Una figlia tradita dal padre e l'uso di sostanze per essere vista

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Teresa Colaiacovo - Una figlia tradita dal padre e l'uso di sostanze per essere vista

“Un giorno Alice arrivò ad un bivio sulla strada e vide lo Stregatto sull’albero.
– Che strada devo prendere? chiese.
La risposta fu una domanda:
– Dove vuoi andare?
– Non lo so, rispose Alice.
– Allora, – disse lo Stregatto – non ha importanza.
– …basta che arrivi da qualche parte, aggiunge Alice come spiegazione.
– Oh, di sicuro lo farai, se solo camminerai abbastanza a lungo…“

Isabella ha 16 anni e viene accompagnata dai genitori che durante l’anamnesi dichiarano:

“ mia figlia fa uso di sostanze da un anno e il suo rendimento scolasti8co è peggiorato… noi teniamo alla sua istruzione e non vogliamo vederla così..”

Isabella annuisce mentre loro parlano e sembra rimpicciolirsi dentro il suo maglione senape.

Chiedo ai genitori cosa è cambiato secondo loro nell’ultimo anno e mi dicono, quasi una risposta all’unisono, “il comportamento di Isabella..”

Chiedo ad Isabella cosa secondo lei è cambiato nell’ultimo anno nella sua famiglia e mi dice: “ boh… loro dicono che sono io, io dico che non ho voglia di parlare se ci sono loro..”

Il padre stizzito dice: “ha visto come risponde dottoressa…anche a casa fa sempre così..”

Chiedo alla madre cosa pensa lei quando Isabella reagisce chiudendosi, e mi dice:” è come se fosse sempre arrabbiata con noi e ci punisce cosi…”

Il passaggio cruciale della transition to parenthood (Palkovitz e Sussman, 1989) è rappresentato dall’adolescenza dei figli. Il racconto della conquista dell’identità e dei problemi implicati in questo processo è stato oggetto di numerosi studi psicologici. La progressiva acquisizione di autonomia da parte dell’adolescente ha come cornice una storia che alterna una “presa di distanza”, spesso polemica, e una “richiesta di vicinanza”, in continua oscillazione tra l’esigenza di soddisfare i propri bisogni di esplorazione e la necessità di rassicurazione sull’affidabilità dei legami familiari. Fondamentale appare dunque l’esperienza dell’autonomia e del distacco, ma solo a partire da basi sicure e da solidi punti di riferimento: è dimostrato, per esempio, che l’essere cresciuti in un ambiente ricco di ritualità, in famiglie nelle quali il significato simbolico della vita è condiviso e stabilmente ancorato a valori di riferimento, favorisce negli adolescenti il senso d’identità (Fiese e Kline 1993).
Il compito evolutivo dell’adolescente è perciò segnato da quel lavoro emancipatorio che esiterà nell’acquisizione della piena responsabilità adulta con le sue componenti affettive, ideative e sociali.
Se è noto l’itinerario dell’adolescente, meno noto, ma altrettanto cruciale, è il fatto che anche i genitori dell’adolescente affrontano, dalla loro parte, il processo di svincolo, con le quote di dolore che ogni distacco implica. I genitori si trovano in una condizione per alcuni versi paradossale: devono infatti favorire un processo di svincolo che avrà come esito l’abbandono della relazione privilegiata con loro stessi.
Con l’adolescenza del figlio lo sviluppo della famiglia diventa un’impresa evolutiva congiunta di due generazioni. Quando i figli sono adolescenti la cura responsabile si traduce in un atteggiamento di “protezione flessibile” che tiene conto vuoi degli aspetti di dipendenza ancora presenti nella condizione adolescenziale, vuoi degli aspetti di autonomia e della loro difficile e mutevole composizione.
Molti studi e ricerche psicosociali si sono centrati sugli stili educativi dei genitori (Palmonari, 2001). In particolare il modello di Baumrid (1989) individua due dimensioni indipendenti: l’accettazione, che consiste nell’accettare il figlio per quello che è, valorizzandone le qualità personali senza pretendere di modellarlo secondo i propri criteri, ed il controllo, che consiste nel guidare e stimolare il figlio sia sul piano psicologico, sia su quello comportamentale. Un equilibrio armonico tra la funzione di sostegno e la funzione di guida dei genitori risulta essere lo stile educativo (stile autorevole) che maggiormente favorisce un adeguato superamento della transizione adolescenziale.
Ciò che occorre ribadire è dunque che affetto e norma non sono scelte educative alternative: comporre un giusto equilibrio di entrambe, sviluppando sia gli aspetti affettivi sia quelli normativi che consentono di interiorizzare il senso di ciò che è bene e male e di fare l’esperienza del limite, è il compito principale a cui padri e madri sono quotidianamente chiamati per garantire una sana crescita dei figli.

Dopo un’attenta disamina della famiglia chiedo uno spazio con Isabella… le domando cosa, secondo lei, non capiscono i suoi genitori di lei e mi dice: “Guardano solo i risultati a scuola e per il resto non mi vedono…”

Chiedo ad Isabella se l’uso di sostanze rispecchia un tentativo di ribellione e lei mi dice: “ Certo, verso la passività di mia mamma che non si accorge di nulla e il tradimento di mio padre..”

Mi soffermo sull’uso di sostanze durante l’adolescenza, Ma perché gli adolescenti possono decidere di usare sostanze psicoattive? Sono diverse le motivazioni che spingono i più giovani a fare uso di sostanze psicoattive e conoscerle permette di entrare in contatto con i desideri, i bisogni e le difficoltà che si incontrano in questa fase di sviluppo. Tra le principali motivazioni che sono state collegate all’uso di droghe, Ravenna (1997) evidenzia le seguenti:

· la facilitazione sociale: riguarda l’uso di sostanze per facilitare il rapporto con gli altri, agevolare la comunicazione e la condivisione di sentimenti ed esperienze tra coetanei. Inoltre, l’assunzione in gruppo di una certa sostanza può aumentare la percezione di similarità tra i membri del gruppo di amici, utile per la coesione del gruppo;

· la reputazione sociale: l’avvicinamento alle sostanze non è solo connesso alla socialità, ma anche al bisogno di esprimere la propria reputazione sociale. Gli adolescenti che fanno uso di sostanze presentano agli altri, consapevolmente o inconsapevolmente, un’immagine di sé quale trasgressiva e che devia dalla norma, attribuendo a queste caratteristiche un valore positivo;

· l’ampliamento del Sé: fondamentale nell’adolescenza, come detto in precedenza, risulta essere lo sviluppo del Sé (Palmonari, 2011); proprio per questo l’adolescente potrebbe avvicinarsi alle sostanze, in quanto esse danno la possibilità di accedere a diverse immagini di se stessi, che spesso differiscono dal Sé reale percepito come incompleto o non soddisfacente, così da avvicinarsi a modelli e Sé ideali;

· la regolazione delle emozioni: l’uso delle sostanze può essere motivato anche dal voler regolare e controllare i propri stati emozionali, ridurre le sensazioni e le emozioni vissute come spiacevoli e fare esperienza di stati emotivi positivi;

· la ricerca di sensazioni forti: in adolescenza risulta essere presente il bisogno di ricercare nuove sensazioni (sensation seeking) e sia una certa propensione ad assumere rischi a livello fisico e sociale, sia la ricerca del divertimento e la curiosità di sperimentare sensazioni forti e nuove per contrastare una visione del mondo come noioso e ripetitivo;

· la riduzione di stati di disagio: l’uso di sostanze può essere motivato da un desiderio di riduzione del disagio percepito dall’adolescente che, proprio in questo periodo specifico dell’arco della vita, spesso sente di non rispondere efficacemente alle richieste dell’ambiente;

· l’aumento delle prestazioni: le pressioni sociali e la forte competizione interpersonale potrebbero spingere l’adolescente a considerare le sostanze come un valido aiuto per migliorare le proprie prestazioni e diminuire il divario tra i propri “limiti” personali e le richieste dell’ambiente.

Emerge, dunque, che l’uso di sostanze per gli adolescenti investe diverse funzioni molte delle quali sociali e di definizione della propria identità; ciò ci porta a interpretare il comportamento dell’adolescente, seppure dannoso, come dotato di senso e di un significato.

Chiedo ad Isabella in che senso intende il tradimento del padre e mi dice: “gli ho preso il telefono ed ho trovato una chat piena di passione e sentimento con una che avrà 20 anni meno di lui e sembra pure una tipa intelligente e lui sembra un adolescente alla prima sbandata…”

Indirettamente il tradimento viene percepito come una mancanza di rispetto, un tradimento nei confronti di loro stessi, in quanto figli e resta in loro una ferita profonda. A questi giovani adulti rimane il peso emotivo del dover accettare una realtà scomoda, del dover sostenere in solitudine un segreto, non confidabile neppure ad un amico, per la vergogna, che si proverebbe. Ma anche l’impaccio del non saper che fare, di non sapere come reagire. Si trovano nell’imbarazzo di voler proteggere il genitore tradito o di volerlo confortare, nel dubbio o nella certezza che lui/lei conosca la verità.

Altri che sanno per certo il genitore tradito ignaro della verità, soffrono per lui, per l’ingiustizia che sta subendo e si chiedono se debbano o vogliano affrontare il genitore adultero per renderlo consapevole dell’inganno che sta perpetuando a danno del figlio e del coniuge. Sentimenti diversi e contrastanti avvelenano le giornate di questi ragazzi/e: dall’odio e risentimento, al freddo distacco e all’indifferenza di chi tenta di tutelare la propria integrità psichica, a chi prova empatia per il genitore che si è lasciato coinvolgere, in un momento di debolezza, in una relazione; talvolta attraversano l’altalenarsi di questi diversi sentimenti, altalenarsi che passa anche attraverso la necessità di mantenere un legame sufficientemente buono con il genitore che ha posto in essere l’inganno.

Taluni, soprattutto le ragazze, possono essere sfiorati da una disistima profonda nei confronti del genitore che non si accorge, che si ostina a non vedere, che non si attiva per scoprire la tresca tesa a suo danno.

Chiedo ad Isabella come la fa sentire avere questo segreto e lei mi dice: “nauseata, infatti nemmeno sto mangiando, ma loro pensano alla media scolastica e poi come posso fidarmi di un ragazzo se mio padre stesso è un traditore.. lui che si pone come mister perfezione…”

Comprendo che lavorare con Isabella significa, in primis, cercare di creare uno spazio con lei dove possa sentirsi accolta e non invasa, uno spazio in cui non deve custodire alcun segreto a tutela di uno o dell’altro genitore, e poi cercare di comprendere i pensieri alla base delle emozioni che prova, e cercare di ristrutturare con lei i pensieri disfunzionali affinchè non venga sopraffatta da emozioni che non può gestire.

Solo dopo questo percorso si può pensare di fare una seduta familiare in cui lei meno vulnerabile può spiegare a loro cosa la fa stare cosi male.

La saluto lasciandole un bigliettino: Ma allora – disse Alice – se il mondo non ha assolutamente alcun senso, chi ci impedisce di inventarne uno.
Il segreto cara Alice, è circondarsi di persone che ti facciano sorridere il cuore. È allora, solo allora, che troverai il Paese delle Meraviglie. …
l “Cappellaio Matto

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

  • Baumrind D., “ Rearing competent children”, in Child development today and Tomorrow, 1989
  • Belotti G., Palazzo S., “Genitori, la sfida educativa”, Elledici editore, 2007
  • Blos P., “Ladolescenza: un’interpretazione psicoanalitica”, Angeli, 1971
  • Bowlby J., “Una base sicura”, Cortina, 1988
  • Fiese B.H. e Kline C.A., “Development of the family ritual questionnaire: Initialreliability and validation study”, in Journal of family Psychology, 6,3, 1993.
  • Palkovitz R. J., Sussman M. , “Transitions to Parenthood”, Routledge, 1989
  • Ravenna, M. (1997). Psicologia delle tossicodipendenze. Bologna: Il Mulino.
  • Ravenna, M. (2005). Il fascino delle droghe. In G. Speltini (a cura di), Minori, disagio e aiuto psicosociale. Bologna: Il Mulino.
  • Hemphill, S. A., Heerde, J. A., Herrenkohl, T. I., Patton, G. C., Toumbourou, J. W., & Catalano, R. F. (2011). Risk and protective factors for adolescent substance use in Washington State, The United States and Victoria, Australia: A longitudinal study. Journal of Adolescent Health, 49, 312-320.
  • Sussman, S. Y., & Ames, S. L. (2001). The Social Psychology of Drug Abuse, Buckingham. Londra: Open University Press.
  • Van Ryzin, M. J., Fosco, G. M., & Dishion, T. J. (2012). Family and peer predictors of substance use from early adolescence to early adulthood: An 11-yearprospective analysis. Addictive Behaviors, 37, 1314-1324.
  • Willy Pasini, La vita a due, Oscar Mondadori

 

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