Bambina partorita nel water a Ciriè: tentato infanticidio. Profilo psicologico della Sindrome di Medea

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Teresa Colaiacovo - Bambina partorita nel water a Ciriè: tentato infanticidio. Profilo psicologico della Sindrome di Medea

Aveva la testolina immersa nell’acqua del water quando lo zio, entrato in casa, l’ha scoperta e ha chiamato immediatamente il 112. Una neonata è stata trovata in condizioni gravissime in un appartamento di Ciriè. La procura di Ivrea indaga per tentato infanticidio. Lì accanto c’era la madre, che aveva partorito da sola in casa e aveva perso molto sangue: per questo mamma e figlia sono state trasportate all’ospedale di Ciriè da un’ambulanza del 118 di Azienda Zero.

Una situazione di degrado

La mamma, 38 anni, ha partorito in casa, da sola, sotto l’effetto del crack, in una situazione di grande degrado. Quando il fratello l’ha trovata, la donna era in uno stato confusionale e aveva perso molto sangue. La bimba aveva la testa nell’acqua del water, dove forse, era stata partorita.

 

I soccorsi

Lo zio ha chiamato subito il 118. La piccola è stata trasferita subito dall’ospedale di Ciriè al Maria Vittoria di Torino: i medici del reparto di Neonatologia. Anche la mamma è stata ricoverata. Ma si trova all’ospedale di Ciriè.

 

Le indagini

Sull’accaduto indagano i carabinieri della Tenenza di Ciriè, coordinati dalla pm di turno, Maria Baldari. Stando a quanto emerge, la mamma era già seguita da servizi psichiatrici e servizi sociali e non avrebbe mai accettato quella gravidanza. Pare che la famiglia non sapesse neanche che fosse incinta.

 

Le condizioni della bimba

La neonata è attualmente ricoverata in Terapia Intensiva Neonatale, sottoposta a cure intensive e le sue condizioni generali sono stabili, anche se la prognosi è riservata.

La donna avrebbe riferito ai carabinieri e alle persone intervenute in casa di non essersi resa conto della gravidanza.

L’ipotesi di un figlicidio in questo caso potrebbe essere calzante. Ma quali sono le ipotesi psicologiche/psichiatriche che animano la mente di una donna che commette o prova a commettere tale atto?

La letteratura sulle tipologie di madri omicide è veramente molto ampia; quindi, piuttosto che elencare i numerosi autori, fermo restando che le categorie proposte sono sostanzialmente quelle presentate fin qui, appare opportuno riferire del contributo di Nivoli (6), che presenta categorie finora non sufficientemente esaminate. Le principali sono:

– il figlicidio causato da un agire omissivo di madri passive e negligenti: si verifica quando la madre, soprattutto se in giovane età, non accudisce in modo adeguato alle necessità del figlio (nutrimento, vestiario adeguato alla temperatura, protezione e cure mediche). Il suo comportamento negligente e omissivo può derivare da un’incapacità di affrontare adeguatamente la funzione materna (maternal coping), in base a ignoranza, incapacità personale, insicurezza, ma anche scelta deliberata. Esse vedono il proprio figlio come una minaccia o una rovina per la propria vita, oppure lo vivono come qualcosa di invadente, chiaramente in preda a scompensi psicotici che producono paure di fusione. La morte del bambino, in relazione a quanto detto, non è infatti determinata da gesti concreti, è semmai causata da comportamenti passivi e omissivi: alimentazione insufficiente, mancato ricorso a cure mediche in seguito a una malattia, accudimento superficiale e sbadato che mette in pericolo il piccolo.

– Madri che uccidono i figli trasformati in capri espiatori di tutte le loro frustrazioni: sono madri che ritengono, talora in modo delirante, che il bambino sia la causa di una rovinosa esistenza. Esse manifestano la percezione che il bambino abbia “sformato” attraverso la gravidanza il loro corpo, le abbia condizionate a vivere in un ambiente a loro non gradito, le obblighi ad accettare un compagno che non amano oppure a non vivere felici col compagno che amano, le costringa a dover trascorrere tutta la giornata per badare alle malattie reali o presunte, alle necessità fisiologiche e ai loro capricci (6). In casi di questo tipo, è abbastanza comune la presenza di malattie mentali con elementi persecutori, deliranti e paranoidei.

– Madri che negano la gravidanza e fecalizzano il neonato: sono madri che negano, in maniera prettamente isterica, la loro gravidanza, vestendosi in modo da dissimulare, agli occhi di tutti, di essere incinte, non richiedendo cure mediche durante la gestazione né in concomitanza del parto, che viene quindi eseguito in solitudine. Si tratta generalmente di giovani donne sole, che nell’immediatezza del parto uccidono o abbandonano (nelle discariche, nei bagni pubblici) il figlio, considerato un “prodotto fecale”, cioè un oggetto addirittura privo di umanità.

– Madri che spostano sul figlio il desiderio di uccidere la propria madre: il figlicidio è in questo caso legato a un grave conflitto con la propria “madre cattiva”, verso la quale sono in realtà riferiti i sentimenti di odio e rabbia, e i desideri di annientamento. Vi è quindi prima un’introiezione del desiderio di uccidere la propria madre cattiva, e solo secondariamente lo spostamento di questa aggressività nei confronti del figlio, che chiaramente non è vissuto per come è in realtà, ma alla luce del proprio passato.


In definitiva, il figlicidio può avvenire in relazione a processi emotivi e di pensiero che non sono influenzati obbligatoriamente dalla presenza di patologie o alterazioni mentali tali da determinare una compromissione evidente della capacità di intendere e di volere. È importante specificare questo, poiché in questi casi di madri assassine, la legge prevede una privazione della libertà attraverso l’attribuzione di una pena da scontare in carcere.

Nei casi in cui, invece, il gesto sia compiuto in preda a infermità mentale, con compromissione (grandemente scemata) o totale abolizione della capacità di giudizio (intenzione e volontà), è giuridicamente previsto che la pena venga scontata in regime di detenzione parzialmente o totalmente in OPG (Ospedale Psichiatrico Giudiziario), dove tali madri sono sottoposte a un trattamento psicoterapeutico personalizzato.

In realtà, tutte le classificazioni fornite attraverso i decenni si ripetono, pur migliorandosi nelle peculiarità delle osservazioni diagnostiche.

È proprio grazie all’osservazione di oltre 530 psicobiografie in nostro possesso, effettuate presso il Master Internazionale in Scienze Criminologico-forensi della Sapienza Università di Roma (vedi oltre), che possiamo suddividere le madri infanticide sulla scorta del loro movente e/o della loro psicopatologia in 20 categorie (7):

A) in caso di ** ** “follia mostruosa della normalità razionale” capaci di intendere e di volere:

– per life stressor event (eventi di grande perdita affettiva: lutti, abbandoni reali o amplificati, separazione);

– per pietas (omicidio altruistico);

– per immaturità della madre;

– perché il bambino è iperattivo (bambino maltrattato);

– perché figlio della colpa;

– per sindrome di Medea;

– per disturbo (dipendente, narcisistico oppure istrionico) di personalità;

– perché figlio indesiderato;

– per depressione (non maggiore) in soggetto narcisista (c.d. suicidio allargato);

– per disturbi comportamentali dovuti all’assunzione di alcool e droga.


B) Se sussistono cause patologiche con compromissione parziale (grandemente scemata) o totale della capacità di intendere e di volere), vi troviamo:

– psicosi post partum (varianti del disturbo psicotico breve);

– fundus isterico + fattori precipitanti;

– depressione maggiore (quid novi e quid plus);

– schizofrenia (paranoide, disorganizzata, indifferenziata, catatonica, residua);

– stato crepuscolare oniroide;

– disturbo psicotico dovuto a una condizione medica generale (scompenso ormonale gravidico) (manifestazioni catatimiche – monomania impulsiva);

– epilessia;

– oligofrenia;

– sclerosi a placche (>colesterolo);

– personalità multipla (raro).

Sempre Resnick (5) descrive i metodi più comunemente utilizzati per causare l’infanticidio, distinguendo in base al sesso del genitore: così, tecniche come lo strangolamento, l’asfissia o l’annegamento sono più tipiche per le madri, mentre invece la morte causata tramite l’uso di armi da taglio o altre tecniche violente che causano il trauma cranico, si riferiscono di più al padre.

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