiglia.

Mi dice: “va bene tutto, ma non so mettere lo smalto..”

Le dico che probabilmente sarà un percorso lungo e che alla fine avrà imparato a mettermi lo smalto.

Ridiamo insieme e prima di uscire le lascio un bigliettino con una poesia che mi sembra adatta a lei:“Mia cara, nel bel mezzo dell’odio ho scoperto che vi era in me un invincibile amore.Nel bel mezzo delle lacrime ho scoperto che vi era in me un invincibile sorriso.Nel bel mezzo del caos ho scoperto che vi era in me un’invincibile tranquillità.Ho compreso, infine, che nel bel mezzo dell’inverno vi era in me un’invincibile estate.E che ciò mi rende felice.Perché afferma che non importa quanto duramente il mondo vada contro di me, in me c’è qualcosa di più forte, qualcosa di migliore che mi spinge subito indietro**.[6]**


[1] Ferenczi S. (1920-1932), Note e frammenti, in "Opere", Cortina, Milano, 2002, vol. 4, pag. 264

[2] Tronick, E.Z., e Weinberg, M.K. (1997). Trad. it. Le madri depresse e i loro bambini: l’insuccesso nella formazione di stati di coscienza diadici. In Depressione post-partum e sviluppo del bambino, a cura di Murray, L., Cooper, P.J., pp. 155-184. Roma, CIC.

[3]  Bowlby, J. (1973). Attachment and loss, Vol. 2: Separation. New York: Basic Books.

[4] Williams, J.M.G. (1988). General and specific autobiographical memory and emotional disturbance. In M.M. Gruneberg, P. E. Morris, & R. W. Sykes (Eds.), Practical aspects of memory: Current research and issues (pp. 295-300). Chichester, England: Wiley.

[5] Goodman, G.S., Ogle, C.M., Block, S.D., Harris, L.S., Larson, R.P., Augusti, E., Cho, Y., Beber. J,, Timmer, S., e Urquiza A. (2011). False memory for trauma-related DRM lists in maltreated adolescents and adults. Development and Psychopathology, 23:423–438.

 

[6] Camus. A., Invincibile Estate

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