come si sviluppa la memoria che noi abbiamo di noi stessi?

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Teresa Colaiacovo - come si sviluppa la memoria che noi abbiamo di noi stessi?

“…I miei ricordi sono i ricordi particolari di bambina, che poi ho confrontato con chi da grande aveva vissuto insieme a me questo momento o il viaggio, mia mamma e altre persone. Dico sempre, questi ricordi sono come le tesserine di un mosaico, ognuno mette una pietruzza di un colorino diverso per poi avere una visione d’assieme e raccogliendo tante voci il coro poi dice qualcosa. (Intervista a Anna Rismondo)[1]

Gli studi sulla memoria autobiografica nell’infanzia hanno cercato di approfondire cosa e come i bambini ricordano i loro episodi di vita e quanto questi episodi rappresentino il mosaico che “dipinge” la propria storia personale.

Diversi studi dimostrano che la memoria autobiografica sia un processo multisfaccettato che include le componenti della memoria semantica ed episodica.[2]

Le ricerche suggeriscono che le due forme di memoria autobiografica possono essere differenziate, non solo nella distinzione della loro proprietà, ma anche nello sviluppo delle loro traettorie e nell’attivazione delle regioni neuronali.[3]

La memoria episodica è associata ad un’evidente attività dell’ippocampo, mentre la traettoria di sviluppo risulta più lenta e graduale rispetto al recupero della memoria semantica.[4]

Il periodo che va dalla nascita alla prima infanzia, quando il linguaggio è poco sviluppato, mostra come sia difficile investigare i fattori della memoria autobiografica episodica e semantica nei primi mesi di vita.

Recentemente, alcuni autori hanno proposto l’incapacità di ricordare eventi di vita nell’infanzia come divisi in due distinti periodi di amnesia: l’amnesia infantile che avviene intorno ai primi 2 anni di vita ne rappresenta una completa assenza di memoria autobiografica episodica e l’amnesia della fanciullezza (childhood amnesia) che intercorre più avanti tra i 3 ed i 5 anni. [5]

Durante il periodo dell’amnesia infantile, quindi, il neonato sviluppa una prima forma di memoria semantica e solo dopo una forma di memoria episodica.

La ricerca degli anni ’90 di Fivus e Hamond ha mostrato come i bambini tra i 2 ed i 4 anni di età possano recuperare ricerche di eventi passati specifici, come ricordi di gite, dopo un lungo periodo di tempo.

Questa ricerca precisa, però, che la precoce conoscenza dell’evento potrebbe rappresentare solo una forma primitiva di memoria autobiografica in quanto è spesso frammentata, semantica e legata all’associazione con cues o con domande di supporto da parte degli autori. [6]

L’apparente assenza della memoria autobiografica ed episodica durante il periodo dell’amnesia infantile potrebbe dipendere da un funzionamento immaturo dell’ippocampo, e soprattutto da un limitato processo di codifica e di immagazzinamento dei dettagli associati all’evento specifico.[7]

È bene sottolineare che è proprio l’ippocampo, la struttura del lobo temporale mediale, deputata alla formazione, al consolidamento e al recupero dei ricordi autobiografici; diversi studi mostrano, inoltre, come la memoria episodica sia maggiormente legata all’attività dell’ippocampo rispetto alla memoria semantica[8]

La prospettiva di Pernern e Ruffman sottolinea come i bambini siano incapaci di sperimentare integralmente l’esperienza passata degli eventi nel momento in cui avviene il recupero, finché non acquisiscano l’abilità di comprendere il proprio stato mentale nel passato e nel futuro.[9]

Lo sviluppo della memoria autobiografica episodica tra i 3 ed i 5 anni potrebbe essere legato alla maturazione delle regioni cerebrali e delle connessioni neuronali implicate nella maturazione stessa della memoria, in particolare l’ippocampo e la corteccia frontale.

La corteccia prefrontale è stata identificata come una regione critica per il recupero della memoria autobiografica perché controlla il processo di costruzione del sé, così come il processo mnemonico di ricerca, recupero e valutazione attraverso l’interazione tra l’ippocampo e lobo temporale mediale.[10]

Si conosce ancora poco su come funziona la memoria dei bambini in relazione ai parametri temporali per gli eventi passati.

L’organizzazione temporale degli eventi è fondamentale per lo sviluppo della memoria autobiografica; per capire lo sviluppo della memoria diventa necessario determinare lo stato di sviluppo della capacità del bambino di formare e recuperare ricordi autobiografici.

Molte ricerche hanno mostrato che entro il secondo anno di vita, i neonati sono in grado di ordinare una sequenza di azioni all’interno di un evento.[11]

A tal punto è interessante lo studio di Friedman sui cambiamenti, legati all’età del bambino, inerenti la comprensione temporale; ai bambini era stato chiesto di recuperare eventi unici accaduti da una a sette settimane, i bambini di 4, 6 e 8 anni sono stati in grado di fornire accuratezza nella ritenzione del tempo dell’evento passato.

I bambini più piccoli hanno mostrato di avere successo nel compito solo se almeno uno degli eventi era accaduto nel passato recente e se c’era una grande distanza temporale tra gli stessi.

Nello specifico risulta evidente che i bambini di 4 anni non sono ancora in grado di identificare l’ora, il mese o la stagione del giorno in cui è accaduto l’evento.[12]

In generale, è stato riconosciuto che la memoria dei bambini per gli eventi personali rilevanti è considerata maggiormente recuperabile rispetto agli eventi di memorie recuperate in laboratorio.[13]

La capacità di ordinare eventi personali unici e collocarli in una scala temporale convenzionale sono elementi base per la creazione della propria storia di vita, come in un puzzle ogni pezzo ha una collocazione precisa, così gli eventi e le relative emozioni hanno bisogno di una data per poter descrivere se stessi anche solo a se stessi.

Fivush, a tal proposito, ha suggerito che al fine di creare una storia autobiografica sui propri episodi di vita, gli eventi personali dovrebbero essere collegati ed organizzati su una linea del tempo personale.[14]

È stato ampliamente dimostrato come l’emozione, quindi un’integrazione tra sistemi di cognizione e sistemi di emozione, influenzi l’accuratezza, la longevità e la vividezza della memoria.[15]

Il contenuto emotivo è piuttosto presente e rilevante nelle memorie autobiografiche personali e responsabile della longevità del ricordo.[16]

Negli adulti sia il comportamento che il processo neurale differiscono dal tipo di valenza emotiva o di esperienza di quello specifico evento.

Nel comportamento, le narrazioni associate ad esperienze negative sono più lunghe, più complesse nella struttura e più coerenti rispetto alla descrizione delle esperienze positive.

Si può dedurre come la narrazione di esperienze negative contenga anche più emozioni negative oltre che una maggiore elaborazione cognitiva.

La letteratura sulla rappresentazione ed espressione degli aspetti emotivi dell’esperienza nei bambini è ridotta rispetto agli studi sugli adulti.

I pochi studi che hanno confrontato la rappresentazione di eventi positivi e negativi, hanno trovato, che come negli adulti, le narrazioni dei bambini che descrivono eventi negativi sono più coerenti e maggiormente focalizzate sulle cause e sulle spiegazioni rispetto a quelle di eventi positivi.[17]

Nell’adulto, il recupero di memorie autobiografiche è accompagnato al senso del rivivere l’evento e l’emozione.[18]

Gli adulti, quindi, mostrano alti punteggi nella vividezza e intensità dell’emozione dell’evento rievocato, rispetto ai bambini che, invece, mostrano valutazioni più approssimative nel riconoscimento degli stimoli personalmente rilevanti, legati al ricordo autobiografico.[19]

Uno studio su bambini dai 7 ai 10 anni ha messo in luce come questi ultimi fornissero brevi narrazioni su eventi personali passati in risposta a parole associative, cue words.

La tecnica delle cue words, inoltre, ha ottenuto vantaggi anche per le emozioni positive, negative e neutrali degli eventi personali del passato, anche se la parola associativa è neutra ha comunque la capacità di suscitare il ricordo di un evento e dell’emozione provata.[20]

È interessante citare uno studio recente che si è occupato di esaminare il recupero delle memorie autobiografiche in bambini di età scolare attraverso la misurazione degli ERPs[21] utilizzando la tecnica delle neutral cue words.

In questo studio, un gruppo di bambini è stato istruito a pensare ad eventi negativi passati e un altro gruppo a pensare ad eventi positivi del passato.

La procedura prevedeva la registrazione degli ERPs per misurare la modificazione dei siti coinvolti nel processo di attivazione delle emozioni per l’evento passato.

I bambini dai 7 ai 10 anni hanno generato memorie appropriate rispetto alla valenza emotiva richiesta dalle istruzioni.

Le risposte neutrali differivano in funzione della valenza emotiva degli eventi associati alle cue words in funzione del genere.

Si sono verificati differenti modificazioni dell’ERPs relative alle emozioni positive, negative e neutrali, e nessuna differenza tra le risposte a stimoli negativi e neutrali.

Rispetto all’attivazione dei siti della regione frontale, le femmine hanno evidenziato un processo più veloce per le emozioni positive, mentre i maschi un processo più veloce per le emozioni negative.

In conclusione, gli studi suggeriscono come la maturazione della memoria autobiografica avvenga in maniera progressiva; questo tipo di memoria emerge nel bambino dalla seconda metà del primo anno di vita fino al terzo anno di vita per poi continuare negli anni della prima infanzia all’adolescenza, e coinvolge la maturazione e l’attivazione di diverse regioni e substrati neurali.

Tav. 1 I disturbi quantitativi della memoria: le amnesie psicogene.

<div><p>Causate da disturbi affettivi in soggetti con strutture cerebrali intatte</p></div>
<div><p>AMNESIA INFANTILE</p></div>
<div><p>AMNESIA DISSOCIATIVA</p></div>
<div><p>Perdita di ricordi storia personale</p></div>
<div><p>Sistematizzata(solo avvenimenti specifici)</p></div>
<div><p>Localizzata (periodi di ore o settimane)</p></div>
<div><p>Generalizzata. Confusione o perdita identità</p></div>

[1] Calimani, A. V.S, (2005). Le memorie dei bambini

[2] Levine, L.J., e Safer, M.A. (2002) Sources of bias in memory for emotions. Current Directions in Psychological Science, 11, 169-173.

[3] Maguire, E.A. e Frith, C.D. (2003). Aging affects the engagement of the hippocampus during autobiographical memory retrieval. Brain, 126, 1511–1523.

 

 

[4]   Piolino, P., Hisland, M., Ruffeveille, I., Matuszewski, V., Jambaqué, I., e Eustache, F. (2007). Do school-age children remember or know the personal past? Consciousness Cognition,  16: 84-101

[5] Newcombe, N.S., Lloyd, M.E. e Ratliff, K.R. (2007). Development of episodic andautobiographical memory: A cognitive neuroscience perspective. In Kail, R.V. (Ed.), Advances in childdevelopment and behavior (Vol. 35, pp. 37-85). San Diego, CA: Elsevier.

[6] Fivush, R., e Hamond, N.R. (1990). Autobiographical memory across the preschool years: Toward reconceptualizing childhood amnesia. In R. Fivush & J. A. Hudson (Eds.), Knowing and remembering inyoung children (pp. 223-248). New York: Cambridge University Press.

[7] Bauer, P.J. (2007). Recall in infancy: A neurodevelopmental account. Current Directions in Psychological Science, 16, 142-146. Reprinted in Readings on the Development of Children (2008). M. Gauvain e M. Cole, (Eds.) New York, NY: Worth Publishers.

[8] Viskontas, I., McAndrews, M.P., e Moscovitch, M. (2000). Remote episodic memory deficits in patients with unilateral temporal lobe epilepsy and excisions. Journal of Neuroscience, 20 (15), Vyas, A., Mitra, R. e Chattarji, S. (2003.) Enhanced anxiety and hypertrophy in basolateral amygdala neurons following chronic stress in rats. The Amygdala in Brain Function: Basic and Clinical Approaches, Ann. N.Y. Acad. Sci. 985.

[9] Wheeler, M.A., Stuss, D.T., & Tulving, E. (1997). Towards a theory of episodic memory: The frontal lobes and autonoetic consciousness. Psychological Bulletin, 121, 351-354.

 

[10] Fivush, R. (1993). Emotional content of parent-child conversations about the past. In C. A. Nelson (Ed.), Memory and affect in development: The Minnesota Symposia on Child Psychology (Vol. 26, pp. 39- 77). Hillsdale, NJ: Erlbaum.

[11]  Wheeler, M.A., Stuss, D.T., & Tulving, E. (1997). Towards a theory of episodic memory: The frontal lobes and autonoetic consciousness. Psychological Bulletin, 121, 351-354.

[12] Friedman, WJ. (1992). Children’s time memory: The development of a differentiated past. Cognitive Development, 7:171–187.

[13] Mandler, J.M. (1983). Structural invariants in development. In L. Liben (Ed.), Piaget and the foundations of knowledge. Hillsdale, NJ: Lawrence Erlbaum Associates.

[14]   McAdams, D.P., Reynolds, J., Lewis, M., Patten, A.H., e Bowman, P.J. (2001). When bad things turn good and good things turn bad: Sequences of redemption and contamination in life narrative and their relation to psychosocial adaptation in midlife adults and in students. Personality and Social Psychology Bulletin, 27, 474-485.

[15] Talarico, J.M., LaBar, K.S., e Rubin, D.C. (2004). Emotional intensity predicts autobiographical. memory experience. Memory & Cognition, 32, 1118-1132.

[16] Brewer, W.F. (1996). What is recollective memory? In D. C. Rubin (Ed.), Remembering our past. Studies in autobiographical memory (pp. 19–66). Cambridge, England: Cambridge University Press.

[17]  Bauer, P.J., Stark, E.N., Lukowski, A.F., Rademacher, J., Van Abbema, D.L., e Ackil, J.K. (2005). Working together to make sense of the past: Mothers’ and children's use of internal states language. Journal of Cognition and Development, 6, 463-488.

[18] Fivush, R. (2001). Owning experience: the development of subjective perspective in autobiographical memory. In C. Moore & K. Lemmon (Eds). The self in time: developmental perspectives (pp. 35-52). Mahwah, NJ: Erlbaum.

[19] Rubin, D.C., Schrauf, R.W., e Greenberg, D.L. (2003). Belief and recollection of autobiographical memories. Memory & Cognition, 31, 887–901.

[20] Bauer, P.J., Burch, M.M., Scholin, S.E., e Güler, O.E. (2007). Using cue words to investigate the distribution of autobiographical memories in childhood. Psychological Science, 18, 910-916.

[21] Un potenziale evento-correlato (sigla ERP dall'inglese event-related potential) è una risposta cerebrale misurabile, che si forma direttamente come risultato di un pensiero oppure di una percezione. In una definizione più formale, è qualsiasi risposta elettrofisiologica a uno stimolo interno koppure esterno. Gli ERP vengono misurati con l'elettroencefalografia (EEG). Potenziali equivalenti si registrano nella magnetoencefalografia (MEG) dove la controparte degli ERP è la campo evento-correlato ERF (event-related field). Colin M Brown, Peter Hagoort, The cognitive neuroscience of language, in Colin M. Brown and Peter Hagoort (a cura di), The Neurocognition of Language, New York, Oxford University Press, 1999, p. 6

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