IL CASO RIGNANO: perchè c'è una distorsione dei ricordi?

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Teresa Colaiacovo - IL CASO RIGNANO: perchè c'è una distorsione dei ricordi?

“ …E ad un tratto il ricordo m’è apparso. Quel sapore era quello del pezzetto di << maddalena>> che la domenica mattina a Combray, la zia Léonie mi offriva. La vista della focaccia, prima d’assaggiarla, non m’aveva ricordato niente. Ma quando niente sussiste d’un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l’odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, portando senza vacillare, l’immenso edificio del ricordo…”**[1]**

Durante l’estate del 2006 i genitori di alcuni bambini della scuola materna di Rignano Flaminio si recarono dai carabinieri per raccontare una storia di abusi che i loro figli avrebbero subito dentro e fuori l’istituto scolastico.

 A quelle denunce se ne aggiunsero in massa anche altre, riguardanti in tutto 21 bambini.

In seguito alla denuncia, qualche mese dopo vennero arrestati le tre maestre dell’asilo, il marito di una di loro, una bidella e un benzinaio (la cui posizione è stata archiviata nel corso delle indagini).

L’accusa per tutti è stata quella di associazione a delinquere, atti osceni in luogo pubblico, maltrattamenti in famiglia, sottrazione di minore, sequestro di persona e violenza sessuale.

Dopo due anni all’incirca di processo la Corte di Cassazione precisa che gli abusi sui bambini non sarebbero avvenuti dentro la scuola d’infanzia, in quanto l’accusa è imprecisa e “priva di fondamento nel suo contenuto”.

Il Presidente della Corte di Cassazione rileva che “se vi sono state violenze sessuali (ipotesi non scartata dal Tribunale), esse sono state perpetrate con modalità differenti da quelle riferite nelle denunce”. Nulla - conclude il primo presidente della Suprema Corte - si può desumere pertanto dalla stessa sentenza in ordine al luogo ove le denunziate violenze potrebbero essere avvenute”.[2]

Senza voler entrare nel merito del processo, ciò che è interessante sottolineare è l’importanza della sentenza della Corte di Cassazione in quanto apre lo scenario giuridico ad indagini più approfondite sui ricordi rievocati.

Secondo Morton i fattori che influenzano il grado di riproduzione o di ricostruzione dei ricordi includono, ad esempio, il significato personale dell’evento, il contenuto emotivo e la consequenzialità dell’evento, le stesse ragioni per cui la persona sta ricordando l’evento e soprattutto con chi avviene il processo di rievocazione.[3]

In questo specifico ambito, vista la forte connotazione emotiva dei ricordi, bisognerebbe prestare attenzione alle distorsioni, alle alterazioni o alle soppressioni, che in maniera inconsapevole, potrebbero avvenire in quanto la natura del ricordo stesso assume anche le colorazioni del contesto in cui il ricordo viene narrato.

Un altro punto da sottolineare è la relazione tra età anagrafica dei bambini e la loro capacità di ricordare.

In merito c’è una importante ricerca americana fatta da Ceci negli anni ‘90 che conferma proprio quanto il ricordo dei nostri primi anni di vita sia fallace, la ricerca in questione riguarda il ricordo di bambini tra i 3 e i 5 anni.

Questi ultimi furono sottoposti a visita pediatrica e nei mesi successivi vennero ripetutamente interrogati su quello che era successo.

Gradualmente i bambini introdussero inconsapevolmente interpretazioni delle visite che non corrispondevano ai reali fatti.[4]

Freud stesso nel secolo scorso parlava di amnesia infantile dovuta al fatto che il cervello in questa fase è ancora immaturo, soprattutto l’emisfero cerebrale sinistro deputato maggiormente alla memoria autobiografica.

La ricerca dimostra, quindi, che i bambini interrogati ripetutamente cercavano di rispondere in modo da soddisfare le aspettative degli adulti.

Un altro punto che mette in luce l’ipotetica suggestionabilità dei bambini nel caso Rignano è il fatto che l’accusa si rivolge a donne, le donne pedofile sono una rarità ed inoltre agiscono in particolar modo in ambiente familiare e quasi sempre mostrano alti livelli di disturbo mentale.

L’ esperimento di Jim e Chris, del paragrafo precedente, dimostra che nel ricordare un evento accaduto si può avere una distorsione semplicemente suggerendo all’individuo una disinformazione; tale disinformazione può invadere i nostri ricordi quando parliamo con altri, quando veniamo interrogati in modo suggestivo, ad esempio dalla polizia, quando leggiamo giornali o guardiamo fotografie.

Il prof. Gulotta nel commentare la sentenza della Corte di Cassazione (sentenza n.121/2007), sentenza che rappresenta uno spartiacque in materia di abuso sessuale, in quanto inaugura un processo di scientifizzazione relativo * * alla valutazione della testimonianza infantile nei casi di sospetto abuso sessuale su minore, orientamento confermato, poi, da altre sentenze successive della Corte di Cassazione, come la sentenza della Corte nel caso della scuola materna di Rignano, definisce in termini puntuali la sindrome da falsa memoria:

“ Il circolo vizioso del fraintendimento viene infine suggellato dall’instillarsi nella mente del minore una falsa memoria autobiografica rispetto a quanto accaduto, per cui il bambino inizia a ritenere vero un fatto in realtà mai accaduto. I più importanti studiosi della memoria, tra cui l’italiana Giuliana Mazzoni, insegnano che gli adulti “raccontano ricordando”, mentre i bambini “ricordano raccontando”. Questo significa che il minore attraverso il racconto che è sollecitato a fornire, vero o falso che sia, costruisce nella sua memoria il suo corrispettivo ricordo: se il racconto che fa è falso, perché frutto di un adeguamento alle errate aspettative dell’interlocutore, egli costruirà nella sua mente un corrispondente falso ricordo autobiografico, rendendo di fatto impossibile stabilire a posteriori cosa realmente è accaduto. Giuliana Mazzoni e Elisabeth Loftus, le due più importanti studiose al mondo di memoria, hanno dimostrato che è possibile instillare false memorie autobiografiche anche relative a episodi traumatici in realtà mai accaduti, come ad esempio l’aver subito un attacco fisico da parte di un animale. Hanno altresì dimostrato che è pressoché impossibile distinguere tra un vero e un falso ricordo sulla base del ricordo in sé (ad esempio attraverso l’esame della quantità o della tipologia di dettagli) o delle emozioni ad esso associate. Anche una falsa memoria autobiografica può infatti suscitare nel soggetto emozioni coerenti (perché queste – paradossalmente – sono di fatto genuine) con il ricordo in sé”. [5]

In conclusione, possiamo definire il ricordo e i falsi ricordi come una “ricostruzione immaginativa”, ma a prescindere dalla veridicità o meno degli stessi, convivere con il ricordo di eventi cosi dolorosi può rappresentare un reale trauma.

L’etimologia della parola trauma rimanda al greco e significa ferita, nei successivi capitoli verrà disaminato il ruolo della psicologia nei confronti del trauma, quale l’abuso sessuale nel minore, ruolo che va oltre il “curare” la ferita, ma che concerne il riportare alla luce l’esperienza del bambino fuori e dentro il tribunale.

“C’è una crepa in ogni cosa ed è da lì che entra la luce”[6], il lavoro dello psicologo sembra essere assimilabile alla luce che entra proprio in quella crepa/ferita.


[1] PROUST M., (2013). Dalla parte di Swann- Alla ricerca del tempo perduto.

[2] Caso Rignano, la Cassazione precisa"La sentenza non parla di abusi fuori scuola". (2007), La Repubblica.

 

[3]  AMMANITI, M. (2007), I ricordi dei bambini e il caso di Rignano, La Repubblica, Roma

[4] AMMANITI, M. (2007), I ricordi dei bambini e il caso di Rignano, La Repubblica, Roma

[5] GULOTTA G., (2007), Commento, in Maltrattamento e abuso all’infanzia, Franco Angeli Editore, n.3.

[6] COHEN L., (1992), Anthem

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