ABSTRACT
Partendo da un caso clinico, si guarda agli schemi comportamentali che il soggetto mette n atto…a come questi tendono a ripetersi.
Si guarda all’origine e al mantenimento degli stessi.
“….E giunse il giorno in cui il rischio di rimanere chiusi in un bocciolo era più doloroso del rischio di sbocciare…”
(Anaïs Nin)
Luciana, 38 anni, commessa, inizia un percorso con me perché (riporto le sue parole) “ scelgo sempre le persone sbagliate, nell’ambito amoroso e pure amicale, e non so come uscirne…”
Rileggiamo con la stessa gli episodi che la fanno sentire di rimettere in atto gli8 stessi schemi…
Capita spesso di avere la sensazione di commettere sempre gli stessi errori, o di ritrovarsi a vivere le stesse situazioni frustranti. Per alcuni questo vuol dire trovare partner che si rivelano poco interessati al rapporto, per altri sacrificarsi sempre senza ricevere nulla in cambio, per altri ancora non sentirsi mai all’altezza della situazione. Ognuna di queste situazioni ripetitive può suscitare emozioni spiacevoli, come rabbia o tristezza, e far nascere l’idea di non avere un controllo sulla propria vita. In molti casi la ragione è da ritrovarsi nei cosiddetti schemi comportamentali disfunzionali.
Lo psicoterapeuta statunitense Jeffrey Young, insieme alle colleghe Janet Klosko e Marjorie Weishaar, ha illustrato una grande varietà di schemi nel libro Schema Therapy, nel 2007, esplorandone l’origine e le conseguenze sul benessere individuale. La psicoterapia ideata da questi autori segue delle tappe specifiche e si pone l’obiettivo di far evadere l’individuo da percorsi di pensiero distorti.
Gli schemi sono i princìpi organizzativi con cui ognuno interpreta la realtà. Si formano in prevalenza durante l’infanzia, anche se possono insorgere in fasi successive. Nascono dalla necessità umana di costruire una rappresentazione del mondo che sia stabile e coerente. Questo perché sapere come funziona l’ambiente in cui si vive, permette di essere in grado di anticipare possibili risposte e pericoli e adattarci meglio. Gli schemi comportamentali contengono vari elementi:
· pensieri e ricordi, sia consapevoli che inconsapevoli
· emozioni
· episodi reali di vita
· sensazioni somatiche.
In che modo si mantengono gli schemi comportamentali?
Si continua a cadere negli stessi errori e a utilizzare quelle griglie di interpretazione che portano a selezionare solo le informazioni coerenti con essi o a distorcere i dati che li contraddicono. Si chiama distorsione cognitiva.
Diventa difficile vedere il mondo in modo positivo se si pensa che tutti gli altri ce l’abbiano con noi. È molto importante anche il modo in cui si reagisce alle proprie credenze. Le modalità più diffuse che portano a rinforzare gli schemi sono:
· resa. Ci si arrende allo schema. Per esempio, se si crede di essere dei falliti si rinuncia a impegnarsi in qualsiasi cosa, alimentando una profezia che si autoavvera
· evitamento. Si elude ogni confronto con le situazioni temute. Per esempio evitare situazioni in cui si può essere giudicati come falliti
· iper-compensazione. Si cerca di contrastare con ogni forza lo schema. Per esempio ci si pone obiettivi elevatissimi per provare a sé stessi e agli altri di non essere dei falliti.
Come si formano gli schemi comportamentali e di pensiero?
Le emozioni associate agli schemi vengono registrate dal cervello in una porzione chiamata amigdala. Il sistema dell’amigdala ha la funzione di innescare le risposte di allarme, per esempio l’attacco o la fuga.
È un sistema che accomuna l’uomo agli altri animali, ed è quello che nel linguaggio comune si chiama istinto di sopravvivenza. Il limite di questo sistema è che tende ad attivarsi anche in situazioni in cui uno stimolo ricorda solo vagamente il pericolo originario.
Succede, per esempio, di spaventarsi vedendo un’ombra dietro un angolo, in una strada buia, da soli di notte. Si è pensato che fosse qualcuno pronto all’aggressione, in realtà era solo un gatto. L’ansia provata istintivamente sarebbe tornata utile, ma solo nel caso di reale necessità di fuga.
L’ipotesi è che lo stesso accada anche con gli schemi: essi si innescherebbero inconsciamente in situazioni relazionali che ricordano, anche solo lontanamente, dinamiche della nostra infanzia. Per questo motivo, gli schemi maladattivi precoci rimangono sostanzialmente stabili nel corso della vita e sono difficili da modificare.
Si è attratti proprio dalle situazioni che vanno a riattivare gli schemi perché questi, per quanto dolorosi, sono per il cervello qualcosa di conosciuto e di familiare.
Se un problema si ripresenta come una costante nella nostra vita, è inutile lamentarsi e prendersela con la sfortuna o con il destino cinico e baro. Anzi, la cosa migliore è agire in senso contrario ribaltando la prospettiva: siamo proprio noi, inconsapevolmente, a cercare quel problema! Possibile? Si, perché la nostra anima ci orienta sempre verso la direzione in cui è nascosta la nostra vera identità e solo incontrandola possiamo utilizzare tutte le energie interiori che fino ad oggi non abbiamo sfruttato e realizzare noi stessi.Se dunque la nostra identità si cela proprio in quello sbaglio, è lì che l’anima, inesorabilmente ci porta, fino a che non apriamo bene gli occhi… “Quando potrò finalmente essere felice?” ripetono molte persone, rinviando all’infinito il benessere. Ad esempio Chiara, lettrice di Riza Psicosomatica ci scrive lamentandosi delle sue relazioni, sempre sbagliate, che la fanno soffrire,: “Sono troppo generosa, do tutta me stessa, faccio ogni cosa per loro, li amo alla follia e loro invece…finiscono sempre a letto con un’altra!”. È un caso o c’è un senso se incontra solo dei “Casanova”? Non è un caso…
Se ritorna…non è per caso!
Le persone convinte di non poter essere felici fino a quando non avranno risolto “il loro problema” incontreranno continuamente casi simili, cercando “di chi è la colpa” e innescando così conflitti interminabili che avvelenano l’esistenza. Il grande psicanalista James Hillman diceva: “In un certo senso desideriamo i nostri problemi, ne siamo innamorati nella stessa misura in cui vorremmo liberarcene”. Impossibile? Eppure proprio quando sembra che le cose vadano meglio, capita che siamo proprio noi ad “andarcela a cercare”, ed ecco la ricaduta. Uno dei casi più evidenti è quello delle coppie in cui ci si lascia e ci si riprende a ripetizione: “Basta, non ce la faccio più! Lo lascio!”. Passa una settimana ed ecco la telefonata riparatrice. “So che non cambierà mai, che mi farà soffrire. Ma senza di lui non riesco a stare”. Da una parte vorresti liberartene perché ti fa soffrire, ma nello stesso tempo non puoi farne a meno, e appena si allontana lo insegui. Ma perché allora rincorriamo i problemi? La risposta è importante: perché l’anima sa che proprio lì si nasconde qualcosa di essenziale per la nostra esistenza, sa che quel problema racchiude una parte di noi che ha bisogno di essere conosciuta, che magari facciamo fatica ad accettare. Si tratta di una componente fondamentale del tuo carattere con cui hai un conflitto che chiede di essere accolta e ascoltata. Preme da dentro e orienta la vita, mandandoti continuamente in direzioni che ti appartengono,anche se ti fanno soffrire.
Dare voce al proprio sè
Numerose testimonianze di persone che soffrivano affermano che dopo aver riconosciuto “il vero nucleo del problema” che non era altro che interno a se stesse, hanno preso maggior consapevolezza di sé: “Da quando ho capito che in amore voglio essere io quella che dipende – racconta una mia ex paziente Viola- ho smesso di cadere come una stupida tra le braccia di uomini che poi si approfittavano di me e della mia buona posizione economica. Ora so distinguere l’uomo…da un parassita!”. Quel che Viola ha compreso è che la persona con la quale il “problema ricorrente” si presenta in realtà non c’entra per niente con quel problema; la lotta è tutta fra te e un lato della tua personalità che neghi ma che ti appartiene e tu “usi” l’altra persona per mettere “in scena” il tuo conflitto! Se tutto questo è vero, vuol dire che gli ostacoli sono preziosi, che ne hai bisogno e che sei proprio tu a cercarli perché lì si celano quelle energie e capacità che aspettano solo di essere scoperte e sviluppate.
Dopo aver ri-letto con Luciana, gli episodi della sua storia, la saluto prescrivendole un esercizio… riscrivere gli episodi di vita in cui sente di aver fatto gli stessi errori e poi chiedersi “cosa avrebbe potuto fare di diverso e come sarebbe stata la sua storia…”
La vita non è trovare sé stessi. La vita è creare sé stessi.
(George Bernard Shaw)