“…Andrea s’è perso, s’è perso e non sa tornare.
Andrea s’è perso, s’è perso e non sa tornare.
Andrea aveva un amore, riccioli neri
Andrea aveva un dolore, riccioli neri….” DE ANDRE’ F., Andrea
https://youtu.be/2ljyUQvCQDA?si=X28pSD7uYxNM6sBT
Donatella (pseudonimo) ha 54 anni, sposata da 22 anni mi richiede una consulenza online perché (riporto le sue parole in corsivo): “mio figlio Leonardo ha preso una brutta strada… fa parte di un gruppo di amici e fanno cose violente… fa parte di una baby gang[1]…Milano è diventata pericolosa e lui è diventato diverso rispetto a prima..”
Leonardo ha 17 anni, non studia, lavora ogni tanto per una pizzeria e rientra tardi la notte, mentre durante il giorno dorme e rimane rinchiuso nella propria stanza.
Secondo il rapporto sulla devianza minorile in Italia i membri delle baby gang sono rappresentati da:[2]
- ragazzi senza problemi affetti da malessere del benessere: di solito adolescenti appartenenti al ceto al ceto medio e spesso altamente scolarizzati. L’apparente mancanza di problemi è legata ad un benessere materiale risultando tuttavia carente la sfera affettiva e relazionale
- ragazzi con problemi economici e sociali le cui condotte devianti sono strettamente connessi a condizioni di grave povertà economica e sociale esacerbate da un profondo senso di marginalità collegato agli spazi urbani delle grandi città
- ragazzi con problematiche di espressione legati alla diade devianza sintomo frutto dell’aumento progressivo dell’aggressività, anche comunicativa registrato negli ultimi anni come risultato di un conflitto interiore che è strettamente connessa al cambiamento il tempo dei ruoli familiari e sociali dei membri nel nucleo d’appartenenza. Non di rado le figure genitoriali si trovano in difficoltà a gestire tali crisi adolescenziali e tendono ad assumere atteggiamenti da un lato di distanze/ giudizio e dall’altro di totale asimmetria con il figlio, tale assenza di mentalizzazione e rispecchiamento sono verosimilmente alla base dell’incapacità dell’adolescente di rappresentare a sua volta un senso di sé, con relativa disregolazione sul piano emotivo e nella costruzione della personalità.[3]
Questi fattori sottolineano come sia molto importante la costruzione del senso identitario, necessario ai giovanissimi, e troppo spesso individuato all’interno della Gang.
Un altro aspetto da attenzionare è che alcuni membri facenti parte di una baby gang soffrono di un forte senso di abbandono e di solitudine spesso derivante dall’inconsistenza di rapporti con le figure genitoriali o con la comunità di riferimento. Inoltre, coloro che hanno elevati valori per il tratto di estroversione e il tratto di psicoticismo ricercheranno nella propria gang occasioni per vivere esperienze adrenaliniche, nella quale la componente di rischio viene vissuta come sfida per superare i propri limiti
Chiedo a Donatella di descrivermi il rapporto che lei ha con suo marito e il rapporto tra lei e il figlio ed il figlio e il marito.
Mi dice: “beh..io e mio marito siamo separati in casa, lui è un depresso e tra lui e il figlio non c’è comunicazione.. Leonardo si arrabbia con me perché dice che la mia storia con Ugo ha sfasciato la famiglia facendo diventare il padre un vegetale…”
Il modello sistemico postula che certi tipi di organizzazioni familiari siano strettamente correlati allo sviluppo e al mantenimento di determinate sindromi e che i sintomi del figlio, ad esempio, giochino un ruolo importante nel mantenimento dell’omeostasi della famiglia.
Il sintomo non è quindi solo un’etichetta data ad uno dei membri della famiglia, ma un fardello che è in grado di mantenere una sorta di equilibrio, seppur labile. Il paziente non è solo designato, ma si designa da solo, fino al momento in cui potrà abbandonare le vesti del “malato”.
Per l’approccio sistemico, quindi, l’unità psicologica non è più l’individuo, ma l’individuo stesso nei suoi contesti sociali significativi ed, in particolare, la famiglia.[4]
Secondo Ugazio (1998) individuo e famiglia sarebbero infatti vuote astrazioni al di fuori del pattern che li connette: “l’individuo al di fuori delle relazioni comunicative entro cui è inserito si dissolve e la famiglia non esiste se non some con-posizione di individui” (Ibidem, p.26).[5] L’autrice sottolinea come nel modello sistemico l’attenzione si sposti dalla famiglia come unità alla “con-posizione” degli individui. Il modo con cui ciascun soggetto costruisce la realtà risulta coerente con la particolare posizione che il soggetto occupa nel suo sistema di relazioni e interdipendente rispetto alla posizione degli altri membri della famiglia. La nascita in una particolare famiglia e in una particolare cultura, così come la storia delle precedenti con-posizioni, delimitano, quindi, le possibili posizioni con cui ciascun individuo può con-porsi con gli altri, ma proprio questa delimitazione dà realtà all’io.
Secondo Toman (1961 in Kerr, Bowen 1988), anche certe caratteristiche della personalità sono determinate dalla costellazione familiare originale in cui cresce un figlio. Egli ha definito come prevedibili determinate caratteristiche della personalità, che sarebbero associate alle posizioni dei fratelli in famiglia ed inoltre dai profili delle posizioni fraterne sarebbe prevedibile la concordanza di personalità di due partner coniugali.[6]
Leonardo probabilmente cerca di essere visto dalla famiglia e manifesta attraverso l’aggressività il suo modo di esprimersi; la depressione paterna e la colpevolizzazione della madre possono rappresentare fattori di estrema importanza per inquadrare la rabbia che il ragazzo nutre dentro di sé. La baby gang può rappresentare per lo stesso una sorta di contenitore, contenitore delle paure più profonde, contenitore della violenza che teme di manifestare all’interno della famiglia in quanto la stessa sembra presentare un equilibrio fragile.
Chiedo a Donatella se riesce a vedere il figlio non come problema da risolvere, ma come metafora di una situazione altamente instabile nella famiglia stessa.
Lei mi risponde: “Leonardo è sempre stato così, mi ha sempre colpevolizzato di tutto e mio marito per anni ha fatto altrettanto, in questo momento io li vivo solo come problemi e dentro di me non ho le risorse sufficienti per gestire entrambi…”
Chiedo a Donatella come mai non ha deciso di separarsi, allontanandosi dalla famiglia, e come secondo lei Leonardo ha vissuto e vive questa pseudo separazione. Donatella mi risponde dicendomi che non c’è bisogno di andare via di casa per essere separati e Leonardo deve accettare che suo padre è un uomo da sempre problematico che l’ha annoiata e il suo nuovo compagno ora oramai è parte integrante della sua vita.
Ad un certo punto esclama stizzita: “sa cosa ha fatto Leonardo qualche giorno fa? lui e quei delinquenti hanno rigato e ammaccato la macchina del mio compagno creando un danno economico importante, secondo me Leonardo ha fatto questa roba perché non vuole che io e il mio compagno partiamo per una lunga vacanza e quindi pensa di boicottarci…”
Dico a Donatella: “certo che Leonardo deve sentirsi molto solo se pur di non farla partire ha danneggiato la macchina del suo compagno, ha pensato che potrebbe fare una vacanza con lui?”
Lei mi dice che non la merita e che se facesse una cosa del genere il suo compagno la lasciarebbe…
In maniera diretta le dico: “ non la comprendo, quindi preferisce perdere suo figlio che il suo compagno?”
Mi dice stizzita: “ io vorrei solo che mio figlio e mio marito se ne andassero di casa e mi facessero vivere la mia vita…”
Le parole di Donatella mi fanno pensare ad una sorta di famiglia disimpegnata.
I confini tra i membri della famiglia disimpegnata sono eccessivamente rigidi, la distanza emotiva è eccessiva. L’impressione generale è che le azioni dei suoi membri non producano ripercussioni reciproche, come se si muovessero in orbite isolate, tra loro scollegate.
In fondo non va dimenticato che la famiglia è un sistema, che ha bisogno della stabilità e della riconoscibilità dei legami reciproci, per dispiegare pienamente il suo insostituibile compito e realizzare la sua missione.
A fine seduta dico a Donatella che mi piacerebbe vedere lei, il marito e Leonardo per capire meglio e leggere il sintomo di cui il ragazzo è portatore.
Lei sembra accettare.. e mi dice: “ma il problema è che Leonardo fa parte di una gang band..”
Gli rispondo: “probabilmente la gang band è solo un contenitore per Leonardo che non ha trovato un equilibrato contenimento nella famiglia…a volte essere genitori è un lavoro difficile, io comprendo le sue paure anche legate alla pericolosità di Milano, ma direi che cercando di lavorare proprio sulla sua famiglia possiamo aiutare Leonardo”
Storce il naso, mi saluta in maniera fredda, e fissa il prossimo appuntamento.
Questa seduta la concluderei con una frase: “ la distanza è l’ordito che regge la trama di ogni storia d’amore come di ogni rapporto tra viventi..”[7]
[1] questa espressione va definire quegli adolescenti e giovani adulti che decidono di prendere parte alla vita criminale. Secondo il rapporto sulla devianza minorile in Italia i membri rappresentati nelle baby gang sono ragazzi senza problemi
[2] Censis (2007). Rapporto sulla situazione sociale del Paese
[3] Bateman, A. Fonagy, P. ( Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione. Milano, Raffaello Cortina.
[4] Selvini M., 2006, Dodici dimensioni per orientare la diagnosi sistemica, Accademia di Psicoterapia della famiglia, Roma in www.scuolamaraselvini.it
[5] Ugazio V., 1998, Storie permesse storie proibite – Polarità semantiche familiari e psicopatologiche, Bollati Boringhieri, Torino
[6]Kerr M.E., Bowen M., (1988), La valutazione della famiglia – Un approccio terapeutico basato sulla teoria boweniana, Trad. it. Astrolabio, Roma, 1990.,
[7] CALVINO, I. Prima che tu dica Pronto