In coppia: occhio non vede e cuore non duole e anche se vedesse preferirei essere la prima tra le ultime spiagge

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Teresa Colaiacovo - In coppia: occhio non vede e cuore non duole e anche se vedesse  preferirei essere la prima tra le ultime spiagge

“…L’unica ossessione che vogliono tutti: l’amore. Cosa crede, la gente, che basti innamorarsi per sentirsi completi? La platonica unione delle anime? Io la penso diversamente. Io credo che tu sia completo prima di cominciare. E l’amore ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due..” **[1]**

Alessandra (nome di fantasia) ha 46 anni, sposata da 20 anni, due figli adolescenti e un marito (riporto in corsivo le sue parole): “un buon padre ed anche un buon marito, forse un po’ chiuso e indifferente, ma non litighiamo mai… insomma siamo una famiglia serena…”

Vedo Alessandra muoversi sulla poltrona, mentre cala un rigido silenzio.

Nel setting il silenzio del paziente è considerato dalle diverse scuole della psicologia del profondo come una notevole forma di comunicazione [2]anche nei casi in cui esprime un’ostinata resistenza [3]. Le posture, i gesti, l’espressione del viso e degli occhi, le diverse manifestazioni psicosomatiche possono rivelarne la finalità [4], la causa e il contenuto [5]. Questo è in conformità con l’assioma della pragmatica della comunicazione secondo cui «non possiamo non comunicare» [6] Ogni comportamento umano è un messaggio per mezzo del quale ogni individuo influenza gli altri, in un’interazione reciproca[7] .

Credo sia complesso definire il silenzio del paziente, se una modalità di difesa, un modalità riflessiva o un silenzio creativo.

Rispetto questi minuti di Alessandra ed il suo tempo…ad un certo punto mi dice: “nonostante apparentemente ho tutto, io mi sento sola, poco ascoltata… ho lasciato il lavoro da qualche anno, mio marito si occupa di tutto, non litighiamo mai, ma comunichiamo appena…lui dice che siamo una bella famiglia ed ha ragione, ma io lo vedo lontano… anche sessualmente, insomma facciamo sesso quando ci rendiamo conto che non lo facciamo da tanto tempo…”

Visto che è complesso definire il concetto di tanto o di poco chiedo ad Alessandra cosa significa per lei tanto tempo.

Mi dice: “non lo so, tanto, ma non credo sia questo il problema… lui non si accorge che siamo lontani solo perché ora ci sono i ragazzi che occupano del tempo, ma un domani quando cresceranno credo che anche lui si renderà conto che non abbiamo mai realmente comunicato… dottoressa io so che mi ha tradito e ho fatto finta di nulla, ma credo che dell’ultima si fosse proprio innamorato, ho letto dei messaggi in cui le raccontava cose che io nemmeno ho mai saputo di lui.. mi è sembrato di capire che aveva persino paura di vederla per non minare il nostro equilibrio. L’ho vista sui social ed è bellissima, giovane e colta. Insomma il mio esatto opposto…anche se lui alla fine ha scelto me…”

Le chiedo: “in che senso ha scelto lei? Mi dice: ” se siamo insieme e non ha preso quella lì e se ne è andato, credo che abbia scelto me oppure lei pensa che sia stato talmente codardo da rimanere con me perché abbiamo una famiglia e alla fine può comunque tradirmi come ha fatto con altre di minor importanza?”

Le rispondo: “perché lei pensa che io debba credere che suo marito  sia un codardo e che per questo ha scelto la famiglia e non lei piuttosto che l’altra?”

Lei mi dice: “mi dica la verità e non faccia come tutti…”

Io le dico: “a me Alessandra interessa la sua verità, lei pensa di essere moglie e  famiglia per suo marito e non l’amante, l’amica e la donna?”

Lei mi risponde: “sono venuta qui per delle risposte, ma sono 40 minuti che lei fa domande inutili e questo mi irrita…”

Il paziente vive nella relazione con il clinico dinamiche molto simili a quelle che caratterizzano le sue relazioni e le sue esperienze quotidiane. E’ probabile perciò che se ci sono atteggiamenti o comportamenti che lo fanno arrabbiare fuori dallo studio di psicoterapia e se il terapeuta fa qualcosa che sembra ricordarli, il paziente sperimenti nel corso della seduta un fastidio, un’irritazione o una vera e propria rabbia nei confronti del clinico. Talvolta la sensazione può essere quella di non ricevere ascolto e forse in questo caso Alessandra ha sperimentato nuovamente la sensazione di non essere ascolta e quindi non ricevere risposte desiderate.

Le dico: “io sono qui per accogliere i suoi dubbi e le sue domande, le risposte credo debba trovarle da sola attraverso di me, quindi io qui è come fossi uno strumento che può permetterle di vedersi e di rispondersi senza sentirsi ignorata…”

Ad un certo punto mi chiede: “lei come lavorerebbe con me per trovare queste risposte?”

Mi ricompongo sulla sedia, il momento della restituzione è un po’ come un esame, ogni volta un esame diverso.. le dico: “sulla base di ciò che lei oggi mi ha detto io credo di aver letto il suo orgoglio nell’avere una bella figlia, un buon marito e padre per i suoi figli.. mi ha parlato di un senso di vuoto perché crede di non comunicare a sufficienza, o meglio, per riprendere le sue parole crede di non parlare di cose importanti con suo marito. Ho colto, inoltre, un senso di smarrimento perché forse desidera un rapporto più caldo emotivamente e sessualmente.

I tradimenti, soprattutto l’ultimo, di suo marito è come se avessero acceso in lei delle spie importanti: cosa sono io per lui e cosa voglio essere? Come faremo con tutto quel silenzio quando i figli prenderanno la loro strada?

Tutte questi interrogativi che si pone e che credo siano leciti, probabilmente, le hanno generato quella che lei ha chiamato inizialmente insoddisfazione…”

Alessandra mi dice: “si ok, ma lei cosa potrebbe fare praticamente?”

Le rispondo: “credo che potrebbe essere utile per lei, innanzitutto, trovare uno spazio in cui i suoi bisogni siano ascoltati, in modo che lei stessa possa riconoscere i suoi reali desideri, poi sarebbe opportuno comprendere quali sono le richieste che Alessandra ha nei confronti del marito e della sua vita, comprendere cosa in lei hanno rotto quei tradimenti e cosa può fare con suo marito per avere un rapporto appagante per entrambi anche quando ci sarà lo svincolo da parte dei vostri figli.[8]

Alessandra mi dice: “forse sarebbe solo una perdita di tempo. Mio marito non mi ha lasciato e non mi lascerà mai, i nostri figli rimarranno sempre nostri e alla fine anche nei confronti dell’ultima donna ho sempre vinto io e non mi importa che lei dottoressa creda che io abbia vinto solo perché noi siamo una famiglia e lui un codardo..”

Trovo dirompente che spesso un paziente ed in questo caso Alessandra mi metta in bocca parole che lei pensa di se stessa, del suo ruolo di moglie e donna all’interno del suo rapporto. È Alessandra a pensare che il marito sia un codardo e che non ha avuto il coraggio di lasciare la famiglia, che probabilmente la tradirà ancora ma questo non cambierà le cose: lei sarà sempre la sua scelta.

Sorrido e do ad Alessandra, consapevole di non rivederla più, una frase: Il cambiamento è una porta che si apre solo dall’interno.”**[9]**

APPROFONDIMENTI E RIFLESSIONI PERSONALI

Ho riflettuto molto su Alessandra e su tante persone che vivono situazioni simili, credo che i focus su cui concentrarsi siano:

  • IL MESSAGGIO: “ CAMBIAMI TU SENZA CHE IO CAMBI..”

Questa in gergo viene definita resistenza al cambiamento che potrebbe derivare dal rimanere nella zona di comfort, dove non si sta poi cosi male. Alessandra ha un buon marito e un buon padre per i figli, il marito ha una buona moglie e mamma per i suoi figli, non litigano mai e forse lui può continuare a tradirla senza alterare i suoi equilibri e quelli familiari.

In questi casi credo che per uscire dal torpore e intraprendere un percorso che porti al cambiamento bisogna che la zona di comfort arrechi sofferenza, in questo momento Alessandra ha paura che questa insofferenza e insoddisfazione possa diventare, qualora prendesse una posizione, reale sofferenza.

Alla stessa stregua, basandomi sul suo racconto, il marito, come la stessa, mantiene in vita  l’equilibrio, probabilmente insoddisfacente, ma che lenisce attraverso storie extra ed appena si prospetta qualcosa di importante, scappa.

  • OMEOSTASI NELLA COPPIA:

il sistema familiare tende alla conservazione e alla stabilità; le famiglie sane dovrebbero essere caratterizzate da un equilibrio dinamico tra le tendenze omeostatiche e quelle trasformative che permetterebbe loro di  svilupparsi nel tempo e seguire il loro corso naturale. La tendenza trasformativa viene utilizzata in terapia familiare per produrre dei cambiamenti terapeutici.

TRADIMENTO COME SINTOMO:

Il sintomo ha sempre una doppia funzione, quella di conservare il sistema e quella di spingerlo al cambiamento. Ed è proprio facendo leva su quest’ultima che il terapeuta può aiutare la famiglia a mettere in atto il suo processo di cambiamento. è importante quindi, come primo passo che il terapeuta cerchi di capire qual è il significato di quel particolare sintomo all’interno di quel particolare gruppo familiare, e che identifichi la motivazione al cambiamento e quella alla conservazione. Dopo di ciò, lavorerà rinforzando la prima ma facendo attenzione a non scalfire prematuramente la seconda. Infatti una spinta troppo precoce al cambiamento senza tenere in considerazione le paure che lo bloccano provocherà una chiusura del sistema che tenderà ad espellere l’elemento estraneo vissuto come pericoloso e decreterà la fine della terapia.

Nel caso specifico Alessandra sembra aver accettato i tradimenti del marito perché comunque è lei che è stata scelta, ma hanno aperto in lei delle insicurezze importanti che andrebbero elaborato.

Spesso il tradimento nella coppia fa da zoom e permette di vedere come l’omeostasi della stessa non sia sufficiente ad uno dei membri della stessa, tanto da ricercare al di fuori emozioni nuove.

In conclusione vorrei citare una frase a me cara che forse è adatta a questa coppia che potrebbe fare dell’evitamento la propria stabilità: “ porto addosso tutte le battaglie delle ferite che ho evitato”[10]


[1] ROOTH P., L’ animale morente

[2] ANSBACHER, H. L., ANSBACHER, R. R. (1956), The Individual Psychology of Alfred Adler, tr. it. La Psicologia Individuale di Alfred Adler, Martinelli, Firenze 1977

[3] GREENSON, R. R (1961), Il silenzio e i suoni dell’ora analitica, in Explorations in Psychoanalysis (1978), tr. it. Esplorazioni psicoanalitiche, Bollati Boringhieri, Torino 1999.

[4] ADLER, A. (1931), Wath Life Should Mean to You, tr. it. Che cosa la vita dovrebbe significare per voi, Newton Compton, Roma 1994.

[5] GREENSON, R. H. (1967), The Technique and Practice of Psychoanalysis, tr. it. Tecnica e pratica psicoanalitica, Feltrinelli, Milano 1974

[6] WATZLAWICK, P., BEAVIN, J., JACKSON, D. D. (1967), Pragmatics of Human Communication, tr. it. Pragmatica della comunicazione umana, p-40., Astrolabio, Roma 1971

[7] WATZLAWICK, P., BEAVIN, J., JACKSON, D. D. (1967), Pragmatics of Human Communication, tr. it. Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma 1971

 

[8] L’arco di età che va dall’adolescenza ai trent’anni può essere considerata come l’età in cui ci si distacca dalla famiglia. Questo processo viene detto “svincolo” o “separazione”

Nel suo libro “Il distacco dalla famiglia” (1983), Haley vede nel distacco del giovane dalla famiglia un delicato momento per tutti i membri, nel quale possono presentarsi diversi problemi, i quali, se gravi, possono ostacolare il passaggio al successivo stadio della vita, ossia l’allontanamento del figlio dal nucleo familiare e la riorganizzazione conseguente da parte dei genitori

 

[9] PETERS T

[10] PESSOA F.

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