Gli uomini sposati si fidanzano: chi è l'altra? 1 parte

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Teresa Colaiacovo - Gli uomini sposati si fidanzano: chi è l'altra? 1 parte

“…La vita sta lì, alla portata del salto che non facciamo…”**[1]**

Carlotta (nome di fantasia) inizia il suo percorso con me chiamandomi e fissando un appuntamento con urgenza perché (riporto le sue parole) “ ultimamente mi chiedo perché faccio l’amante”.

Ha 30 anni, una professione di successo e  un corpo sensuale.

Quando iniziamo il percorso mi parla di una serie di uomini di cui ha fatto l’amante e mi dice: “l’ultimo mi ha ferito dottoressa, perché è stato un uomo a metà”

Le domando di raccontarmi il perché ed in che modo è stato a metà e mi dice: aveva dei figli, 25 anni più di me, una moglie spenta con il quale non litigava, ma era una donnina semplice e le era legato…aveva avuto altre amanti, ma di me si era innamorato a suo dire…solo che si sentiva in colpa per la sua famiglia, nonostante io non gli facessi alcuna pressione, e alla fine aveva persino paura di vedermi perché a suo dire io ero l’amica, la fidanzata e pure l’amante.Poi è scomparso, perché temeva di perdere l’equilibrio…”

Le chiedo lei in tutto ciò che ruolo sentiva di avere e mi dice: “io lavoro tanto e per me lui doveva essere un bel viaggio senza meta, visto che mai avrei scelto per un futuro un uomo di questo tipo già sposato e con tanti anni più di me.”

Le domando se dopo di lui ha avuto altre storie e mi dice: “ si, belle… però mi chiedo, talvolta, se sbaglio io nel mettere in atto storie cosi e se c’è qualcosa in me di sbagliato o di rotto.”

Le chiedo se a lui pensa e mi dice: non saprei,  mi dispiace solo che lui sia stato irriconoscente e sia scomparso così codardamente…mi dispiace scompaia dalla mia memoria”

Le chiedo: irriconoscente perché? Mi dice: “…l’ho aiutato nelle dinamiche famigliari, anche con i genitori, avendo io un ruolo rilevante a livello sociale…e lui non mi ha detto nemmeno grazie.E poi davvero era una persona che viveva nella zona di confort, la moglie stile soprammobile, e lui faceva la sua vita…”

Le dico: “lui mi fa venire in mente un po’ l’uomo senza qualità di Musil, dalla sua descrizione sembra essere un uomo inetto che vive nel registro della fantasia.”

Lei mi dice: “mi spieghi meglio cosa intende?”

C’è una frase di un libro che dice: “Chissà se l’amo? È un dubbio che m’accompagnò per tutta la vita e oggidì posso pensare che l’amore accompagnato da tanto dubbio sia il vero amore…”[2]

La coscienza di Zeno mi torna spesso in mente quando penso alla mancanza di coraggio..un uomo che sogna, ma sa solo sognare, il giorno in cui smattere di fumare,  cosi come  l’uomo che mi descriva Carlotta, sogna l’amore, ma poi non è pronto  a prenderlo.

Parafrasa un po’ l’aforisma che dice: attento a ciò che desideri, perché potresti ottenerlo.[3]

Immaginario, simbolico e reale sono tre categorie introdotte da Lacan che organizzano l’esperienza dell’essere umano.L’immaginario è il registro delle identificazioni e del narcisismo, dell’io (moi) e delle relazioni intersoggettive; a questo livello il soggetto assume come propria immagine l’altro speculare così come viene descritto da Lacan nella fase dello specchio. All’interno del gruppo ha a che fare con l’identificazione narcisistica tra i diversi membri alla base del transfert orizzontale.Il simbolico è il registro del linguaggio, un ordine sovraindividuale che anticipa la dimensione dell’immaginario. Il campo del simbolico è quello dell’Altro inteso come luogo del linguaggio e della cultura, diverso dall’altro speculare. Nel gruppo questa dimensione si innesta nello scarto tra narrazione e gioco, tra gruppo e singolo e permette l’emersione nel soggetto di un sapere insaputo.[4]Il reale si definisce come dimensione dell’impossibile essendo ciò che resiste sia alla cattura immaginaria che alla presa del simbolico e del linguaggio. Del Reale non vi è padronanza. Espulso dalla realtà torna sempre nello stesso punto. Il reale è ciò che resta del processo di simbolizzazione e quindi si pone come limite operativo della cura e della formazione.[5]

Dico a Carlotta: è comodo avere l’amica e l’amante terapeutica, non trova?

Lei mi dice:” si, è vero… io ora ho varie storie, subito dopo di lui, belle, appassionanti e coinvolgenti, ma vorrei almeno un suo grazie.”

Le dico: cosa se ne farebbe di questo grazie?

“Non lo so, forse penserei che non ho sprecato tempo, forse potremmo essere amici, anche perché lui è un uomo profondamente solo… mi ha sempre detto che ero anche la sua confidente…”

Chiedo a Carlotta di tornare a lei e le domando: perché sceglie di fare l’amante?

Secondo la ricerca di Jáuregui, l’amante è di solito una donna vulnerabile, che non si sente pienamente soddisfatta del suo lavoro e/o delle sue relazioni interpersonali e, quindi, trova in quel triangolo amoroso un’ancora di salvezza per la propria crisi esistenziale. “Da questa prospettiva, l’innamoramento è visto come una liberazione nel senso di un’esplorazione di possibilità basate sull’impossibile, un tentativo di rendere reale l’immaginario” [6]

Vedo Carlotta, invece, come una donna entusiasta del suo lavoro, piena di passioni…per cui mi domando cosa la spinge a relazioni asimmetriche.

Lei mi dice: “ma non lo so, forse perché è trasgressivo…”

Le dico: “diventare amica, confidente, amante, fidanzata e terapeuta di un uomo sposato è trasgressivo per lei… scuote la testa, allarga le gambe sulla poltrona e mi guarda con l’aria di chi riflette…”

Le dico: potrebbe essere che lei ha paura di amare, di diventare moglie, madre e gli uomini sposati la proteggono da questo?

Mi dice: “forse è cosi… ma se cosi fosse sono strana.”

Le dico:” no, non è strana. Ha solo paura di amare e crescere… una ricerca, per esempio,  evidenzia che Gli amanti provano una sorta di innamoramento, mentre le persone infedeli sembrano appartenere ad un orientamento più narcisistico per ricevere ciò che sentono manca loro.[7]

La relazione extraconiugale è, in breve, un esempio di disordine narcisistico: perché sia la persona infedele che il suo amante si muovono secondo il principio del piacere immediato e non della realtà, il che implicherebbe empatia con le persone colpite.[8]

Carlotta, per esempio, è diventa l’amante, quella importante , riuscendo ad inserirsi in quadro seppur disfunzionale e asimmetrico e a ritagliare uno spazio tanto da far scappare l’uomo di cui non mi dice il nome.

si dottoressa, capisco.. ma cosa mi spinge, però, a vivere storie clandestine? Nella vita lavorativa non mi accontento ed anche gli uomini di cui faccio l’amante, forse l’ultimo no, ma anche quelli attuali sono uomini colti, socialmente importanti, con i quali il sesso è fatto di condivisione…”

Questa sembra la sua domanda… le dico che bisogna flirtare con le ipotesi, non sposarle, e quindi ipotizzando, possiamo dire che potrebbe essere la paura di perdere l’equilibrio, la paura di diventare adulta, la paura di annoiarsi, la paura di ufficializzare e di doversi far carico di un Rapporto… o una paura che ha origini arcaiche in cui ha sperimentato un abbandono e un attaccamento evitante…

Mi chiede di spiegarle l’attaccamento e soprattutto il suo… il tempo della seduta è quasi finito, fissiamo un altro incontro…lei prima di andare mi dice: “alla fine l’uomo ingrato aveva anche problemi sessuali con me perché mi diceva che gli piacevo troppo…secondo lei era un bugiardo?”

Lo psicanalista Aldo Carotenuto ci ricorda che il desiderio di tradire cela “un’insaziabile sete di conferme, come se l’autostima non si fosse mai consolidata” e la persona fosse alla ricerca di continue rassicurazioni sia sul piano affettivo sia erotico.

Dico a Carlotta che lo psicanalista Carotenuto dice: “tradire per non tradirsie credo che nel caso che lei mi ha citato quest’uomo l’ha incontrata ne è rimasto coinvolto a tal punto da avere paura e con lei lui tradiva perché finalmente così non tradiva la sua natura.”

Carlotta mi dice: “più volte lui mi ha detto che ero la donna ideale per lui, quella che voleva incontrare da una vita… ma l’aveva trovata troppo tardi…certe volte mi dispiace per lui..però non mi spiego i problemi sessuali con me…”

Io le dico: forse non con lei, ma con sé stesso,  d’altronde l’amore è ciò che ti fa andare in panne e ti fa  fare cilecca[9]

Carlotta, le dico, lei lo ha mandato in panne con sé stesso e scappare codardamente è stata la  risposta di lui… ma noi penseremo ai motivi dei suoi amori ortopedici, amori in cui fa da stampella a coppie che non si reggono da sole.

Mi sorride e mentre va via penso alla sua femminilità e a quell’uomo di cui non mi ha detto il nome e alle storie che probabilmente ancora avrà con donne meno importanti di Carlotta, meno perfette, come la definiva lui, ma che non lo faranno andare in panne… e penso: povera moglie, non saprà mai realmente chi ha sposato. Riprendo in mano il libro di Carotenuto[10] e guardo le pareti del mio studio… manca ancora qualche quadro, ma non voglio riempire il vuoto, ma solo arricchire lo spazio.


[1] CORTA’ZAR J

[2] CALVINO, I. La coscienza di Zeno

[3] Aforisma attribuito ad Oscar Wilde

[4] Lacan J. (1953), “Funzione e campo della parola e del linguaggio in psicoanalisi”. In: Contri G. B. (a cura di), Scritti vol. II, Einaudi, Torino, 2002.

 

[5] Lacan J. (1937), “Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’io”. In: Contri G. B. (a cura di), Scritti vol. II. Einaudi, Torino, 2002.

 

[6] ALBERONI, 1998

[7] Ricerca dott.ssa Inmaculada Jáuregui.

 

[8] Rauch A., 2009

[9] Lacan J.

[10] CAROTENUTO A., Amare e tradire 2020

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