Le gemelle Kessler e le controversie sul suicidio assistito

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Teresa Colaiacovo - Le gemelle Kessler e le controversie sul suicidio assistito

Adesso dicono che, da qualche tempo, in Ellen serpeggiava la depressione, che Alice fosse più vitale. Forse erano questi i segreti dei loro ultimi mesi. Ma le gemelle Kessler erano come due donne in un corpo solo. Quando litigavano, per cose stupide in una vita passata insieme, chiudevano il salotto con la parete divisoria. Due appartamenti separati ma gemelli, simili nell’arredamento, con la grande stanza comune in mezzo. Poi quando il cattivo umore passava, riaprivano la porta scorrevole in silenzio, tanto non c’era bisogno di parole.

Casa loro era a Grünwald, una villetta con piscina e giardino nel sobborgo ricco a sud di Monaco. Ingressi indipendenti, le due camere da letto al piano di sopra. Una volta alla settimana andavano al ristorante con una coppia di amici tedeschi. Altrimenti, cenavano una sera da una, una sera dall’altra.

Tanta pasta, vogliamo ingrassare ma non ci riusciamo», ci hanno raccontato. Il martedì lo Stammtisch, il tavolo fisso alla birreria dove, secondo tradizione, ci si siede in gruppo per discutere. «Niente celebrità — hanno raccontato a Bunte — Solo simpatiche signore di Grünwald, tutte sull’ottantina».

Da 40 anni erano tornate in Germania. Ma per le loro lunghe soste professionali alla tv italiana, il tempo del Da-da-um-pa, delle calze a rete, di Don Lurio e Mina, Ellen aveva preso una casa in affitto a Trastevere; Alice si appoggiava da lei. Poi quando tornavano in Germania, si trasferivano a casa di Alice.

Ventiquattro anni è durato il periodo romano, in piena Dolce vita, quando con gambe infinite e un’eleganza classica avevano fatto girare la testa agli italiani. Eppure, non hanno segnato di meno la Germania. Negli anni Settanta, non c’era quasi trasmissione del sabato sera in cui non scendessero da una scalinata. E la loro storia, meno nota da noi, si incrocia con quella più grande del loro Paese. Erano nate a Lipsia, il 20 agosto 1936, a 30 minuti di distanza. In guerra, hanno raccontato, videro bruciare la scuola di danza. Lipsia vuol dire Germania Est: e quando a 14 anni andarono a trovare il padre, emigrato a Ovest, lui non le lasciò più tornare di là. «La nostra carriera sarebbe andata in modo del tutto diverso, se fossimo rimaste nella DDR».

Quel che videro in famiglia, però, le segnò per sempre. Il padre, un bevitore, picchiava la madre. «Noi bambine lo percepivamo, terrorizzate», raccontò Ellen. Decisero che non si sarebbero mai sposate. E lo rivendicarono con orgoglio fino alla fine: «Non siamo mai diventate dipendenti dagli uomini», disse Alice poco prima dell’88° compleanno.

La villetta di Monaco, in cui si trasferirono alla fine, la acquistarono negli anni Ottanta. Molti libri alle pareti, quadri astratti, tante foto. La porzione italiana era dominata dai ricordi delle estati passate sulla Costiera Amalfitana, a Positano, nella villa di Franco Zeffirelli, dove c’era l’altra ospite abituale, Carla Fracci. Quando parlavano di avventure e disavventure sentimentali, la più loquace era Alice. Anche perché i ricordi che la legavano a Enrico Maria Salerno erano lieti, e li raccontava col sorriso: «Era sposato e c’era una discreta folla femminile ad aspettarlo». Ellen invece si era lasciata male con Umberto Orsini, a cui non perdonò di averla tradita con l’attrice Valentina Sperlì.«Mi nascose fino all’ultimo quella relazione. Io non l’ho mai tradito, lui sì, più volte».

È l’uomo con cui è stata più a lungo, vent’anni. «Era una storia a distanza, forse è per questo motivo che è durata tanto». In quelle serate estive sulla Costiera che non finivano mai, con le gemelle tedesche c’erano Lenny Bernstein e Robert Powell che era stato il Gesù di Zeffirelli. E il maestro, che non rinunciava mai al gusto della battuta fiorentina tagliente, fissando l’attore con l’inseparabile borsa a tracolla e lo sguardo triste di un Giuda qualsiasi, agli amici diceva: «Lo vedete, se gli togli gli occhi azzurri sembra un postino». E però, fra scherzi e tante risate, nelle parole di Ellen affiorava spesso una malinconia dura. Agli amici più intimi, già allora, parecchi anni fa, confidava che quando sarebbe arrivato il momento se ne sarebbe andata con la sua amata metà. E così è stato.

«Se una cade in stato vegetativo, l’altra l’aiuta a morire». Il patto di sangue annunciato e scritto nel testamento. Le icone dello spettacolo tedesco Alice ed Ellen

Kessler, conosciute dal mondo come le gemelle Kessler, sono morte. Le sorelle più famose del Paese sono scomparse oggi

lunedì 17 novembre a Monaco di Baviera

all’età di 89 anni. Come erano state unite per tutta la vita, sono morte insieme. Lo ha riportato il quotidiano “Bild”. La loro eredità, tuttavia, era già stata un importante argomento di discussione tra le due sorelle lo scorso anno.

Nel 2024, le gemelle Kessler, Alice ed Ellen, raccontarono al tabloid tedesco “Bild” di come un giorno avrebbero voluto lasciare in eredità la loro fortuna. Inizialmente, avevano pianificato di lasciare l’intera eredità all’organizzazione “Medici Senza Frontiere”.

Ma, come spiegò in seguito Ellen Kessler, cambiarono radicalmente questo desiderio

«Mia sorella e io abbiamo discusso lo scorso autunno che non avremmo dovuto beneficiare solo una persona, ma diverse», ha spiegato Ellen.

Con queste parole, ha giustificato la decisione di distribuire l’eredità in modo più ampio e di sostenere diverse organizzazioni benefiche. Tra le organizzazioni nominate nel testamento figurano, tra le altre, la Christoffel Blind Mission (CBM), l’Unicef, la

Paul Klinger Artists’ Social Welfare Organization e la Fondazione tedesca per la protezione dei pazienti.

Le due star di culto avevano anche parlato del loro ultimo desiderio diversi mesi fa:

volevano essere sepolte insieme in un unica urna dopo la loro morte, insieme alla madre

Elsa e al loro cane Yello. «È ciò che abbiamo stabilito nei nostri testamenti», aveva detto Ellen alla Bild all’epoca. Le gemelle Kessler hanno più volte dichiarato che desideravano morire insieme o comunque «non sopravvivere l’una senza l’altra», perché la loro vita e identità erano profondamente intrecciate. In diverse interviste avevano dichiarato che se una delle due fosse rimasta in stato vegetativo, l’altra l’avrebbe aiutata a morire, perché non avrebbero voluto un’esistenza puramente biologica senza la possibilità di vivere dignitosamente.

La frase non era formulata come un piano concreto, ma come un manifesto di intenti etici e affettivi, in linea con le loro posizioni favorevoli al diritto all’eutanasia e al testamento biologico.


 

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