Le conseguenze dell'abuso sessuale infantile: che donna sarò? che uomo diventerò? leggere oltre i dati

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Teresa Colaiacovo - Le conseguenze dell'abuso sessuale infantile: che donna sarò? che uomo diventerò? leggere oltre i dati

L’abuso sessuale nel minore: un’inguaribile ferita?

    “…il trauma è una realtà della vita, ma non per questo deve essere una condanna a vita…”**[1]**

In questa frase, come sottolinea l’autore sembra essere racchiuso il nodo della questione che concerne l’abuso sessuale minorile.

Quanto il ricordo dell’esperienza traumatica “condanna” il vivere quotidiano del soggetto?

La validità della ricerca nel campo dell’abuso sessuale infantile rievocato dall’adulto si scontra con le incertezze della memoria di rievocazione, frequenti nel richiamare ricordi connotati da un forte impatto emotivo.

La rievocazione può essere disturbata dall’oblio, dalla repressione o rimozione di ricordi dolorosi ed alcune circostanze possono favorire lo sviluppo di ricordi falsi o errati.[2]

Secondo la teoria sul processo mentale l’informazione codificata in un certo stato mentale viene recuperata più facilmente in un momento successivo nel quale ci si trova nello stesso stato: chi sperimenta un trauma dissocia in stati separati della mente il ricordo traumatico che potrà essere recuperato in forma di flashback, in situazioni che richiamano lo stato psichico primario[3], o in presenza di stimoli analoghi all’abuso.[4]

La dissociazione, quindi, predispone allo sviluppo di false memorie e questo fa si che l’attendibilità dei ricordi sia difficile da valutare.

L’abuso sessuale infantile può portare a severe conseguenze fisiche e psicologiche (comportamentali, relazionali e relative alla sfera sessuale) a breve ed a lungo termine.[5]

La violenza rappresenta, inoltre, un importante fattore di rischio per lo sviluppo in età adolescenziale-adulta di patologie psichiatriche e, spesso in conseguenza di tali patologie, per l’adozione di stili di vita a rischio (prostituzione, promiscuità sessuale e abuso di sostanze)[6]

Un dato interessante che emerge, confrontando le ricerche, è che tra gli autori di violenze sessuali sui minori, rispetto ad autori di altre tipologie di violenze, ci sia il maggior numero di soggetti vittime, a loro volta, di abusi sessuali in età infantile.[7]

Gli adulti che hanno subito violenze durante l’infanzia sembrano avere un rischio maggiore di disturbi mentali, rispetto a coloro che non hanno subito abusi.[8]

L’abuso sessuale infantile, inoltre, si presenta nel 50% circa dei casi come un epifenomeno molto frequente di un contesto familiare violento di per sé, in cui le madri sono spesso state a loro volta abusate, in cui l’abusante può essere un familiare o meno, in cui varie forme di abuso sono interconnesse e strettamente legate fra loro, come la violenza infraconiugale, l’abuso psicologico reciproco, la violenza psicologica, l’abuso fisico in termini di percosse e maltrattamenti anche gravissimi.[9]

Disturbi della condotta, deriva sociale, disturbi dell’identità e dell’orientamento sessuale, condotte additive e patologie psichiatriche (dai disturbi del comportamento alimentare ai disturbi d’ansia) sono frequentemente in relazione con pregressi abusi sessuali durante l’infanzia.

L’abuso sessuale rappresenta quindi un evento esistenziale responsabile dell’induzione di un’alterazione dell’equilibrio psicoaffettivo, che acquista svariate forme di espressione clinica indipendenti dalla struttura mentale del soggetto implicato.

Le sequele psicopatologiche conseguenti a tale forma di maltrattamento infantile presentano una collocazione temporale nel breve e nel lungo termine, ma risultano caratterizzate dalla capacità di produrre degli effetti sulle generazioni successive, integrandosi nell’ambito di un modello transgenerazionale.

Collocandosi in una dimensione individuale e personologica della condotta abusiva, si evidenzia l’esistenza di stretti legami tra aggressività auto o eterodiretta ed ostilità percepita in coloro che sono stati maltrattati durante l’infanzia.[10]

Le manifestazioni psichiatriche/psicologiche che presentano una certa associazione con le violenze sessuali infantili sono:

  • Disturbi borderlaine di personalità: l’abuso sessuale infantile è uno dei primi fattori di rischio riconosciuti insieme all’identificazione di legami affettivi eccessivamente coinvolgenti e “invischiati” con la figura materna[11].

Sembrerebbero esserci quattro fattori particolarmente significativi per la predizione di un disturbo di personalità in soggetti che hanno subìto abusi sessuali infantili: il genere femminile, l’abuso sessuale subìto da uno sconosciuto, il diniego emotivo da parte del padre e una comprensione insufficiente da parte della madre.[12]

Il disturbo di personalità borderline è, negli orientamenti attuali, concordemente ritenuto un problema grave della struttura del carattere che trae le sue origini da una distorsione profonda e precoce nelle dinamiche di attaccamento che si sviluppano tra il bambino e l’ambiente di accudimento; sembrerebbe confermato che alti indici di suscettibilità interpersonale, ostilità, spunti paranoici, disturbi della relazione d’oggetto, uso di difese primitive siano presenti nei soggetti che hanno subìto abusi, siano essi pazienti con disturbo di personalità borderline che non.[13]

  • Stati dissociativi e disturbo dissociativo dell’identità correlato all’anagrafica della vittima in quanto le ricerche sembrano dimostrare che minore è l’età maggiori sono le possibilità di incorrere in questi esiti. Dalle ricerche emerge che il bambino vittima, non arrivando a comprendere l’entità e la valenza di quanto ha subito, non ha difese per proteggersi cosi l’inconscio nel tentativo di sopravvivere al trauma di scinde, relegando, l’orrore non integrabile nell’io ad un altro da Sé;
  • Sintomatologia depressiva e scarsa autostima: i soggetti vittima di abusi in età infantile manifestano una maggiore insoddisfazione nei riguardi del proprio funzionamento globale, ritenuto inferiore alle proprie potenzialità. Alcuni autori hanno sottolineato come l’esordio del disturbo depressivo avvenga più precocemente;[14]  nel corso di uno studio condotto su una popolazione di soggetti affetti da depressione maggiore è emerso che la presenza all’anamnesi di un pregresso episodio di abuso sessuale non era direttamente correlato allo sviluppo del quadro depressivo; si evidenzia un’influenza significativa svolta dal contesto familiare in cui il soggetto era collocato.La presenza di un ambiente disfunzionale dominato da figure genitoriali inadeguate svolge un ruolo determinante nell’insorgenza di un disturbo depressivo in soggetti che hanno subìto un abuso sessuale, in quanto contribuisce alla formazione di un’organizzazione interna deficitaria con induzione di una vulnerabilità verso tale quadro psicopatologico.[15]
  • DPTS: il trauma sessuale è una delle cause più accreditate per questo disturbo; ideazione suicidaria e atti autolesivi: tra i soggetti vittime di abusi si riscontra un tasso più elevato di suicidi;[16] le condotte autolesive rappresentano l’espressione di un’aggressività autodiretta derivante dalla disillusione delle aspettative di sicurezza da parte del caregiver e dalla tendenza del soggetto abusato a perpetrare lo stato di svalutazione personale ricorrendo all’attuazione di comportamenti a rischio.
  • Anomalie della condotta alimentare, soggetti che hanno subìto molestie sessuali durante il periodo infantile sviluppano dei quadri di bulimia nervosa, caratterizzati dall’adozione in modo significativo di comportamenti purgativi e condotte di eliminazione[17];
  • Abuso di alcool e di sostanze: l’associazione è frequente sia con un disturbo di personalità sia con la depressione in un quadro di tentativo di autocura o di oblio di ricordi e flashback in caso di comorbilità con DPTS [18];
  • Disfunzioni della sfera sessuale: precoce inizio dell’attività sessuale, maggiori rapporti non protetti e con più partner, tale tendenza è sostenuta da differenti studi tra cui quello effettuato dal National Institute of Mental Health americano nel (2001) che mette in rilievo come le donne che hanno subìto abusi sessuali in età infantile siano un gruppo a rischio particolare: esse tendono più frequentemente ad essere ingaggiate in comportamenti delittuosi, a prostituirsi e ad utilizzare più generalmente la sessualità come merce di scambio per ottenere favori, droghe, miglioramenti sociali; sarebbero inoltre più prone a comportamenti a rischio per contrarre l’HIV.

Sembra evidente come il trauma dell’abuso sessuale nel minore possa inificiare il benessere quotidiano nella vita adulta, tuttavia, alcune ricerche mostrano che il 40% delle vittime sembrano immuni da queste evoluzioni cosi come da conseguenze psicopatologiche.[19]

Diversi autori sottolineano, comunque, la necessità di considerare con cautela l’asintomaticità di queste vittime, con attenzione soprattutto alla frequente presenza di temi organizzativi centrali quali la presenza disfunzionali quali la tendenza a vani tentativi di soppressione del sistema di attaccamento appreso e disorganizzazione delle relazioni affettive.[20]

Recentemente, uno studio ha convalidato l’ipotesi secondo cui coloro che sono vittime di abuso infantile sessuale o fisico hanno un’alta possibilità di perpetrarlo una volta adulti; circa il 10% dei 7.850 soggetti adulti esaminati aveva commesso uno stupro, ma i fattori predittivi di tale comportamento erano stati l’aver subìto anch’essi un abuso, sia nella forma di un maltrattamento fisico che sessuale.[21]

Gli adolescenti incarcerati per abusi sessuali sono risultati più frequentemente degli altri a loro volta vittime dello stesso tipo di abuso[22].

La letteratura sull’argomento è eterogenea, infatti, c’è uno studio che pone in rilievo come l’abuso sessuale sia correlato alla maggior incidenza di depressioni post-partum; questa situazione clinica ha un pesante impatto sulla relazione precoce madre-bambino e sulle sue implicazioni future[23].

L’aver subìto abusi fisici e sessuali conduce inoltre ad una peggiore capacità di sviluppare delle attitudini materne ottimali; in uno studio effettuato su un vasto campione di madri che avevano subìto abusi sia durante l’infanzia che durante l’età adulta, si sono evidenziate importanti carenze nell’attitudine materna e severi disturbi comportamentali nei figli, che ricevevano un’educazione inadeguata.[24]

 La competenza genitoriale, un’acquisizione che si basa su modelli interiorizzati delle figure di attaccamento, può presentare una distorsione nel senso dello sviluppo di un ennesimo genitore maltrattante o può risultare nella messa in atto di modalità di accudimento disturbate di segno opposto, caratterizzate da un comportamento eccessivamente adesivo, affettivamente intrusivo e globalmente inadeguato, pur in assenza di condotte di abuso fisico.

In tempi recenti vi è un’ampia letteratura che tenta di ricondurre sul piano clinico-diagnostico le osservazioni e i dati relativi ai traumi protratti subiti nell’infanzia, gettando un ponte tra la teoria dell’attaccamento, le teorie psicodinamiche patogeniche del disturbo borderlaine di personalità e la nozione di disturbo post-traumatico da stress.

L’emergere di un PTSD sembrerebbe più probabile in persone che non sono state in grado di rivelare l’episodio di abuso, rinchiudendolo pertanto in uno spazio privato nel proprio mondo interno.

Gli stessi pazienti psichiatrici sarebbero in grande difficoltà a rivelare un episodio di abuso e a discuterne con il proprio psichiatra; pur esistendo controversie circa la validità dei ricordi infantili che riguardano abusi sessuali, vi sono dati che indicano come sia possibile un’alta incidenza di falsi negativi nella popolazione con PTSD.[25]

Alcuni autori si spingono ad affermare che le memorie ed i ricordi legati ad un’esperienza di abuso subirebbero una rimozione che può durare anche diverso tempo, causando un ritardato riemergere alla coscienza dell’episodio, dilatando nel tempo il processo di rievocazione e di disvelamento[26]; quest’osservazione, sebbene più accurata sul piano della metodologia di ricerca, non è certamente nuova, basti pensare alle prime teorizzazioni di Freud, che per primo aveva intuito i legami profondi tra abusi sessuali, isteria e disturbi dissociativi.[27]

L’esposizione prolungata a traumi di carattere sociale ed interpersonale che implicano perdita di controllo, impotenza, perdita del senso di sicurezza, di fiducia e del valore del sé o mancanza di vie d’uscita porterebbe allo sviluppo in età adulta del disturbo post-traumatico da stress complesso.

La relazione tra dissociazione ed abusi sessuali rimane comunque in realtà non del tutto chiarita; risulta infatti che i sintomi dissociativi siano connessi con il disturbo di personalità borderline e che il disturbo di personalità borderline sia a sua volta in relazione con l’abuso sessuale, che non si correla significativamente in modo diretto con lo sviluppo di disturbi dissociativi[28]; ciò sembrerebbe indicare pertanto una eziologia indiretta e multifattoriale.

Il disturbo post-traumatico da stress associato ad abuso di sostanze si correlerebbe, inoltre, positivamente con traumi sessuali in età evolutiva.[29]

La differenza tra disturbo post-traumatico da stress complesso rispetto al “tradizionale” PTSD è l’esposizione prolungata al trauma ed il lasso di tempo che separa il quadro clinico dagli eventi stressanti: questi antecedenti comportano una perdita di coesione del sé, la tendenza alla vittimizzazione, lo sviluppo di un attaccamento insicuro e la distorsione dei legami affettivi.[30]

Interessante a tal proposito è il modello di Finkelhor che riassume alcuni concetti della teoria dell’attaccamento in relazione specifica con l’abuso sessuale precoce.

Esso tiene conto dei modi disfunzionali di vivere la sessualità di un bambino abusato, del vissuto di tradimento da parte di una figura di attaccamento, della costruzione di un’immagine negativa del sé, dei vissuti di impotenza che sostengono l’ansia e l’evitamento oppure dei meccanismi difensivi quali comportamenti sovracompensatori controfobici, aggressivi e delinquenziali.

Tre sono considerate le variabili per la psicopatogenesi legate all’abuso sessuale precoce:

  1. La tipologia dell’evento traumatico (la valutazione di gravità riferita dal soggetto abusato, il grado di parentela con l’abusante, la presenza di molteplici abusanti, la compresenza di abusi sessuali e fisici, la segretezza dell’evento e quindi, l’assenza di verbalizzazione nel contesto primario e sociale)[31];
  2. L’aspetto personologico preesistente, da inquadrarsi in un substrato sociale, familiare, biologico e costituzionale[32];
  3. La modalità di gestione del trauma, essendo l’evento in sé un catalizzatore di cambiamento e di adattamento.[33]

Le ricerche mostrano un maggior tasso di vittimizzazione fisica e/o sessuale tra adulti vittime di abusi durante l’infanzia rispetto a soggetti che non hanno subito alcuna violenza.

Fino al 49% delle bambine vittime di abuso sessuale subirebbe, infatti, ulteriori violenze in età adulta.[34]

Questo sembra legato al binomio amore-dolore che nella vittima di abuso sembra crearsi, i sentimenti che sembrano crearsi, favorirebbero uno stato di iperarousal che condurrebbe il soggetto alla dissociazione ed alla possibilità di instaurare da adulto relazioni violente.

In particolare, gli abusati di sesso maschile sembrano avere risvolti aggressivi (identificandosi con il carnefice), questa ipotesi sembra confermare il dato secondo cui vi è un maggior numero di abusatori tra chi è stato vittima in età infantile, mentre le femmine sono più inclini a mantenere anche nelle relazioni adulte il ruolo di vittime.[35]

Quali possono essere i fattori che legano l’abuso sessuale subito durante l’infanzia con la rivittimizzazione?

Importante è il substrato familiare, se l’ambiente è poco supportivo o negativo può contribuire a far si che il bambino non venga aiutato nell’elaborazione di quanto accaduto e questo, nel futuro, può comportare che intraprenda relazioni rischiose per la salute, relazioni che possono confermare la sua vulnerabilità, riesponendolo ad eventuali abusi fisici o sessuali.

Ferenczi in merito sottolinea come proprio il fallimento della funzione riflessiva e di confusione delle lingue nell’ambiente familiare può comportare che il trauma fisico o sessuale assuma un maggior valore traumatico attivando le difese del bambino, l’autore parla di identificazione con l’aggressore, scissione, regressione e progressione traumatica.[36]

Studi clinici dimostrano, quindi, come una situazione traumatica infantile possa determinare successivamente un comportamento autodistruttivo come ritorno del trauma passato riesperito in relazioni attuali.[37]

Come dovrebbe inserirsi il clinico per aiutare un paziente che manifesta tali disagi?

Sono come una marionetta rotta, con gli occhi caduti al di dentro». Questa frase di un malato mentale conta più dell’insieme delle opere di introspezione.”[38]

Queste parole sembrano rappresentare il buio in cui una persona si rifugia per non vedersi, per non vedere.

Il buio è anche ciò che custodisce il segreto, che nasconde e accoglie; è la paura, ma a volte anche la protezione, il rifugio, è quindi sia la minaccia che la difesa.

Nel buio totale spesso si perde l’orientamento, probabilmente il ruolo del clinico, in situazioni così delicate, è quello di far luce nel buio senza togliere al paziente nulla al buio, quindi, la consistenza del buio stesso che vive.

Costruire l’esperienza traumatica nella relazione terapeutica, tessendo insieme una nuova trauma che permetta al paziente di vivere il buio interiore che lo accompagna non solo come sinonimo di tenebra, oscurità nel quale si è pesanti e smaterializzati, ma dar potere a ciò che attraverso il buio si sente, il buio con i suoi rumori, il cuore che batte, il sangue che formicola nelle estremità del corpo.

Nella fragilità del buio si nascondono valori di sensibilità e delicatezza, probabilmente la luce che il clinico può portare è giusto quel tanto che basta per permettere al paziente, attraverso l’ascolto dei suoi disagi, delle sue ansie che spesso prendono il nome di domande, di simbolizzare il suo vissuto terrificante per ripristinare un percorso evolutivo che gli insegni a vedere le proprie ferite, alcune cicatrizzate altre meno, senza sentirsi un mostro.

Sta nella mancanza di attenzione a questo tipo di difficoltà la ragione prima degli insuccessi, purtroppo assai frequenti, dovuti ad errori che sono invece evitabili..”[39]

Queste parole racchiudono la complessità dell’argomento trattato che non può non tener conto del nucleo portante della tesi, il ricordo autobiografico del minore sessualmente abusato, nel caso di minori di pochi anni ci si pone domande sulla veridicità delle testimonianze; nel capitolo che segue si analizzerà la testimonianza del minore, le tecniche intervista e quindi, il lavoro congiunto del tribunale e dello psicologo per dar voce ai ricordi del bambino.

Nietzsche diceva:” “…Chi combatte contro i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. E quando guardi a lungo in un abisso, anche l’abisso ti guarda dentro.…”[40], il fine del percorso terapeutico potrebbe essere quello di “insegnare” al paziente un nuovo modo di guardare al proprio abisso, senza sentirsi mostro e soprattutto senza dimenticare che “Il paziente ha bisogno di un’esperienza più che di una spiegazione”.[41]


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[36]Ferenczi S. (1933): “Sprachverwirrung zswischen den Erwachsenen und dem Kind (Die Sprache der Zärlichtkeit und der Leidenschaft)”. International Zeitschrift für Psychoanalyse, 19, pp.5-15. Trad. It: “Confusione di lingue tra gli adulti e il bambino. Il linguaggio della tenerezza e il linguaggio della passione”. In: Fondamenti di Psicoanalisi, a cura di G. Carloni ed E. Molinari, 4 voll., Guaraldi, Rimini, 1972-75, e in: Opere, a cura di G. Carloni, Vol. IV (1927-1933), Raffaello Cortina, Milano, 2002, pp.91-100.

[37] Van der Kolk B. (1989 c), The Compulsion to Repeat the Trauma, in "Psychiatric Clinics of North America", Vol. 12, nr. 2. pagg. 389-409

[38] Cioran, E. (1993), Sillogismi dell’amarezza, Adelphi.

[39] Duilio – Magliulo – Perotti, La testimonianza del minore nei casi di abuso sessuale: tutela o vittimizzazione. Una rivisitazione critica delle varie metodologie, 2001, www.falsiabusi.it, pag.3.

[40] Nietzsche F. Al di là del bene e del male (1886), Detti e intermezzi, 1866, Adelphi. Milano.p. 79

[41] Fromm-Reichmann F.

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