COME NASCONO E COSA SONO I DISTURBI PSISOMATICI

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Teresa Colaiacovo - COME NASCONO E COSA SONO I DISTURBI PSISOMATICI

” il sintomo è una metafora…” Lacan

I disturbi psicosomatici (o somatoformi) sono caratterizzati dalla presenza di sintomi fisici che suggeriscono l’esistenza di un disturbo organico (da qui somatoforme), i cui sintomi però in realtà non sono giustificati né da una condizione medica generale, né dagli effetti diretti di una sostanza e né da un altro disturbo mentale: in pratica non esistono reperti organici che li possano dimostrare o meccanismi fisiologici noti che li possano spiegare, e per i quali esiste l’ipotesi, che siano legati a meccanismi e conflitti psicologici.

Si tratta, in effetti, di conflitti dell’individuo, prima col mondo esterno e poi intrapsichici; tali conflitti possono provocare manifestazioni mentali o somatiche, oppure entrambe, in proporzione variabile. Solitamente l’insorgere di tali meccanismi viene attribuita a stress, ad ansia, paura o ad un forte disagio, che attivano ( talvolta in maniera smisurata, come se ci si trovasse sempre in situazioni di emergenza) il sistema nervoso autonomo, il quale a sua volta risponde con reazioni vegetative che causano problemi fisici. 

 disturbi di somatizzazione possono comportare la compromissione di più apparati; possono presentarsi, quindi:

-disturbi dell’apparato gastrointestinale: quali nausea, meteorismo, vomito, diarrea, colite, ulcera, gastrite, intolleranza a cibi diversi;

-disturbi dell’apparato cardiocircolatorio: quali aritmia, ipertensione, tachicardia;

-disturbi dell’apparato urogenitale: quali dolori e/o irregolarità mestruali, disfunzioni dell’erezione e/o dell’eiaculazione, anorgasmia, enuresi;

-disturbi dell’apparato muscolare: quali cefalea, crampi, torcicollo, mialgia, artrite: un muscolo contratto è un muscolo arrabbiato.

-disturbi della pelle:quali acne, psoriasi, dermatite, prurito, orticaria, secchezza cutanea e delle mucose, sudorazione eccessiva;

-disturbi pseudo-neurologici: quali sintomi da conversione come alterazioni della coordinazione e/o dell’equilibrio, paralisi o ipostenie localizzate, difficoltà a deglutire, afonia, cecità, sordità, diplopia, amnesie;

-disturbi del comportamento alimentare: quali anoressia, bulimia, binge eating.

Affinché si possa parlare di disturbo di somatizzazione, deve essere presente una storia di molteplici lamentele fisiche, cominciata prima dei 30 anni, che portano ad una continua ed estenuante ricerca di trattamento, e talvolta anche di continui interventi chirurgici, ad un punto tale da poter causare significative menomazioni nel funzionamento sociale, lavorativo, o in altre importanti aree della vita della persona.[1]

Un po’ come quando leggendo un libro vogliamo leggere noi stessi, nella mia ricerca mi sono interessata ad un altro disturbo psicosomatico detto:

 “Disturbo di conversione”, un nome che può apparire criptico o obsoleto ma che caratterizza .

 uno o più sintomi o deficit riguardanti funzioni motorie volontarie o sensitive, che suggeriscono una condizione medica generale; si ritiene che qualche fattore psicologico sia associato col sintomo o col deficit, in quanto l’esordio o l’esacerbazione del sintomo o del deficit è preceduto da qualche conflitto o da un altro tipo di fattore stressante.  Chi soffre di questo disturbo può lamentare:

  • Paralisi braccia/ gamba, , perdita della sensibilità, per esempio le mani a manicotto o a guanto.

Questo disturbo è una forma di somatizzazione in cui i fattori mentali vengono espressi come sintomi fisici.

Lo stesso Freud già qualche secolo fa attraverso il concetto di conversione tentò di spiegare quel salto dallo psichico all’innervazione somatica, quindi aveva già anticipato le attuali teorie che vedono il sintomo corporeo come la conseguenza di una condizione psichica caratterizzata da un carente sviluppo delle capacità di mentalizzazione e simbolizzazione.

Possiamo quindi sintetizzare i disturbi psicosomatici di conversione come sintomi in cui la pulsione, invece di manifestarsi in modo diretto è convertita in qualcos’altro.[2]

Oggi Tra i  sintomi di coversione i criteri diagnostici per la ricerca psicomatica (DCPR) aggiungono altri aspetti: ambivalenza o indifferenza verso i propri sintomi, caratteristiche di personalità istrionica, rapidi cambiamenti di umore, suggestionabilità, tendenza ad identificarsi nelle malattie degli altri e la partecipazione dei sintomi in occasione di uno stress psicologicoLa maggior parte degli stressor, quindi dei fattori stressogeni sono di natura psicosociale, basati su ruoli, gerarchie e norme di comportamento. Lo stimolo che innesca la reazione emotiva è di natura mediata, dipende cioè dalla valutazione cognitiva dipendente dai ricordi di esperienze precedenti, inferenze anticipatorie, associazioni simboliche e situazioni sociali. Se ragioniamo  un attimo sul concetto di trauma (ma anche di esperienza) possiamo affermare direi che non è ciò che ci accade, ma come viviamo noi quello che ci accade… è proprio perché è nostro, questo vissuto che ci appartiene o a cui apparteniamo, si può fare qualcosa.

Frequentemente, quindi,  lo stimolo si origina dal mondo interno dell’individuo, senza cause esterne. Mentre la componente biologica parte immediatamente, la reazione comportamentale non può essere sempre messa in atto immediatamente. Nell’animale e nel neonato, per esempio, i due programmi biologico e comportamentale si innescano contemporaneamente, nell’adulto lo sviluppo, l’imprinting, l’apprendimento e i fattori ambientali contingenti tendono ad inibire l’uno o l’altro programma creando stili di risposta individuali somatici o comportamentali. I comportamenti somatici sono quelli in cui non c’è abbastanza posto per i molteplici bisogni della persona e che quindi non sono in grado di dare al suo mondo interno un ponte sufficiente per il mondo esterno lasciandolo in uno stato di perenne insoddisfazione più o meno consapevole. La gravità del sintomo dipende dall’importanza dei bisogni che rimangano paralizzati dentro .L’ipocondria stessa viene associata ad un disturbo psicosomatico dato che ha a che fare con il fatto che l’ansia, l’addoloramento, il malessere psichico possono essere percepiti sia in forma di emozione che di sensazione e da qui vediamo sintomi come ipertensione, dolore fisico, sensazioni di essere malati .I sintomi psicosomatici sono il risultato di una mancanza di consapevolezza da parte di chi ne soffre della presenza di forti stati di stress, di rabbia spesso soffocata, di forte disagio, di paure, di angosce, di lunghe sofferenze, di   ansie e preoccupazioni. Il sintomo somatico da voce, ma catalizza anche l’attenzione che viene mantenuta spesso focalizzata solo unicamente sul corpo.[3]

A volte possono essere intesi come una difesa con la funzione di proteggere l’individuo da emozioni dolorose e talvolta intollerabili, un po’ come la nostalgia che ci protegge dal dolore della vicinanza del lontano. Pur non avendo una causa organica causano disagi e difficoltà nel funzionamento sociale, relazionale e lavorativo così come in altri ambiti della sfera della vita privata della persona.

Nelle malattie psicosomatiche quindi, considerate espressione nel corpo di conflitti, di stati di sofferenza mentale o di disagio psichico, è invece importante lasciare spazio a quel “non detto” a quel “non conosciuto” che contengono messaggi importanti per la persona sofferente. Il mondo delle emozioni a volte appare come un pianeta sconosciuto e talvolta un mondo da temere da parte della persona che tende a somatizzare; potrebbe invece rivelarsi una grande opportunità per trovare nuovi e più funzionali strumenti  per affrontare la vita .

In alcune circostanze noi sentiamo di avere un  corpo, lo osserviamo nelle sue modificazioni, valutiamo le sue prestazioni e ne individuiamo i segnali prestando attenzione a dolori fastidi e sensazioni atipiche. In alcune situazioni noi siamo il nostro corpo e viviamo in esso, integrando le percezioni provenienti da organi e tessuti elaborandole in un vissuto psicologico caratterizzato da emozioni, pensieri e fantasie.Spostare i disturbi sul piano somatico toglie alla persona la possibilità di interagirci con successo, ma allo stesso tempo toglie anche la responsabilità del proprio stato d’animo e spesso rifiutando la responsabilità è il solo modo per difendersi da richieste interne a cui non si è capaci di far fronte.Parlare è sempre parlare all’altro, la domanda che a questo punto si pone è chi è la persona che soffre di un disturbo non riesce a parlare?Credo che l’altro sia sempre quell’estraneo che ci abita, quell’estraneo che ha i tratti del bambino che siamo stati e che ha ancora bisogno di essere rassicurato, accolto.

 il soggetto psicosomatico presenta un’insufficienza, costituzionale o acquisita, dei processi di mentalizzazione, cioè di elaborazione psichica dell’emozione attraverso il pensiero, e un’accentuazione del pensiero operativo, sempre aderente alla realtà concreta e incapace di vita fantastica

L’incapacità di mentalizzazione può dipendere sia dal soggetto stesso che non l’ha maturata durante l’infanzia, sia dalla relazione con la madre.[4]

A tal proposito interessante è stato chiedermi che bambino è stato interrogarci che bambino è stato l’adulto che soffre di questi disturbi? In quale famiglia ha vissuto?

È doveroso a tal proposito fare una regressione sull’infanzia dell’adulto con disturbi psicosomatici.

Il senso dell’io sia nell’adulto e ancor prima nel bambino è rappresentato dalla percezione di un’unità psichica e corporea sia nel tempo che nel contenuto, questa concezione è importante per definire il confine dell’io: un organo di percezione periferica che si adegua agli Stati cangianti del senso dell’io delimitando l’io dal non io.

 l’esperienza del dolore  si articola in due modi

  • uno soffrire per un dolore in questo senso il dolore è incluso nel confine dell’io dell’io, quindi elaborato
  • due sentire dolore in questo caso il dolore rappresenta un attacco all’io  e non è elaborato .

le esperienze dolorose non possono essere respinte definitivamente perché si accumulano, proprio l’accumulazione di queste esperienze causano poi depressione, mania e disturbi psicosomatici.

Il sintomo psicosomatico sembra stia a significare un modo per risparmiare ad un io troppo debole lo sforzo dell’elaborazione dell’esperienza dolorosa sostituendo si all’esperienza interna del dolore  tentando di mantenere integra la personalità  e riempiendo il buco dell’io .

Cos’è il buco dell’io? che è rappresentato dalla figura materna; Il buco dell’io e il primitivo rapporto con la figura materna. Il se infantile che partendo dall’unità psicosomatica simbiotica madre/ bambino .[5]

L’io corpo del bambino rappresenta la funzione di specchio della madre che reagendo verso il figlio contribuisce a sviluppare la sua identità primaria.

È decisivo per il figlio che la madre comprenda i suoi disagi , quindi che riesca a regredire alle espressioni fisiche indifferenziate del bambino, restituendole decodificate per permettere a quest’ultimo di costruire il proprio confine dell’io e la propria identità. Un primitivo disturbo di questo rapporto duale si configura come un disturbo primario.

La difficoltà nella madre di comprendere il senso corporeo del linguaggio del figlio , di contenerlo crea nel bambino un buco; l’io non può vivere con un buco, il neonato in questo modo è in balia di un oggetto indifferenziato, percepisce la madre come non sufficientemente buona (Winnicott).[6] Per sostenere quest’angoscia il bambino scinde dall’Io l’intero settore esperienziale. Nell’io, quindi, si crea un buco nel quale il bambino è in balia di un oggetto indifferenziato, minaccioso, ma dal quale è dipendente. L’unico modo che ha per difendersi è eliminare il buco e ricostruire i confini della sua identità personale inserendo in questo vuoto un sintomo psicosomatico attraverso il quale ottiene le cure che gli sono state negate. Il paziente psicosomatico, infatti, anziché domandarsi chi sono io, si domanda cos’ho io?

Queste madri, senza voler colpevolizzare nessuno in quanto a loro volta probabilmente hanno avuto dei disagi personali, vivono per essere madri perfette di un bambino perfetto, sono madri non sufficienti nella loro identità ed attraverso l’idealizzazione di ciò che gli appartiene (la maternità) possono sentirsi meglio.

Il bambino in quest’ottica, , quindi, comincia ad avere sintomi corporei (diarrea, stipsi, problemi alla pelle) in tal modo la madre può prendersi cura di lui confermandole inconsciamente di essere una madre perfetta, assolvendo alla funzione narcisistica materna di sentirsi perfetta.

Il sintomo somatico, in tal senso, crea una sorta di omeostasi tra la madre che può sentirsi perfetta fuggendo dalla propria ambivalenza con la dedizione verso il figlio e il bambino, alla stesso tempo, libera settori dell’io anche se ha detto No a se stesso,  assumendo un sintomo che è presente nel conflitto di identità della  madre . In questo modo ognuno dei due partecipanti ha riempito il buco dell’altro.

Sono numerose le ricerche che spiegano l’importanza del contatto fisico materno (carezze, abbracci) contribuiscono fin dalla nascita allo sviluppo di attività come la respirazione, la vigilanza, le difese immunitarie e la socievolezza oltre che il senso di sicurezza essenziali per un regolare sviluppo sessuale oltre che per la salute mentale.

 Altro effetto sul funzionamento corporeo della relazione madre-figlio, dovuto al contatto fisico, è l’aspetto di termoregolazione: una madre riesce a mantenere la temperatura corporea del suo piccolo al pari di apparecchi da riscaldamento altamente tecnologici, nel momento in cui il figlio nudo ed asciutto viene posizionato pelle a pelle sul suo petto.

Questo evidenzia come anche modalità di annullamento degli stimoli emotivi spiacevoli comportano disturbi somatici in cui l’individuo non abituato a gestire le reazioni di stress si trova in condizioni di disreattività biologica. .quest’aspetto configura l’alessitimia. La circostanza in cui la persona (adulto o bambino che sia) non riesce a  trovare le parole per comunicare il suo stato d’animo, le sue emozioni.

Che famiglia ha o ha avuto chi soffre di disturbi psicosomatici?

Le famiglie psicosomatiche sono famiglie invischiate in cui vi è una scarsa differenziazione tra i membri che le compongono.Ciascun familiare si intromette nei pensieri e nei sentimenti degli altri con conseguente assenza di privacy e di spazio psicologico individuale.In queste famiglie i confini sono deboli, il cambiamento in un membro, infatti, si riflette inesorabilmente su tutto il sistema.Le famiglie psicosomatiche sono, inoltre, gruppi iperprotettivi.Ogni membro della famiglia si interessa allo stato di benessere degli altri con alti livelli di sensibilità a qualsiasi segno di malessere dei propri congiunti.Tale iperprotettività può indurre la mancanza di autonomia nei figli i quali, a loro volta, sentono la responsabilità di proteggere la famiglia e i genitori stessi.

ACCUDIMENTO INVERTITO- bambino si genitorializza, comprende quali sono i bisogni del genitore e realizza che andare incontro ad essi, prendendosi cura dell’altro è l’unico modo per essere pensato dalla figura di attaccamento.

Sintomi di ansia e depressione, la forza di questi sintomi sarà direttamente proporzionale al periodi di accudimento invertito.

I bambini ipercurati sono soggetti a sviluppare disturbi legati alla sfera dell’alimentazione e del sonno; bambini, inoltre che avranno difficoltà nei processi legati al decision making perché c’è sempre un altro che decide al posto loro. Molti studi dimostrano che questi bambini rischiano di sviluppare fobie, ipocondrie, disturbo di conversione e difficoltà legate alla sfera sessuale prima dell’adolescenza.

l’ipeprotezione, inoltre, potrebbe  condurre ad un mancato svincolo nei figli che potrebbero non riuscire a costruirsi una propria vita autonoma perché intrappolati nelle dinamiche della propria famiglia di origine.In questi gruppi familiari si assiste inoltre alla tendenza all’evitamento del conflitto.Ogni discussione o elemento di crisi viene messo a tacere per la paura che esplicitandolo possa avvenire la rottura dei legami.Molte famiglie psicosomatiche negano l’esistenza di qualsiasi problema, non vedono alcun motivo di disaccordo e sentono di godere di un consenso e di un’armonia totali.Altre famiglie psicosomatiche sono apertamente in disaccordo, ma continue interruzioni e cambiamenti di argomento annebbiano ogni problema prima che si possa giungere ad una soluzione.Oltre a queste caratteristiche, il fattore chiave che può indurre allo sviluppo di un sintomo psicosomatico è costituito dal coinvolgimento dei figli nel conflitto genitoriale.

Il paziente con questi disturbi in genere è portatore di problemi per conto dell’intera famiglia ed è spesso funzionale al mantenimento di un’omeostasi della famiglia stessa che si ricompatta intorno al sintomo del paziente designato.

Il sintomo somatico è un ponte comunicativo, un po’ come se la persona potesse stabilire contatti solo se malata. La persona, in questo modo, si difende dalla solitudine.

Interessante, infatti, è evidenziare come spesso in pazienti con malattie croniche o disturbi psicosomatici si rintraccino relazioni familiari che mostrano di essere significative sia nella gestione che nel mantenimento dei sintomi oltre che nell’origine.

Questa osservazione nasce da un’osservazione fatta già in clinica specialmente pediatrica, che i bambini asmatici miglioravano solo durante il ricovero in ospedale indipendentemente dalle terapie e da come le giovani anoressiche avessero miglioramenti dello stato generale in rapporto ad un allontanamento dalla famiglia.

Minuchin come abbiamo già evidenziato sottolinea ancora come i membri si occupino eccessivamente degli altri.7

Questo è aggravato dal fatto che i confini generazionali non sono sufficientemente distinti e si ha spesso confusione dei ruoli, inoltre, c’è una negazione dei momenti critici del ciclo vitale come nascite, morte, fase adolescenziale. Il malato, in tal senso, assume il ruolo di stabilizzatore attirando su di se le preoccupazioni verso il cambiamento.

L’obiettivo degli interventi di terapia familiare è quello di modificare il funzionamento della famiglia e di prevenire che la malattia diventi un aspetto dominante nella vita della famiglia stessa e ridurne lo stigma. Il trattamento si focalizza sui processi familiari disfunzionali..

Una particolare attenzione va tenuta nelle malattie croniche dell’infanzia, che richiedono un riordino e un’organizzazione virtuosa del funzionamento familiare, specialmente a livello relazionale, del rapporto equilibrato e flessibile tra i ruoli, nell’attivare una possibilità di adattamento attivo (coping) per attenuare il significato negativo della malattia, nel mantenere l’equilibrio tra malattia e i bisogni vitali della famiglia.

Quali sono gli approcci utilizzati per il trattamento dei disturbi psicosomatici?

Nel prossimo articolo ne elencherò qualcuno.

Concludo con una frase di Hillman: ” le malattie sono confessioni dell’anima…”

[1] https://www.fioriti.it/griglie/DCPR.pdf

[2] Freud S. (1892-95), Studi sull’isteria, O.S.F, 1

[3] Seung S.H. (2013) Il Connettoma. Codice Edizioni, Torino: 2013

 

[4] https://www.spiweb.it/la-ricerca/ricerca/mentalizzazione/

[5] Bion W.R. (1962), Apprendere dall’esperienza, Roma, Armando, 1972

 

[6] Winnicott D.W. (1949), L’intelletto e il suo rapporto con lo Psiche-Soma, in Dalla Pediatria alla Psicoanalisi, Firenze, Martinelli, 1975 (1970), Sulle basi di Sé nel corpo, in Esplorazioni psicoanalitiche, Milano, Cortina, 1995

7  http://www.crpitalia.it/wp-content/uploads/2021/06/PRINCIPI-SISTEMICI-E-FAMIGLIA-PSICOSOMATICA-1-convertito.pdf

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