“…Se desideri vedere le valli, sali sulla cima della montagna. Se vuoi vedere la cima della montagna, sollevati fin sopra la nuvola. Ma se cerchi di capire la nuvola, chiudi gli occhi e pensa…”
(Khalil Gibran)
ABSTRACT
La prima parte del seguente articolo è incentrato sul caso di cronaca di CHIARA PETROLINI e l’infanticidio dei suoi figli (inchiesta, eventuali prove e testimonianze).
La seconda parte si concentra sulla differenza tra infanticidio e figlicidio nell’ordinamento giuridico e su una lettura a livello giuridico psicologico dell’infanticidio; più spazio viene dato alla giovane ragazza autrice di reato.
La terza parte si concentra su riflessioni prettamente psicologiche che riguardano l’evento e l’impatto sociale dello stesso, dalla maternità negata, all’adolescenza, alla libertà che si contrappone alla responsabilità e in ultimo, non in ordine di importanza, all’assenza di senso di colpa.
Chiara Petrolini si trova agli arresti domiciliari con l’accusa di omicidio volontario premeditato e aggravato dalla parentela, per quanto riguarda il bimbo rinvenuto lo scorso 9 agosto, e di soppressione di cadavere per il neonato dato alla luce a maggio del 2023.
Le intercettazioni ambientali dimostrano che in famiglia si era parlato delle perdite ematiche sospette della ragazza. Ma le sue bugie sono andate in porto. In particolare in una conversazione si sente la mamma di Chiara farle la domanda scontata di fronte alle perdite di sangue, ripetute, a distanza di un anno. «Chiara, ma quell’emorragia?».
In pratica, dopo il ritrovamento del primo neonato morto, che sarebbe il secondo partorito, la famigliola è stata messa sotto controllo e dalle intercettazioni disposte dai magistrati si sente la donna chiedere alla figlia se «anche l’altra volta, con quella forte emorragia», fosse incinta. La mamma ha semplicemente collegato e messo insieme i pezzi. Ma a domanda diretta la ragazza ha negato la gravidanza alla madre. Poi però agli investigatori confiderà di aver portato effettivamente in grembo un bimbo e dirà di aver già partorito una prima volta, da sola in casa, il 12 maggio 2023 mentre i genitori si trovavano al saggio di pianoforte del fratello. Ma soprattutto - e qui si apre una breccia nel complesso profilo psicologico di questa ragazza - ammetterà ai pm un moto di «vergogna», dirà che per lei quello status era sintomo di grande imbarazzo: «Temevo il giudizio degli altri». Per Chiara quel giudizio esterno, dunque, si è rivelato più forte, invincibile, rispetto al quadro agghiacciante che lentamente è trapelato. Come se l’educatrice solare e affidabile del centro estivo parrocchiale, non una ma due volte, non potesse permettersi di dire al mondo: «Sono incinta e non lo voglio». In un territorio pervaso dallo spirito dell’associazionismo, della solidarietà e del mutuo aiuto, dove almeno quattordici anni fa è stata inaugurata vicino all’ospedale Maggiore una culla termica per chi intende comunque partorire e può così abbandonare in totale anonimato un neonato in un posto al caldo dove potrà sopravvivere ed essere seguito dai servizi sociosanitari. Quando fu inaugurata si parlò dell’importanza di dare una possibilità alle donne prive di mezzi. Oggi, quattordici anni dopo, il colonnello Andrea Pagliaro che ha condotto le indagini sente di dover fare un appello pubblico per ricordare che c’è il modo sicuro e legale di non portare avanti una gravidanza o una maternità.
In completa solitudine, secondo quanto emerso finora, la ragazza ha cercato di seguire pedissequamente le istruzioni cercate su Google. Con tutorial e video, ha eseguito gli aborti come fosse una ricetta spiegata passo per passo. Aborti che sono omicidi perché effettuati da sola, senza alcun tipo di supporto sanitario e quindi anche altamente rischiosi. Eppure, Chiara era convinta di poter far da se, e lo dimostrano le sterminate ricerche su Google. «Come far crescere poco la pancia; come far sgonfiare la pancia; schiacciare la pancia; partorire a 34 settimane; posizioni per indurre il travaglio; rottura delle acque a 37 settimane; come acquistare erbe e misoprostolo; rottura acqua quanto dura; rottura acqua il travaglio non parte; quando arrivano i dolori; indurre parto spontaneo; pillola del giorno dopo in gravidanza è possibile; quali sono le infezioni che si prendono dopo un aborto in casa - e ancora - dopo quanto tempo un cadavere puzza; quanto tempo ci vuole per far decomporre un cadavere». Per quest’ultima, fondamentale, informazione a febbraio, si era attentamente studiata un video.
Aspetti psichiatrico-forensi
Con il termine figlicidio si suole indicare l’uccisione del figlio da parte del genitore – sia il padre che la madre –. Questo reato, nel nostro ordinamento penale, non esiste, ma vengono puniti i comportamenti criminosi che rientrano nel reato di infanticidio (art. 578 c.p.) e in quello di omicidio volontario (art. 575 c.p. e segg.). Per quanto concerne il reato di infanticidio, esiste un trattamento penale particolare poiché, essendo considerato una fattispecie criminosa meno grave di omicidio posto in essere nei confronti del neonato, in circostanze difficili e sotto la spinta di pressioni sociali. Nell’infanticidio viene punita tale condotta: “… la procurata morte del neonato immediatamente dopo il parto o del feto durante il parto, da parte della propria madre, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connessi al parto” (art. 30 578 c.p.); essa è punita con la reclusione da quattro a dodici anni. In questa fattispecie criminosa il soggetto che compie il reato può essere solo la madre.
Se si analizzano gli studi di criminologia più recenti riguardanti la personalità della madre autrice di figlicidio, si nota come essi abbiano evidenziato sinteticamente due aspetti abbastanza significativi: da un lato la presenza di situazioni e di dinamiche psicologiche più complesse rispetto a quelle evidenziate un tempo; dall’altro la maggiore importanza che oggi, in molti più soggetti, hanno le componenti di tipo psicopatologico. Dal momento che le dinamiche psicologiche sembrano essere tanto diversificate, sembra impossibile delineare un profilo che sia sufficientemente omogeneo. Nella percezione sociale, per l’infanticida, si vengono a considerare le pressioni ambientali – le condizioni di abbandono materiali e morali –; alcuni osservano l’autore dell’infanticidio in chiave psicopatologica. C’è chi parla di “sindrome dell’infanticida”, con lo scopo di evidenziare i tanti e vari fattori che intercorrono nella condotta criminosa. Altri autori, invece, tengono in considerazione maggiormente alla presenza di tratti caratteriali, come la disaffettività, l’aggressività e la mancanza di senso morale. Altri poi hanno cercato di mettere in evidenza 31 che molte delle donne infanticide sono state maltrattate in modo violento durante la loro infanzia, o che alcune addirittura hanno riportato traumi sessuali dai quali potrebbe derivare l’ostilità e il senso della rivalità. Spesso uno o entrambi i genitori avranno avuto scoppi incontrollabili d’ira, durante i quali la figlia – futura infanticida – era oggetto degli atti di violenza. In molti casi, inoltre, appare disturbata la relazione con il partner. E’ molto importante far presente che sono state messe in rilievo importanti differenze tra le madri che uccidono il neonato e le madri che uccidono il loro figlio ancora in tenera età. Uccidere il neonato psicologicamente presenta delle differenze rispetto ad ucciderlo quando c’è stata una lunga convivenza e si sono instaurati legami che sono derivati dalla comunanza di vita. Innanzi tutto è risaputo che frequentemente c’è la necessità di una maturazione affettiva della madre nei riguardi del neonato: come se l’amore della madre, per venir fuori, avesse bisogno di un determinato periodo di tempo. Inoltre, le puerpere possono provare, di frequente, sentimenti di ostilità ed estraneità: il neonato, quindi, può essere visto come oggetto, come parte del corpo materno, di cui perciò si può disporre liberamente. Sul piano soggettivo, alcune madri 32 infanticide, più che uccidere un essere vivente, hanno la sensazione di impedire al neonato di iniziare a vivere: nella dinamica psicologica, l’azione di uccidere un neonato subito dopo il parto può essere letta come un aborto tardivo, che viene attuato a causa di situazioni difficili che impediscono alla donna di affrontare serenamente la maternità. Un altro aspetto a cui è legato il reato di infanticidio riguarda la presenza di patologie mentali nell’infanticida. Tra le condizioni morbose, hanno maggior rilievo le oligofrenie, le psicosi – in modo particolare la schizofrenia –, le psicosi puerperali, l’immaturità, le forme depressive, l’etilismo e gli stati epilettici. Però, essendo il numero dei casi limitato, non si può fare una generalizzazione – e quindi un ritratto tipo né psicologico né socio-ambientale – della madre autrice di infanticidio. Probabilmente, l’aver reso legale l’aborto è un fattore sociale che ha inciso molto sulla diminuzione del fenomeno nella nostra società, anche se i dati di quest’ultimo periodo direbbero il contrario.
Chiara sembra rientrare tra alcune madri che uccidono o lasciano morire il proprio neonato immediatamente dopo il parto. Sono soprattutto madri molto giovani, senza una situazione sociale chiara con il compagno, il quale quasi sempre è una persona più grande che abbandona la ragazza subito dopo averla messa in cinta. Sono madri che spesso dipendono molto dai legami familiari, con una personalità immatura, tratti infantili, regressivi e narcisistici; inoltre tendono spesso ad una negazione isterica della gravidanza, comportandosi come se non fossero incinte: cercano di usare un abbigliamento che permette di dissimulare la loro gravidanza alla loro famiglia e sul luogo di lavoro, e durante i nove mesi non richiedono consulenze ginecologiche o visite mediche.
Interessante a mio avviso e guardare allo sdoppiamento avvenuto in Chiara.
In questa ragazza c’è stata un’esperienza profonda com’è quella della maternità senza aver le risorse psichiche per soggettivarla.
Qualcosa viene troppo in anticipo, accade troppo precocemente, troppo presto. Il soggetto non ha gli strumenti per mentalizzare quello che sta accadendo a se stesso ed al suo corpo.
In questo modo il parto sembra assomigliare a un processo di evacuazione, di liberazione, di separazione da un oggetto bizzarro che ha occupato il proprio corpo.
Potremmo ipotizzare una visione di Chiara ancora adolescente e una visione di Chiara che deve affrontare la maternità.
Senza voler emettere una sentenza o un giudizio di valore, può essere interessante, a mio avviso, notare come attualmente l’assoluta libertà adolescenziale possa provocare una sorta di collasso circa la responsabilità.
Il professor Recalcati sottolinea come il giorno dopo l’atto criminale non ci sia stato un drammatico tormento morale dell’uomo ma l’organizzazione di una vacanza, il ritorno ai propri affari quotidiani come in un giorno come tutti gli altri nell’assoluta assenza di senso di colpa.
Bisognerebbe, probabilmente, interrogarsi sui sentimenti di Chiara e su come in essa si possa leggere una sorta di frattura emotiva che, anche durante l’atto e in precedenza, ha separato la componente emotiva da quella cognitiva.
Perché Chiara e la sua gravidanza non sono state viste? Perché il senso di colpa sembra inesistente?
Forse, a questi perché non ci sono risposte… si può solo partire da questi reati per pensare che preventivamente la scuola, la famiglia o la società dovrebbe vedere anziché etichettare.
Si vede bene solo con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.
(Antoine de Saint-Exupéry)