La paura dell’intimità e la ricerca della sessualità

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Teresa Colaiacovo - La paura dell’intimità e la ricerca della sessualità

Ma quando si ha paura dell’intimità? Perché una cosa così desiderata da ogni essere umano è altrettanto spaventosa?

Partiamo dal desiderio.

Il desiderio che l’altro ha di noi è molto attraente, ci incanta come le sirene ad Ulisse, ma allo stesso tempo ci appare pericoloso, perché? Perchè se l’altro ci desidera come noi lo desideriamo e come vogliamo che ci desideri, ci costringe ad entrare in intimità, ci impone di fare spazio all’altro e di RI-conoscerci attraverso e nell’altro.

Ma quanto è difficile avere a che fare con noi stessi?

Nel relazionarci non abbiamo paura solo di chi è l’altro, ma di chi siamo noi, che solo attraverso l’altro riusciamo a vedere. Siamo stati abituati a pensare alla paura dell’intimità solo come alla paura del diverso da noi.

L’incontro con l’altro ci dà la possibilità di conoscerci di nuovo e nel nuovo, ci permette anche di toccare aspetti insopportabili di noi che proiettiamo nell’altro, quante volte abbiamo sentito la frase: “quello che più odio di mio marito, della mia fidanzata è…” Ed indagando, anche nelle nostre stanze di analisi in realtà ciò a cui ci si riferisce è solo odio per una parte di sé, che l’altro ci costringe a guardare. Come se fosse uno specchio.

Quanto più siamo severi con queste parti rifiutate di noi, più sarà impossibile entrare in una relazione intima, più scapperemo dall’altro, più scapperemo anche da noi. L’incontro intimo rappresenta una possibilità meravigliosa e pericolosa, la relazione lo è.

Il paradosso della sessualità ci permette di avvicinarci al desiderio di intimità (ecco perché si sceglie questo strumento) però senza davvero entrarci, paradossalmente due sconosciuti che si spogliano senza intimità finiranno per allontanarsi spaventati, garantendosi la distanza dal desiderio di amore. Questa garanzia è la soluzione alla paura, ma non lo è davvero.

La sessualità diventa così finta garanzia risolutiva della paura, posso così amare pezzi sessualizzati di te (o feticci sostitutivi), ma non sono pronto ad amare la tua esistenza, il desiderio sessuale dell’altro senza desiderio amoroso ci affranca la possibilità di “entrare non entrando” nello spazio più temuto e anelato dalla nostra esistenza, l’intimità.

Un mio paziente Giovanni (nome e dettagli di fantasia), un ragazzo abbastanza giovane, comincia un percorso terapeutico con me perché la sua aggressività, anche se relegata in episodi sporadici, lo spaventa. Racconta di essere in costante ricerca di donne con le quali avere rapporti sessuali occasionali, nonostante fosse fidanzato con una ragazza a cui voleva molto bene. A due anni di terapia mi racconta, come elemento che lo fa un po’ vergognare, di essere attratto ed eccitato da feticci indossati da donne.

Giovanni, ha un costante terrore profondo e inconscio del suo bisogno dell’altro, ha paura di sparire nella relazione e lo dimostra anche con me, mantenendo una distanza formale e dicendomi che non mi avrebbe raccontato sogni perché non li riteneva importanti (questo all’inizio del nostro percorso insieme). Il feticcio sostitutivo diventa un modo per Giovanni per non guardare mai al suo bisogno profondo di amore, Giovanni non può ancora permettersi di amare una donna nella sua essenza, deve difendersi dalla relazione (la sintomatologia aggressiva che lo spaventa tanto lo testimonia). Per comprendere meglio Giovanni bisogna pensare alla visione che ci suggerisce Mitchell[1] sulla ‘necessità sessuale’, che è identificabile come fuga dall’ angoscia di perdita del Sé nella relazione. In realtà il feticismo non è centrale nella sua eccitazione, non almeno al di fuori della dinamica raccontata, sembra che il feticcio venga ricercato come copertura di un indicibile relazionale che lo spaventa. Dopo qualche anno di terapia intraprende una relazione con un’altra ragazza, in cui si sente appagato ad un livello profondo, mi racconta di una comprensione relazionale nella quale non sente l’esigenza di fuggire, anche quando affrontano momenti difficili. Tutto sembra scorrere in una direzione di maggiore stabilità, dove anche la ricerca del feticcio e il modus operandi che ne consegue (tradimento etc) non ha motivo di esistere.

Giovanni sorridendo mi dice: “che oggi volere bene alla sua donna ed essere consapevole che i suoi rituali lo svuoterebbero anziché nutrirlo, come è stato ogni volta in passato, lo fa sentire sereno, in pace e lucido”.

Giovanni è la testimonianza che come non si può non comunicare, così non si può non relazionare, neanche negli incontri sessuali occasionali, e spesso il vuoto o i salti circensi, per non sentire questo vuoto o l’amaro che lasciano questi fugaci incontri, sono indicativi di quanto nella sessualità occasionale c’è sì la scarica pulsionale, ma è assente la soddisfazione del desiderio di amore.

Dopo l’iniziale periodo, che definirei proiettivo e per molti aspetti narcisistico, c’è un tempo in cui, incontriamo davvero l’Altro per quello che è, uno sconosciuto, e questo avviene solo se dopo l’iniziale innamoramento si è pronti per l’amore, si ama quando l’altro, per quello che è viene amato nella sua verità, che scopriamo giorno dopo giorno e che ci appare così oscura…

Nella fase iniziale dell’incontro sappiamo benissimo che l’altro è idealizzato, tutti fanno esperienza di questo meccanismo, che definirei essenziale per la sopravvivenza al periodo iniziale della conoscenza. Ma cosa accade quando questo finisce? Quando l’idealizzazione finisce e iniziamo ad incontrare davvero il diverso da noi, nei suoi difetti e nei suoi limiti che prima non vedevamo? C’è la possibilità che l’idealizzazione dia spazio alla delusione ed è questo il caso in cui le coppie si separano pur avendo avuto un’iniziale travolgente coinvolgimento e di solito la frase che accompagna il triste finale è: “è cambiato, è cambiata, non è più la persona di cui ero innamorato”. E anche se nessuno rimane uguale a se stesso nel processo di vita e la coppia dovrebbe evolvere e crescere in questo processo, non è questo il punto…il punto è che inizia quella fase in cui l’altro ci appare, come magicamente e spesso catastroficamente, per quello che è, spogliato dalle vesti dell’idealizzazione che avevamo cucito con estrema cura per lui.
Ma c’è anche la possibilità che l’idealizzazione dia spazio alla disillusione e che questo permetta veramente di incontrarsi e di cominciare ad amarsi nel processo evolutivo del ‘due’, a questo punto cessa di esistere l’illusiva fusione, permettendo di uscire dalla visione narcisistica della coppia e dalla visione dell’altro come mera estensione del proprio sé.

Ed è solo in questa fase, dove le individualità sono separate ma insieme, che la coppia scopre il vantaggio di essere due e in due, scopre il vantaggio del ‘valore aggiunto’ che l’amore apporta alla propria esistenza, non si fa spazio ad un’altra persona nella propria vita, togliendolo a se stessi, se ne crea uno nuovo (questo è il guadagno) per poter accogliere l’altro, nello spazio dell’amore. “L’amore mira inevitabilmente a diventare sempre più reale”scrive Minolli[2] in Che aspetti ad andartene?

Inoltre, nel mistero dell’incontro non c’è solo la riproduzione fedele delle dinamiche relazionali di cui si è fatta esperienza, non cerchiamo il padre o la madre o l’opposto di essi, cerchiamo il nuovo, il non conosciuto, che ci permette di aggiungere valore alla nostra vita e amplia il nostro orizzonte. Ma di questa ricerca desiderata ci spaventiamo, perché ci spaventa quello che non conosciamo. L’amore è come un viaggio in Oriente se sei occidentale, è l’apertura, la curiosità e la meraviglia verso il territorio straniero, di cui probabilmente non si conosce neanche la lingua. E a proposito di questa…

Vi siete mai chiesti perchè negli incontri sessuali occasionali (quelli realmente tali) o nella pornografia non sono in primo piano i baci?

Due amanti che si baciano, suggellano l’incontro misterioso con l’Altro oscuro, non conosciuto, con questo atto, nel bacio i due amanti si scambiano le ‘lingue’ e questo è il simbolico del verbale, della lingua intesa come il mezzo attraverso cui comunichiamo all’altro, i corpi restano due separati, ma gli amanti si intrecciano nel bacio, si esplorano, si annusano con mezzi primordiali, per cercare di comprendere se è possibile una promessa d’investimento in una relazione, in una progettualità insieme. Nella lingua e con la lingua si scambiano le promesse.

Sarà per questo che probabilmente il bacio è l’espressione più intima dell’incontro tra due persone?

Rebecca, una paziente che viene in terapia da me per un problema di ansia; in alcune serate le si stringe il petto, sono principalmente sere in cui, quando la luce cala lei si sente molto sola. Ha avuto più relazioni, ma Rebecca sembra scegliere, perché di scelta si tratta seppur inconscia, non di casualità, sempre uomini che finiscono per lasciarla sola, uomini che fa fatica a conquistare inizialmente, che mostrano di non essere minimamente interessati ad una relazione. Instaura con loro una relazione prima sessuale (spesso si è raccontata anche lei che ‘era solo sesso’) dopodiché con alcuni è riuscita faticosamente ad andare avanti, ma poi queste relazioni hanno avuto tutte lo stesso epilogo.

Perché Rebecca deve conquistare chi non è interessato a lei e usa la sessualità, svilendola nel suo significato, come mezzo per avvicinarsi a questi uomini che non vogliono una relazione? Perché Rebecca usa proprio la sessualità? Ogni volta che fa l’amore con un uomo nuovo il suo rituale comincia così, lei comincia a raccontarsi e a raccontarmi in terapia: “…ora ho bisogno solo di fare sesso, devo sfogare un pò…sento questo desiderio sessuale continuamente, devo farlo. Ma non voglio una relazione eh, ora proprio non voglio una relazione!”.

Ma cosa vuol dire desiderio sessuale per Rebecca? Io ho pensato e ipotizzato, conoscendola nel tempo, che il suo sentirsi sola e non intera, la porta a ricercare l’altro, non come valore aggiunto alla propria esistenza già completa, ricerca gli uomini come completamento della parte che lei sente mancante di sè (come Platone insegna nel mito dell’androgino), quindi una delle ragioni che porta Rebecca a sentirsi angosciata quando è sola è di sentirsi incompleta senza l’altro e la ricerca compulsiva cade quindi nella contraddizione.

E’ come se Rebecca si dicesse: Chi sono io e che valore ho se è l’altro a completarmi? A darmi valore? L’altro diventa pericoloso e onnipotentemente il detentore unico e solo della mia soddisfazione. Io esisto solo perché è l’altro che mi fa esistere?

“Il sesso viene coattamente cercato non perché offre piacere ma perché è un modo per eludere la paura di essere abbandonati e la paura di essere catturati, la paura di fare male e la paura di essere azzerati come individui separati. L’orgasmo si colora di un pericolo di perdita, di morte: nell’incontro qualcuno verrà mangiato e cancellato dalla faccia della terra…” [3]

Molti, come Rebecca, si rifugiano e si proteggono nell’uso paradossale della sessualità, così possono avvicinarsi al desiderio d’amore, ma la ricerca inconscia specie specifica di determinate persone e l’uso che fanno insieme della sessualità, garantiscono di avvicinarsi all’altro, così pericoloso, ma di non entrarci mai in relazione. Questo meccanismo rende sempre più soli e non riconoscendo fino in fondo il proprio desiderio, perché spaventa, si mette in atto sempre la stessa dinamica relazionale.

Con il tempo, anche Rebecca,ha riconosciuto la sensazione di incompletezza e di angoscia che questi incontri le lasciano, con tanta paura ha iniziato ad ascoltare il suo desiderio di amare e di essere amata. Questo è accaduto solo quando la paziente ha potuto RI-conoscersi, dopo un lungo lavoro terapeutico, come intera e non metà incompiuta, anche lei era nella trappola della ricerca della metà della sua mela. Ilenia si è incontrata profondamente e ha potuto toccarsi nelle parti più fragili di sè, dove aveva il terrore di frantumarsi. Mi sembrano calzanti le sue parole:

“Se non avessi avuto così paura di essere quella che sono, avrei cercato chi avrebbe potuto amarmi nella verità della mia vita…ma mai dire mai, speriamo di spostare la lanterna per vedere nuovi spazi!”

Bibliografia

[1] S. A. Mitchell,1988. Gli orientamenti relazionali. Per un modello integrato. Ed. Bollati Boringhieri, Torino.

[2] M. Minolli. Che aspetti ad andartene. Ed Alpes, Roma.

[3] L. Ambrosiano, E. Gaburri, 2008. La spinta ad esistere. note cliniche sulla sessualità oggi. Ed. Borla, Roma.

Dott.ssa Giovanna Frezza – Psicologa, Sessuologa e Psicoanalista SIPRe (Società Italiana di Psicoanalisi della Relazione)

Fonte: Webinar: “I LUOGHI DEL DESIDERIO. Percorsi sull’intimità”

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