L'ipocondria: dare ad ogni emozione una personalità

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Teresa Colaiacovo - L'ipocondria: dare ad ogni emozione una personalità

L’ipocondria, l’ansia per la propria salute e i disturbi psicosomatici: tra la vergogna di raccontarsi e l’angoscia che non mente di averli

“…Dare ad ogni emozione una personalità, ad ogni stato d’animo un’anima…” F.PESSOE, il libro dell’inquietudine

L’ipocondria è conosciuta come la paura di avere delle malattie, questo genera una grave preoccupazione che porta il soggetto a soffrire nel senso reale del termine per un’errata interpretazione di sintomi e segnali corporei.

Come ogni disturbo psicologico l’ipocondria stessa ha diverse configurazioni:

  • Alcuni soggetti si recano spesso dai medici in cerca di rassicurazione per scongiurare malattie che si sono, talvolta, autodiagnosticate
  • In altri, invece, la paura paralizzante di avere qualcosa di grave impedisce al soggetto di recarsi dal medico, ma cerca rassicurazioni tra amici e familiari, questa può essere inquadrabile nella paura del camice bianco

La paura delle malattie può arrecare sintomi fisici come:

  • Disturbi cardiovascolari: Tachicardia, ipertensione, aritmie benigne
  • Disturbi gastrointestinali: dalla gastrite alla colite
  • Disturbi alle pelle: dermatiti atopiche, prurito etc

Il quadro sintomatico può essere variegato in quanto in numerosi casi “il corpo accusa il colpo”: “le ricerche hanno evidenziato che il trauma, nel caso specifico è la paura stessa, produce cambiamenti psicologici reali, come per esempio, una ri-taratura del sistema d’allarme del cervello, un incremento dell’attività degli ormoni dello stress e alterazioni nel sistema deputato a discriminare le informazioni rilevanti da quelle irrilevanti. Sappiamo che il trauma compromette l’area del cervello che trasmette la percezione fisica, corporea dell’essere vivi..” [1] (B. VAN DER KOLK, 2015)

Non ci sono ricerche scientifiche precise sui dati di chi ha paura delle malattie, ma la mia esperienza clinica confrontata con quella di altri colleghi con ventennale esperienza, segnala che spesso chi prova questa paura tende a nasconderla agli altri, per non sentirsi diverso, pur nutrendo dentro di sé la convinzione di essere anormale.

Numerose sono le teorie che tendono a spiegare l’ansia per le malattie.

La prospettiva psicoanalitica se guardiamo a M.Klein vede come nel soggetto il mondo interno sia simboleggiato come un teatro virtuale in cui la psiche del bambino può essere terrorizzata dagli attacchi persecutori di oggetti parziali: la semplice assenza può essere vissuta persecutoria.

Secondo la Klein, quindi, il neonato potrebbe collegare, attraverso l’immaginario, una sensazione fisica corporea come la fame alla presenza di un agente responsabile del dolore. (M. KLEIN 1935)[2]

Una prospettiva più recente è quella di Albasi che illustra come alcune esperienze traumatiche nell’attaccamento, esperienze ripetute, possono rappresentare per il bambino un’esperienza negativa in quanto le aspettative verso il caregiver restano disattese.

Questo binomio tra attaccamento e disillusione può essere un’ipotesi sull’origine dell’ipocondria che, in tal senso, può rappresentare una modalità inconscia di reazione a traumi precoci nella regolazione affettiva tra caregiver e bambino.

La reazione traumatica riguarda il mancato riconoscimento da parte del caregiver del significato riguardante l’esperienza psicosomatica che rimane incomunicabile per il bambino che si sente non visto, questa incomunicabilità e paura di non esser visto e riconosciuto può ripresentarsi nelle relazioni interpersonali della vita adulta. (ALBASI, 2006)[3]

La prospettiva relazionale evidenzia come l’eccesso di preoccupazione per la salute mostra una sorta di corrispondenza tra l’esperienza di essere “rifiutati e lasciati soli nel momento del bisogno” e un sentimento di fragilità corporea, che può essere collegato ad esperienze preverbali in una cornice di fragilità soggettiva nelle relazioni interpersonali. (BORGOGNO, VIGNA-TAGLIANTI, 2017)[4]

Spesso, proprio nella relazione terapeutica, il soggetto ripropone le sue esperienze infantili, anche quando agisce da malato, affinché venga accettato dall’altro, laddove non si è sentito accettato dal caregiver.

La sofferenza somatica dell’ipocondriaco necessita di una ri-significazione nel contesto intersoggettivo attuale (STERN, 2004)[5]; il soggetto che soffre di questo disturbo ha sia il timore che si possano ripresentare esperienze traumatiche infantili che la speranza di riparare, attraverso e nelle relazioni attuali, le esperienze ataviche di rifiuto sperimentate con il caregiver.

La prospettiva cognitivista evidenzia come la disfunzione sia “nel perché alcuni continuano a temere una catastrofe nonostante le loro previsioni si siano dimostrate false” (SELIGMAN, 1988)[6]

Alcuni autori mettono in luce come queste persone hanno un’immagine di figura debole, vulnerabile di loro stessi, quindi di una figura che non abbia le risorse adeguate per far fronte a problematiche circa un’ipotetica malattia. (GUIDANO-LIOTTI, 1983)[7]

Anche in questo caso sembra evidente che sia utile guardare il legame tra bambino e caregiver, talvolta una figura iperprotettiva può aver cementificato nel bambino la sensazione di non avere sufficienti risorse e quindi, la sensazione di essere debole nell’affrontare il vivere quotidiano.

La persona con ansia per la salute non accetta di poter essere malato: “per essere sano non devo sentire il mio corpo” oppure “ tutti i moniti del mio corpo sono malattie”, questo fa si che la persona adotti una serie di comportamenti per azzerare qualsiasi rischio che vive come oltraggio al proprio corpo, sembra che il suo scopo sia quello di vivere per allontanare ogni ipotetica malattia.[8](MANCINI, 1998).

Credo sia importante sottolineare come spesso ci sono nel proprio vissuto eventi traumatici che abbiano dato origini a queste convinzioni:

  • Aver avuto patologie in passato
  • Problemi di salute di un familiare
  • Morte di una persona cara
  • Familiarità all’interno del proprio entourage con l’ansia da malattie
  • Episodi diretti o indiretti di malasanità
  • Informazioni negative o allarmanti proveniente dai media

Dopo questo breve inquadramento teorico, la domanda che si pone e si impone, è: “cosa può fare la persona ipocondria o che presenta disturbi psicosomatici?”

Freud diceva: “l’Io è innanzitutto un’entità corporea” [9], aggiungendo in un secondo tempo: “L’Io è in definitiva derivato da sensazioni corporee, soprattutto dalle sensazioni provenienti dalla superficie del corpo. Esso può dunque venire considerato come una proiezione psichica della superficie del corpo..” (S.FREUD 1929)

L’importanza di queste parole credo risieda nella possibilità di  tradurre i sintomi della superficie corporea in sentimenti ed  emozioni che fanno parte della psiche.

Spesso chi soffre di ipocondria con o senza disturbi psicosomatici ha una modalità di pensiero di tipo operatorio (tende alla concretezza, al reale) in seduta, quindi, tenderà a raccontare fatti ed eventi legate alle vicissitudini corporee, presenterà, quindi, una scarsa capacità di esternare le proprie emozioni ed il proprio stato d’animo o una sorta di incapacità di vita immaginaria e onirica. Il tutto è alla base di una difficoltà nel riconoscere e verbalizzare quello che attraversa l’individuo sia come corpo che come mente.

Ma, come diceva Lacan: “il sintomo è una metafora”[10], perciò il lavoro di supporto psicologico o terapeutico dovrebbe essere quello di aiutare la persona a ritrovare e ricongiungersi con le proprie emozioni, magari inizialmente il clinico si adeguerà al linguaggio corporeo della persona, perché è cosi che l’Altro comunico, ma successivamente attraverso un lavoro di ridefinizione e ricostruzioni di significato, la persona stessa imparerà a ricongiungersi con il suo vissuto emotivo e la sua vulnerabilità, in quanto attraverso il corpo sta esprimendo una vulnerabilità interiore, figlia di esperienze traumatiche passate o presenti, figlie dell’incapacità di credere in se stessi.

La vergogna, che spesso attanaglia chi sperimenta la paura per il proprio corpo, per la propria salute , di raccontarsi agli altri potrebbe essere sinonimo di difficoltà a rapportarsi con se stessi ed il proprio mondo interiore ed è da qui che il clinico può iniziare.

L’alleanza terapeutica in questi casi può aiutare il soggetto a dare voce a quelle paure che ha vergona di esprimere e in un secondo momento a ri-scrivere con nuove parole, una nuova versione di se: “ Avevo paura della morte, ma anche della vita, perché essa genera la morte. Avevo paura del mondo esterno, ma anche di quello interno. Avevo paura degli, e anche di me stessa perché mi sentivo un’altra”[11] (M.CARDINAL, 2001)

BIBLIOGRAFIA

B. VAN DER KOLK., Il corpo accusa il colpo, Mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche, Raffaello Cortina Editore., p.13

C. ALBASI (2006) Attaccamenti traumatici, I Modelli Operativi Interni Dissociati. Torino: Utet Libreria

D.N. STERN., Il momento presente in psicoterapia e nella vita quotidiana. Milano: Raffaello Cortina, 2005

F.BORGOGNO (2011), La signorina che faceva hara-kiri e altri saggi. Torino: Bollati Boringhieri

F. MANCINI., (1998) La mente ipocondriaca e i suoi paradossi. Sistemi intelligenti, vol. X, 85-98

J. LACAN (1959)., Il  seminario. Libro VII, L’etica della psicoanalisi.

M. CARDINAL (2001) Le parole per dirlo

M, KLEIN.,  (1935). A contribubution to the psychogenesis of maniac-depressive states., Int. J. PSYCHOANAL., 16: 145-147

M.E.P. SELIGMAN., Competing theorie of panic, in S.Rachman e J.D. Maser (a cura di), Panic: psychological perspectives, Hillsdale, NJ, Eribau

S. FREUD ., (1929), Il disagio della civiltà

V.F. GUIDANO, G. LIOTTI. (1983) Cognitive processes and emotional disorders, New York, N.Y.

Dottoressa Teresa Colaiacovo

Psicologa clinica e della riabilitazione

Sessuologa clinica

Psicodiagnosta

Specializzanda in psicoterapia sistemico relazionale

Email: colaiacovoteresa@gmail.com


[1] B. VAN DER KOLK., Il corpo accusa il colpo, Mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche, Raffaello Cortina Editore., p.13

[2] M, KLEIN.,  (1935). A contribubution to the psychogenesis of maniac-depressive states., Int. J. PSYCHOANAL., 16: 145-147

[3] C. ALBASI (2006) Attaccamenti traumatici, I Modelli Operativi Interni Dissociati. Torino: Utet Libreria

[4] F.BORGOGNO (2011), La signorina che faceva hara-kiri e altri saggi. Torino: Bollati Boringhieri

[5] D.N. STERN., Il momento presente in psicoterapia e nella vita quotidiana. Milano: Raffaello Cortina, 2005

[6] M.E.P. SELIGMAN., Competing theorie of panic, in S.Rachman e J.D. Maser (a cura di), Panic: psychological perspectives, Hillsdale, NJ, Eribau

[7] V.F. GUIDANO, G. LIOTTI. (1983) Cognitive processes and emotional disorders, New York, N.Y.

[8] F. MANCINI., (1998) La mente ipocondriaca e i suoi paradossi. Sistemi intelligenti, vol. X, 85-98

[9] S. FREUD ., (1929), Il disagio della civiltà

[10] J. LACAN (1959)., Il  seminario. Libro VII, L’etica della psicoanalisi.

[11] M. CARDINAL (2001) Le parole per dirlo

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