Soffro di vaginismo. Sono una donna metà? implicazioni psicologiche e interventi terapeutici

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Teresa Colaiacovo - Soffro di vaginismo. Sono una donna metà? implicazioni psicologiche e interventi terapeutici

“…ll sesso deve essere innaffiato di lacrime, di risate, di parole, di promesse, di scenate, di gelosia, di tutte le spezie della paura, di viaggi all’estero, di facce nuove, di romanzi, di racconti, di sogni, di fantasia, di musica, di danza, di oppio, di vino…”
Anaïs Nin

ABSTRACT

Significato e manifestazione somatiche del vaginismo.

Cause ed origini del vaginismo, il significato che una donna da allo stesso.

Possibili cure terapeutiche

Sandra, 37 anni, commessa, (nomi e dettagli sono di fantasia) inizia un percorso con me perché mi dice (riporto in corsivo le sue parole) “ sono una donna a metà perché nonostante la mia età non riesco ad avere rapporti sessuali di tipo penetrativo, provo repulsione nel farmi penetrare e non voglio…”

Con Sandra iniziamo a rileggere la sua storia, le sue esperienze passate.

Il vaginismo è una disfunzione sessuale caratterizzata da una condizione di ipercontrattilità involontaria dei muscoli della vagina. Nello specifico, il disturbo interessa i muscoli del terzo inferiore, cioè quelli che partono dall’esterno dei genitali e arrivano a circa metà del canale vaginale. Può colpire donne di qualsiasi età con storie cliniche molto diverse tra loro.

La contrazione involontaria dei muscoli che circondano l’accesso vaginale causa ** ** dolore durante i rapporti sessuali (dispareunia), segnatamente alla penetrazione, dal momento che la vagina diventa incapace di assecondare tramite la sua naturale elasticità l’atto sessuale, ma anche il passaggio di altri oggetti, come tamponi o la sonda ecografica.

Con il passare del tempo, episodi sporadici di dolore possono innescare un circolo vizioso in cui all’aumentare della paura di sentire dolore aumenta la contrazione muscolare, dando esito a comportamenti evitanti che hanno conseguenze disastrose sul benessere psicofisico e sessuale della donna.

Come si manifesta il vaginismo e cosa comporta?

Le donne che soffrono di vaginismo inizialmente manifestano difficoltà e paura nel momento della penetrazione vaginale. Successivamente, se la patologia non è adeguatamente trattata, si determina l’impossibilità assoluta non solo di avere rapporti sessuali penetrativi, ma anche di eseguire i normali controlli ginecologici. Questo comporta il rischio di trascurare le visite periodiche ed eventuali problematiche ginecologiche potenzialmente gravi, come ad esempio il sanguinamento in menopausa o le procedure di prevenzione oncologica come il Pap Test.

Inoltre, anche il rapporto di coppia e in generale la sessualità della donna affetta da vaginismo possono venire compromesse: il disturbo, infatti, rappresenta una delle principali cause di matrimoni non consumati. Nel campo delle problematiche legate all’impossibilità di avere rapporti, il vaginismo può portare una coppia a cercare il ricorso alla fecondazione assistita se esiste il desiderio di una gravidanza.

Classificazione

Esistono diversi gradi di gravità del vaginismo, che si distinguono in base a:

  • L’intensità della contrazione muscolare
  • La possibilità di controllare parzialmente la contrazione attraverso tecniche di rilassamento consapevole
  • La presenza di altre manifestazioni di dolore genitale come vulvodinia o dolore pelvico cronico
  • La presenza di manifestazioni di malessere sistemico, come ad esempio calo di pressione e svenimento quali reazione al dolore; oppure stipsi cronica severa o disturbi della minzione.

Considerato che le due caratteristiche principali del disturbo sono la fobia del sesso e lo spasmo muscolare della vagina, per valutare la gravità del vaginismo, è necessario focalizzarsi sull’intensità della fobia e dello spasmo. È possibile parlare di basso grado di severità dello spasmo, quando questo scompare con la semplice rassicurazione verbale. Negli stadi di gravità superiore, lo spasmo è tale da impedire la penetrazione o renderla molto difficile. In base alla valutazione intrecciata di questi parametri è possibile delineare la severità del disturbo.

Il vaginismo può essere classificato anche in base al momento in cui compare, distinguendosi in:

  • Primario o permanente: se la disfunzione è presente fin dall’inizio dell’attività sessuale
  • Secondario o acquisito: se il disturbo si manifesta dopo un periodo di normalità ed ha una causa alla base.

Inoltre, è possibile praticare un’ulteriore distinzione tra vaginismo:

  • Situazionale, se il disturbo si verifica in seguito a un certo tipo di stimolazione
  • Generalizzato, se si verifica sempre indipendentemente dalla situazione.

Quali sono i sintomi del vaginismo?

I sintomi del vaginismo variano in base alla gravità del disturbo e, come accennato in precedenza, includono:

  • Dolore durante l’atto sessuale che rende la penetrazione difficile o impossibile
  • Bruciore e tensione a livello della vagina
  • Perdita del desiderio sessuale
  • Evitamento del sesso
  • Paura del dolore e della penetrazione.

Che cosa caratterizza il vaginismo dal punto di vista psicologico?

In campo psicologico si considera il vaginismo una reazione di paura condizionata che può diventare una fobia vera e propria legata all’idea della penetrazione e del dolore che si teme sia ad essa associato. Frequentemente il dolore viene associato a penetrazioni immaginate o tentate, e non riuscite. La paura anticipatoria e/o la memoria anche di un’unica esperienza negativa possono allora attivare una risposta di allarme fisico e psichico alla sola idea della penetrazione.
La contrazione involontaria dei muscoli che circondano la vagina (“muscolo elevatore dell’ano”) può contribuire all’incapacità di tollerare la penetrazione non solo da un punto di vista “meccanico”, ma anche psicologico.
La frustrazione psicologica raggiunge livelli molto alti perché la paura della penetrazione si può estendere dal tampone vaginale più piccolo o all’esame del paptest, alla visita ginecologica, all’introduzione dello speculum o del membro maschile, anche se di dimensioni ridotte, nonostante il desiderio espresso verbalmente dalla donna di volere la penetrazione.
Questo impedisce non solo una vita intima di soddisfazione, ma anche un’adeguata attenzione verso la propria salute e la cura personale.

Dal punto di vista psichico, quante donne soffrono di vaginismo?

Quantificare quante siano le donne che soffrono di questo problema non è facile. Si ritiene verosimile che l’incidenza oscilli intorno al 1% delle donne in età fertile. Tuttavia, il numero di donne che ancora non consulta un medico per affrontare il problema è alto: retaggi culturali e personali, pesanti sensi di inadeguatezza verso i modelli sociali prevalenti, che fanno credere che la sessualità sia sempre facile e dia sempre appagamento, inibiscono ulteriormente. Quindi l’incidenza è probabilmente superiore anche perché spesso non esiste una vera diagnosi medica a riguardo.
Quando ciò accade la donna è lasciata sola nel suo sconforto, con un forte senso di impotenza e di colpa che si sviluppa ulteriormente, se è indotta a pensare che tutto il problema sia nella “sua testa”. Ecco perché poi il problema peggiora anche in senso psicologico, con aumento dell’ansia relativa all’intimità sessuale e alla depressione reattiva al senso di inadeguatezza, all’incapacità di “essere una donna normale” e alla frustrazione del desiderio di maternità.

 

Dal punto di vista psichico, che cosa contribuisce al vaginismo?

Le origini del vaginismo racchiudono spesso la loro causa nella storia personale ed emotiva delle donne che soffrono di questo disturbo.
Alto è il numero di donne che attribuiscono all’educazione ricevuta, spesso di tipo religioso, la vera causa del loro problema. Fattori frequentemente copresenti includono:
- conflitti relativi all’identità sessuale;
- un rapporto ambivalente con il proprio corpo;
- un’immagine corporea problematica;
- la disperata difesa del proprio corpo, inteso come unico “bene” strettamente personale;
- un severo ed esasperato senso del dovere, che non permette di provare piacere;
- una forte ansia come tratto del carattere o della personalità, e non solo come sintomo di un disturbo da curare;
- l’immaturità psicosessuale;
- la paura di crescere, a volte legata a disturbi del comportamento alimentare. In questi casi, infatti, il bisogno ossessivo di controllo sul cibo si può estendere anche alla sessualità (e, d’altra parte, non si può privare il corpo del nutrimento necessario e poi consentirgli il piacere dell’abbandono).

Esperienze fisiche negative possono concorrere a peggiorare l’atteggiamento emotivo verso la penetrazione?

Al vaginismo possono anche contribuire vissuti corporei negativi relativi a:
- pratiche mediche invasive;
- maltrattamenti;
- abusi e violenze.

Quali vissuti relativi alle dinamiche di coppia o familiari possono ulteriormente contribuire al vaginismo?

La donna che già soffra di ansia anticipatoria nei confronti dell’intimità sessuale può sentirsi ulteriormente ferita emotivamente, e “chiudersi” ancora di più nella sua “corazza muscolare”, di fronte:
- a parole ascoltate che le “fanno male”, che la fanno sentire svalorizzata come donna, o addirittura disprezzata;
- al sentirsi usata e non amata;
- alla paura di una gravidanza, magari non espressa al partner, perché la coppia non osa o comunque non ha mai discusso il problema della contraccezione.
Dal punto di vista erotico, poi, si tratta spesso di coppie arrivate al matrimonio del tutto vergini e inesperte, anche sui preliminari e sull’alfabeto essenziale dell’intimità sessuale. Ecco allora che l’inesperienza di entrambi può causare manovre “maldestre”, che possono far male e comunque non eccitare, perdendo quelle note di gioco, di tenerezza consapevole e di piacere che sono caratteristiche essenziali di un’intimità amorosa e sensuale.
Rispetto alla famiglia di origine, poi, emerge spesso la paura di perdere completamente il ruolo di figlia, diventando moglie e madre (e quindi una paura, in realtà, di staccare il cordone ombelicale dalla famiglia d’origine). Paura frequentemente condivisa dal partner, che presenta la stessa dinamica di attaccamento nei confronti della propria famiglia.

 

Nel vaginismo, in che modo agisce la psicoterapia?

La psicoterapia da affiancare al trattamento sessuologico dà spesso ottimi risultati soprattutto nei casi di vaginismo lieve o moderato.
Gli obiettivi terapeutici nel quadro del vaginismo normalmente sono:
- creare empatia tra la paziente e lo/la psicoterapeuta, in modo da favorire un’espressione sincera e profonda sul proprio stato d’animo;
- valutare la motivazione che la donna ha nei confronti della psicoterapia e, più in generale, della soluzione del problema del vaginismo;
- favorire la comprensione del concetto di cambiamento, indispensabile per avanzare a piccoli passi ma con ritmo;
- modificare abitudini e stile di vita, per ottenere un “quotidiano” di maggiore qualità;
- desensibilizzare le paure, insegnare a gestire l’ansia imparando a riconoscerla, affrontarla e modularla;
- migliorare il rapporto con il proprio corpo imparando ad amarlo e a prendersene cura;
- lavorare con le emozioni per educare la donna ad ascoltarsi;
- indagare l’autostima e il senso di sicurezza personale, e la sempre difficile gestione dei sensi di colpa;
- valutare eventuali traumi, abusi, maltrattamenti o violenze;
- migliorare o intensificare il dialogo di coppia;
- rivedere lo “sguardo” sul partner;
- insegnare ad affrontare i conflitti sviluppando l’assertività, per una più facile comunicazione nel rispetto di sé e dell’altro;
- imparare a “ri-toccare” e riesplorare il corpo con curiosità e amore;
- rivalutare l’importanza dello sguardo e delle carezze;
- imparare a spostare l’attenzione sull’altro.

Le frasi ricorrenti

- Sento come se avessi un muro lì
- Ho paura di farmi male
- Quando avverto che mi desidera, mi irrito e divento a mia volta irritante
- So di essere rigida e di non essere capace di abbandonarmi, e questo mi fa paura
- Ho paura del dolore fisico che immagino di provare, se permetto la penetrazione
- Vorrei morire, quando vedo in lui quello sguardo che sembra dirmi: non ci riusciremo mai!
- Penso di violare il mio corpo e non riesco a pensare ad altro

 

 

Chiedo a Sandra con che occhi si guarda mentre prova a fare sesso, lei mi dice: “ non ci ho mai pensato, forse con gli occhi della mia famiglia…loro non hanno mai voluto che facessi sesso prima del matrimonio e poi non voglio sentirmi una donna facile, ma facendo così mi privo della vita.. ho paura anche se mi masturbo, mi vergogno di avere delle pulsioni..”

Come primo step invito Sandra a scrivere le sue fantasie sessuali, a vedere cosa succede al suo corpo..

Poi la invito a scrivere il giorno seguente i ricordi negativi della sua vita, quelli che l’hanno fatta sentire inadeguata…

Concludo con una frase che le porgo: “Si può dire che non ci sia nessun individuo sano che non aggiunga al normale scopo sessuale qualche elemento che si possa chiamare perverso; e la universalità di questo fatto basta per sé sola a farci comprendere quanto sia inappropriato l’uso della parola perversione come termine riprovativo…”
(Sigmund Freud)

 

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