Ci separiamo…i principali effetti sui figli

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Teresa Colaiacovo - Ci separiamo…i principali effetti sui figli

Molti divorzi nascono di un’incomprensione. Come molti matrimoni.
(Tristan Bernard)

Nell’ultimo periodo sto seguendo una famiglia in fase di separazione che vuole tutelare il bambino di 8 anni e comprendere gli effetti che può avere sullo stesso.

Quali possono essere gli effetti di un divorzio sui figli?

Nonostante le differenze individuali, il vissuto unico di ognuno, le difficoltà più persistenti e comuni nei figli di genitori divorziati, riguardano:

  • disturbi della condotta;
  • problemi di rendimento scolastico;
  • aggressività;
  • comportamenti impulsivi e antisociali;
  • difficoltà con le figure depositarie di autorità come gli insegnanti, i genitori e anche con i coetanei.

Ma le difficoltà non sempre si manifestano in un comportamento osservabile, decifrabile. Il disagio infatti può non emergere all’esternorimanendo celato, nascosto, interiorizzato. In tal senso la traiettoria sintomatica può riguardare disturbi d’ansia, presenza di sintomi depressivi, difficoltà nella gestione dei legami e del distacco. Può succedere che i figli di genitori divorziati abbiano minori possibilità di rimanere in contatto con il genitore non affidatario e la sua famiglia d’origine, verificandosi così un progressivo disengagement, ovvero un graduale allontanamento e distacco psicologico da quel ramo familiare.

Sostanzialmente una questione di distanza fisica ed emotiva che può portare i figli a sperimentare sentimenti di perdita e abbandono e che potrebbe produrre difficoltà nello stabilire relazioni affettive significative e durature nelle quali poter fare esperienza del dare, del ricevere e del confrontarsi.

Si parla di sleeping effect, un effetto ritardato del divorzio, quando riemergono le problematiche relative alla relazione di coppia vissuta e interiorizzata da “figlio spettatore” (<<a casa i miei o litigavano o stavano in silenzio>>). Tali problematiche relazionali, rimaste latenti negli anni, potrebbero riaffiorare quando la costruzione-esplorazione dei legami si ripropone come compito evolutivo in età giovane-adulta.

I giovani che provengono da famiglie di divorziati infatti possono essere spaventati che la stessa sorte tocchi a loro (<<non voglio fare la fine dei miei>>) e spesso frammenti di ricordi dolorosi vengono attivati e invadono e disturbano le relazioni. Ciò può condurli a non fidarsi di un legame (<<ho paura che se discutiamo ci lasciamo>>), ad agire scelte piuttosto che pensarle o a consumare molte e brevi relazioni.

Come tutelare i figli di genitori separati?

La variabilità degli effetti del divorzio sui figlipuò essere moderata dalla presenza di elementi protettivi. I figli mostrano livelli di benessere maggiori se la qualità della vita non diminuisce drasticamente dopo il divorzio e se percepiscono una continuità nella cura genitoriale. Tale continuità, fondamentale e decisiva per la traiettoria evolutiva del figlio, viene definita co-parenting, cioè la capacità dei genitori di mantenere tra loro una relazione collaborativa e di garantire al figlio la continuità della cura da parte di entrambi dopo il divorzio, come a dire <<anche se non stiamo più insieme, saremo per sempre mamma e papà>>. Al contrario l’aggressività e l’ostilità tra i genitori quale tratto distintivo della relazione si correla nei figli a problematiche caratteriali, emotive e sociali.

Di certo il coinvolgimento dei nonni rappresenta un fattore di protezione contro gli effetti negativi della separazione genitoriale. I nonni infatti possono garantire relazioni all’insegna della continuità e della stabilità proprio quando le relazioni familiari assumono caratteri di fragilità e precarietà. A condizione che non si schierino contro l’altro genitore, i nonni, possono svolgere una funzione di compensazione, fornendo supporto affettivo in un momento in cui i genitori, in fase di tensione più o meno critica, difficilmente riescono a fornire il sostegno di cui i figli hanno bisogno.

Cosa non fare?

L’importanza di mantenere i contatti con la propria storia generazionale si può perdere nel conflitto coniugale e il figlio, schiacciato dai conflitti di lealtà (<<Se mamma e papà litigano e non si parlano, io da che parte devo stare?>>), ne esce eliminando uno dei genitori e l’ambivalenza della relazione con lui, finendo così per disprezzare il genitore e l’appartenenza alla sua stirpe.

Infatti, il mancato accesso all’altro genitore si traduce quasi sempre con il mancato accesso all’altra stirpe, riproducendo in questo modo la scissione avvenuta nella coppia genitoriale con il divorzio. Possiamo assistere allo schieramento dei nipoti dalla parte dei nonni che li hanno cresciuti e a un annullamento degli altri nonni tendendo a dichiarare apertamente la propria appartenenza a una sola stirpe familiare.

Un altro aspetto critico dell’esercizio della genitorialità in caso di divorzio è la tendenza del legame genitore figlio a strutturarsi su un piano orizzontale anziché gerarchico. Ciò fa sì che frequentemente ai figli sia attribuito un ruolo di supporto del genitore rimasto solo, secondo modalità che non rispettano le esigenze di crescita del figlio. Infatti se l’adulto è sullo stesso piano del figlio, lo priva di quel punto di riferimento di cui ha bisogno per appoggiarsi, crescere e costruire la propria identità.

Si parla di parentificazione per descrivere la tendenza dei genitori ad adultizzare i figli, delegando loro un ruolo genitoriale, soprattutto quando sono presenti fratelli e/o sorelle. La parentificazione è quindi il comportamento adottato da uno o entrambi i genitori, in modo più o meno consapevole, con il quale l’adulto diventa oggetto di attenzione e cura da parte del figlio. Per semplificare, è come se si ribaltasse l’attaccamento e i figli diventassero genitori dei loro genitori (<<Sono stata la madre di mia madre>>).

Al contrario un genitore può sentirsi solo (o realmente esserlo) nella crescita e nell’educazione del figlio, essere in apprensione per i suoi comportamenti, le sue abitudini e il suo sviluppo, attivando così un controllo non flessibile su di lui con l’intenzione di proteggerlo. In altre parole, un sistema monogenitoriale potrebbe mettere in piedi una struttura educativa troppo restrittiva nei confronti del figlio e quindi inefficace, mettendo in scena, con le regole rigide e non spiegate, il dramma della propria preoccupazione.


 


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