“…Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono liberato di tutto ciò che non mi faceva del bene: cibi, persone, cose, situazioni e da tutto ciò che mi tirava verso il basso allontanandomi da me stesso, all’inizio lo chiamavo “sano egoismo”, ma oggi so che questo è amore di sé…”
(Charlie Chaplin)
ABSTRACT
Partendo da un caso clinico seguito nel 2024 si tratta delle motivazioni che spingono una donna ad intraprendere una relazione con un uomo impegnato, per concludere si sviscera la sindrome da crocerossina o di Wendy.
Serena, 37 anni, architetto, inizia un percorso psicologico con me (nomi e dettagli sono di fantasia) perché dice: “ho bisogno di iniziare il nuovo anno (2024) ri-acquistando la mia autostima…ho avuto solo relazioni in cui ho fatto da badante..non mi sono mai sentita scelta, ma utile..”
Dopo aver indagato attraverso domande circolari cosa significa per lei fare la badante ed essere utile, Serena inizia a raccontarmi della sua ultima storia durata 6 anni.
“Maurizio era sposato ed io gli facevo da amante e badante oltre che segretaria, gli prenotavo persino i biglietti per per andare in trasferta a lavoro… la moglie non lo ascoltavo e lo ascoltavo io, la moglie non cucinava e cuc8inavo io… e poi alla fine, dopo avermi promesso mari e monti, è rimasto con la moglie ed i figli”
Serena mentre mi parla, piange…
Nelle sue lacrime percepisco un’apertura e le chiedo per cosa piangeva da bambina.
La domanda la riporta al qui ed ora e mi dice: “piangevo quando avevo paura di sbagliare, quando mi spaventavo..” le chiedo se c’era qualcuno che se ne accorgeva e lei mi dice: “no, di solito ero sola e nessuno mi vedeva…”
Questa sua affermazione apre uno spazio importante su cui lavoreremo nelle successive sedute…
Con Serena proviamo a stilare i motivi per cui si “sceglie” di essere l’amante.
Le amanti donne di solito hanno una maggior energia maschile. Normalmente succede quando sono state separate da piccole dalla figura materna, o quest’ultima è stata poco presente. Nonostante molte amanti siano senza dubbio donne belle ed attraenti, utilizzano questa caratteristiche solo per sedurre perché l’energia femminile non le caratterizza in modo considerevole. Questa è la ragione per cui cercano di diventare quelle “super donne” che non sono mai riuscite ad essere per se stesse. Un viso dolce distoglie l’attenzione dalla loro durezza. Sono generalmente possessive, controllanti e gelose.
Quasi sempre sono autonome in quasi tutti gli aspetti della loro vita. Le cosiddette “figlie di papà” - per mancanza di una figura materna - non sanno come proteggersi né come prendersi cura di se stesse. Lottano continuamente per raggiungere le loro mete e oltre ad attrarre uomini sposati, attirano anche amici, partner e uomini single con energia femminile.
Le “figlie di papà” si esprimono in due modi:
1. la donna forte: questa categoria di solito funge da “madre” della coppia. Attirano dunque uomini immaturi, insicuri, capricciosi, infedeli e incapaci di contribuire alla crescita della coppia. Sono molto intellettuali e inoltre si occupano delle ambizioni e degli obiettivi della famiglia;
2. la donna bambina: questo gruppo comprende donne immature, egocentriche, capricciose e superficiali. Attirano uomini sposati, fidanzati, assenti o non disponibili che finiscono per tollerarle, coccolarle e che le trattano come “principesse”, “regine” o “bellezze”, ma effettivamente non le accompagnano nella loro vita quotidiana.
È probabile che alcune donne, in diverse fasi della loro vita, possano arrivare a vivere entrambe le “versioni”. Per loro è una sfida uscire da questa situazione e affrontare la reale crescita personale.
Nelle successive sedute le chiedo di scrivere i motivi, secondo lei, per i quali si diventa o si vuole essere la badante/crocerossina di un uomo.
Che cos’è la sindrome della crocerossina, o di Wendy?
La sindrome della crocerossina, anche nota come sindrome di Wendy può essere definita come un tipo di perfezionismo altruista che può portare a un logorio interno e influire negativamente sulla salute sia fisica che psicologica della persona che ne soffre.
Si tratta di un pattern comportamentale nel quale la persona si comporta con eccessiva preoccupazione e cura per gli altri, e può arrivare a determinare anche dei danni per il benessere della persona stessa.
Questa sindrome trae origine dalla figura di Wendy Darling presente nel romanzo di “Peter e Wendy” scritto dall’inglese J. M. Barrie. Wendy è una bambina di 10 anni che si ritrova anzitempo costretta a crescere e prendersi cura dei suoi fratelli e di Peter Pan.
Chi è la crocerossina e come si comporta?
Di base, chi soffre della sindrome di Wendy è una persona che cerca di risolvere i problemi degli altri a discapito di sé. Le persone affette da questa sindrome si assumono troppe responsabilità, a volte usurpando ruoli che non gli competono, e mantengono un atteggiamento basato sul sacrificio di sé. Questo comportamento può portare alla percezione di essere indispensabili, ma allo stesso tempo può determinare ansia, stanchezza e frustrazione.
Un esempio di comportamento tipico delle persone affette dalla sindrome della crocerossina potrebbe essere quello di assumersi il lavoro di un collega e di farsi carico di problemi in famiglia, o dei rapporti di amicizia, degli altri, anche quando questi problemi non gli appartengono. Mettendo sempre gli altri al primo posto, queste persone spesso finiscono per trascurare le proprie esigenze, e il benessere psicologico e fisico ne risente.
Nella maggior parte dei casi, le persone affette da questa sindrome trovano gratificazione nel sentirsi utili e importanti, ma spesso tendono a ignorare i propri bisogni e i propri sentimenti. Essere sempre disponibili nei confronti degli altri può causare risentimento e frustrazione, poiché i rapporti diventano squilibrati e gli altri si aspettano che essi siano sempre a disposizione.
Da cosa può dipendere questa sindrome?
Tra le possibili cause ci sono influenze culturali che amplificano il ruolo della cura e del sostegno e dell’empatia, spesso associati alla donna piuttosto che all’uomo. Nell’infanzia, chi manifesta questa sindrome potrebbe provenire da contesti familiari disfunzionali, in cui si è dovuto assumere precocemente ruoli genitoriali a causa dell’immaturità o dei problemi dei genitori. Questo precoce adempimento di responsabilità ha ostacolato lo sviluppo di una maturità affettiva adeguata.
Nell’essere umano adulto, si replica inconsapevolmente schemi relazionali appresi nell’infanzia, sacrificando i propri bisogni per il benessere degli altri. L’identità delle persone affette da questa sindrome spesso riflette una bassa autostima e un costante bisogno di approvazione esterna. La dinamica sottostante è una ricerca continua di validazione attraverso l’assistenza agli altri, a scapito del proprio benessere e autorealizzazione.
Quali conseguenze determina questa sindrome nella persona?
Nel contesto di una relazione di coppia, chi soffre della sindrome di Wendy si arroga l’impegno a salvare il proprio o la propria partner dai loro problemi personali, finendo così con il manifestare un senso di onnipotenza, nel convincimento di essere indispensabile.
Un simile comportamento non permette, a chi lo attua, di notare avvisaglie da parte del partner che, quando cerca di vivere momenti di indipendenza e autonomia, rischia di far cadere chi soffre della sindrome di Wendy nella paura di essere abbandonato e nella insicurezza. Senza dimenticare che molto spesso chi soffre di questa sindrome può risultare con l’avere un atteggiamento manipolativo, rischiando di creare una dipendenza affettiva.
Negli incontri successivi con Serena lavoriamo su scenari alternativi e sulla riconquista della sua autostima.
Uno strumento che le faccio usare è il diario della gratitudine verso se stessa…
La lascio andare con una citazione: “Finché non ami te stesso, non ti sentirai mai amato…”
Arnaud Desjardins