Le 5 ferite dei non amati

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Teresa Colaiacovo - Le 5 ferite dei non amati

Spesso faccio sia online che in presenza dei piccoli gruppi terapeutici in cui “a turno” ognuno/a discute di un suo problema, l’ascolto attivo da parte degli altri è un utile strumento che favorisce il rispecchiarsi nella dinamica di vita altrui.

Spesso sono emerse questioni legate alle ferite dell’anima, ferite del non amore, che racchiuderei così:

Chi da bambino, in un modo o nell’altro, è stato vittima di una carenza d’amore, troverà difficile, da adulto, amarsi sotto lo sguardo di un’altra persona: continuerà a sentirsi non amato, inadeguato e non all’altezza, anche quando è vero il contrario. Prima di introdurti il libro dello psicanalista Peter Schellenbau, farò le mie considerazioni personali segnalandoti quelle che sono le vere ferite che si porta dietro chi ha vissuto la carenza d’amore in una delle sue tante sfaccettature.

Le 5 ferite dei non amati

E’ condivisibile il pensiero che la mancanza di amore possa essere la più grave ferita che si possa infliggere al genere umano. Quando la mancanza d’amore tocca gli estremi e incontra dinamiche particolari, può anche sfociare in disturbi della personalità o in gravi disturbi del comportamento.

1. Il rifiuto del Sè e l’amore condizionato

Questa è indubbiamente la ferita più grande: il rifiuto del sé. In realtà, non è la mancata accettazione in sé ad arrecare danni ma tutto ciò che ne consegue. La mancata accettazione ti spinge alla fondamentale incapacità dell’amore incondizionato.

L’amore condizionato pone sempre limitazioni e riserve, la mancata accettazione di sé preclude ogni via per la felicitàe rende impossibile ogni genuino cambiamento. Il rifiuto di se stessi è la peggiore trappola. Ogni cambiamento deve passare per l’accettazione del sé. Puoi migliorare solo se accetti la tua condizione attuale. Questo ti spiega perché spesso non riesci a portare a termine i tuoi piani e perché il tuo peso ideale resta solo… un’ideale!

2. Rigidità mentale e autocritica

Non significa che sei rigida di pensiero o che non riesci ad accettare cambiamenti di programma. Significa che sei rigida con te stessa e prigioniera di determinati schemi. Sono questi schemi che ti portano a prenderti troppo sul serio e a diventare il peggior giudice di te stessa. La tua autocritica, però, non è costruttiva proprio perché tende a sabotarti.

3. Somatizzazione

Più che una ferita, questa, sembrerebbe una condanna.

Molte affermate teorie riferiscono che le malattia psicosomatiche nascono dall’incapacità di esprimere e riconoscere le emozioni, nonché i propri stati interiori.

L’ammutinamento emotivo vissuto da bambina, fa sì che le emozioni disturbanti (mancata accettazione, frustrazione, rabbia, rancore…), invece di salire a galla, allo stato consapevole, trovano un’immediata espressione in una sorta di linguaggio organico. In altre parole, se le emozioni non vengono convalidate, dovranno pur “manifestarsi” in qualche modo e lo fanno attraverso disturbi psicosomatici, anche insospettabili.

4. Paura del giudizio e ipersensibilità

Frasi pungenti, frecciatine, critiche… tu le cogli tutte perché sei molto sensibile e tendi a leggere tra le righe le allusioni altrui. La tua sensibilità è collegata alla paura del giudizio. Non sempre si è consapevoli di questo timore che nei casi più estremi può portare all’isolamento. Chi teme lo sguardo altrui al punto da isolarsi e a limitare i rapporti umani, spesso sta solo fuggendo da se stesso.

5. Sensazione di ingiustizia

Quel mancato riconoscimento, quella mancata attenzione e quella carenza d’amore che caratterizza l’infanzia, generano dolore, rabbia e sensazioni di ingiustizia. La frustrazione cresce e dirompe, si rischia di diventare rancorosi, nostalgici o eccessivamente attaccati al passato. La rabbia e il senso di ingiustizia nascono come risposta ai torti ricevuti in passato. Si tratta di una “difesa inconscia” che non censente di vivere serenamente il percorso della vita.

Le mancanze che invalidano la vita dei non amati

La ferita dei non amati si trasforma in una serie di mancanze che non si percepiscono come tali ma si vivono, silenti, nel quotidiano. Tali mancanze generano ansie, insoddisfazioni, paure, rabbia, rimorsi…. ma dato che non è facile individuarle diventa difficile porre rimedio.

La sensazione di stare bene con se stessi, la capacità di tollerare i fallimenti senza necessariamente cadere in un abisso senza fine, la capacità di scegliere persone con le quali stare bene e creare buone relazioni…. Sono queste le mancanze che generano frustrazioni. Queste mancanze si potranno colmare solo attraverso l’autoconsapevolezza e l’accettazione del sé.

FONTI BIBLIOGRAFICHE

  • Paul MacLean (1949, 1954, 1977)
  • Jurgen Ruesch (1948)
  • Marty e de M’Uzan (1963)
  • Emanuel Sifneos (1972)

     


 

 

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