Le maschere senza un Carnevale

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Teresa Colaiacovo - Le maschere senza un Carnevale

“…Ciò che noi conosciamo di noi stessi, non è che una parte, forse una piccolissima parte di quello che noi siamo. E tante e tante cose, in certi momenti eccezionali, noi sorprendiamo in noi stessi, percezioni, ragionamenti, stati di coscienza che son veramente oltre i limiti relativi della nostra esistenza normale e cosciente..[1].

Giorgio ha 54 anni e fa il chirurgo, (nomi e dettagli sono di fantasia) inizia un percorso con me perché mi dice: “dopo vari anni di analisi personale mi rendo conto che indosso sempre la stessa maschera… ho una compagna che non riesco a lasciare e una donna che sarebbe per me la persona ideale con la quale puntualmente scompaio perché mi sento rifiutato, lo faccio con tutti…”

Gli domando cosa intende per maschera e mi dice: “ una parte di me…”Il termine persona, cioè, deriva dal greco prósōpon“maschera, vale a dire da una figura che «congiunge due profili la cui unità si regge in quanto la maschera resta chiusa» ), una figura in grado di dare unità al soggetto, mentre il termine maschera deriva dalla strega, dall’impossibile a dirsi e a mostrarsi. È come se, in un certo senso, il significante, anche nella sua storia, si fosse mosso in direzione del sembiante negando, cancellando dietro di sé, la sua origine reale. [2]

La maschera, quindi, serve al soggetto per nascondere la propria mancanza, per nascondere il vuoto che sta al cuore del soggetto; essa è sempre, come dice J.-A. Miller, «maschera di niente – è questo che vi è in comune tra il Padre e il concetto stesso della donna.[3]» . Ed è in questo senso che Lacan, nella sua Prefazione al Risveglio di primavera [4], parla dell’Uomo mascherato come del «sembiante per eccellenza», della maschera del niente in quanto esso è solo maschera. «In quanto, come si può sapere quello che è se è mascherato e qui l’attore non porta forse la maschera di donna? Solo la maschera ex-isterebbe nel posto vuoto in cui pongo La donna. In questo senso non dico che non ci sono donne. La donna come versione del Padre, si raffigurerebbe solo come Père-versione». La donna, cioè, sarebbe una maschera del Padre, del Nome del Nome del Nome, che si realizza, però, solo nella psicosi. 

Visto che spesso, più o meno consciamente, le maschere che indossiamo servono ad adattarci alle circostanze chiedo a Piergiorgio quale sia la sua e mi risponde di getto: “quella del rifiutato..”

Dopo varie osservazioni sul tema, gli dico: “mi perdoni, ma se è lei che è scomparso, in che senso l’altra lo ha rifiutato?”

Mi dice: “non accettava la mia situazione ingarbugliata, non accettava ciò che potevo offrirle…e poi mi sentivo al di sotto delle sue aspettative..”

Gli chiedo di parlarmi della sua situazione ingarbugliata e mi dice: “sto con una donna con cui non va e non riesco a mandarla via di casa, le ho detto che non la amo, o almeno cosi mi sembra, ma lei non se ne va..”

Percepisco la sua confusione e dico:”quindi lei, mi corregga se sbaglio, è disposto a perdere una donna che vede come ideale perché non sa come lasciare andare una donna che non ama..”

Mi dice: “sta semplificando..io voglio lasciarla andare e gliel’ho detto, ma è lei che rimane e non posso cacciarla di casa..”

Gli dico: “ comprendo questa sua delicatezza…a che maschera assocerebbe se stesso in questo caso?”

Mi dice: “forse a quella del bravo ragazzo, quello responsabile, adulto…”

Gli dico: “quello che non può essere rifiutato…quindi…”

Giorgio fa silenzio, cambia postura.. è di fronte a me con le braccia conserte e guarda altrove.

Forse sta punendo anche me con il silenzio, come fuga dal dissenso.

Mentre mi dico che forse sono stata poco accogliente penso alle maschere che portiamo fin da bambini.

Impariamo già da bambini a indossare le maschere e le sfruttiamo fino alla morte. Alcune sono la nostra salvezza, altre la nostra dannazione. Vediamo le più comuni:

  • Il bravo bambino. Il bambino che ha imparato a comportarsi sempre bene per essere accettato, che fa fatica Il guerriero. Quella maschera che si è formata nelle battaglie più difficili ci ha permesso di uscire indenni da grandi avversità. Ci fa dimenticare la paura e l’indecisione e ci permette di prendere il controllo.

  • L’indifferente. Il personaggio che resta impassibile, qualunque cosa accada. Si difende dalle minacce nascondendo il proprio dolore.

  •  o esprimere la propria opinione per paura di essere disapprovato. Cerca l’affetto attraverso un comportamento gentile e disponibile.

  • Il salvatore. Salvare tutti è la sua missione: amante dei casi disperati e responsabile delle disgrazie altrui.

  • La vittima. Ha imparato che la vita è costellata di disgrazie e che il vittimismo è l’unico modo per ottenere affetto e attenzione.

  • Il duro. Maschera tipica delle persone più sensibili che temono di essere ferite o di sembrare vulnerabili. Di fronte a questa paura hanno imparato a mostrarsi poco emotive e persino aggressive.
  • L’eterno felice. Chi ha difficoltà ad accettare emozioni come la tristezza, la rabbia o il senso di perdita, finge che tutto vada bene con un sorriso amaro. Un modo per fuggire dalle emozioni.
  • Il simpaticone. Ha imparato a scansare le emozioni con umorismo. È una maschera simile alla precedente, ma chi la porta è convinto, in più, che gli altri smetteranno di accettarlo se dovesse mettere da parte le battute e cominciare a mostrarsi per com’è.

C’è un punto nella vita in cui la maschera che abbiamo portato per tanto tempo aderisce perfettamente, quasi si incrosta al nostro essere tanto da non riuscire più a capire chi siamo senza di essa.

Giorgio non ha cambiato postura, appare chiuso e lontano.

Per sbloccare l’empassè gli dico: “ che strana coincidenza che stiamo parlando di maschere ed è carnevale,non trova?”

Mi dice in maniera laconica. “si!”

Gli dico: “ da cosa si travestirebbe per carnevale, se le piacesse il carnevale ed avesse voglia di travestirsi…”

Mi dice: “forse da uno che sceglie, ma io sono anche una persona che sceglie alla fine, anche per professione.. direi da un uomo affascinante, sicuro, che ha accanto una donna bellissima, sensuale, intelligente..”

Gli dico: “ come la donna di cui mi parlava ad esempio?”

Mi dice: “eh si… ecco e lei mi dovrebbe vedere come una persona che ha abbastanza..”

Terminiamo il colloquio con una mia breve restituzione in cui sottolineo come sia lui a non sentirsi adeguato, nonostante o malgrado le maschere e gli lascio una frase:

Andrai a vivere con Alice che si fa il whiskey distillando fioriO con un Casanova che ti promette di presentarti ai genitoriO resterai più semplicemente dove un attimo vale un altroSenza chiederti come mai

Continuerai a farti scegliereO finalmente sceglierai..”**[5]**


[1] L.Pirandello., Umorismo

[2]  J. Lacan, Nota sulla relazione di Daniel Lagache: “Psicoanalisi e struttura della personalità”, in Scritti, cit., p. 667.

[3]  J.-A. Miller, La natura dei sembianti, in “La Psicoanalisi”, n. 15, cit., p. 182.

[4] J. Lacan, Prefazione al Risveglio di primavera di Wedekind (1974), in “La Psicoanalisi”, n. 7, Astrolabio, Roma 1990, pp. 9-12.

[5] F. De Andrè ., Verranno a chiederti del nostro amore

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